Caos a Istanbul
Cariche della polizia e lacrimogeni contro i manifestanti per il primo maggio, centinaia di arresti. Il tentativo di celebrare la festa dei lavoratori nella storica piazza di Taksim si trasforma in caos e paura. La cronaca del nostro corrispondente
Una metropoli nel caos, una città "trasformata in una prigione a cielo aperto" per usare le parole di Suleyman Çelebi, presidente del Sindacato dei lavoratori rivoluzionari (DISK).
La mattina del primo maggio Istanbul si è risvegliata tagliata a metà. Da una parte il centro è avvolto da un silenzio surreale, per la strada solo poliziotti ed autoblindo. Dall’altra il resto della città è soffocato dal traffico impazzito e da colonne di pedoni.
La prefettura ha sospeso gran parte delle linee di vaporetti in sevizio sul Bosforo, chiusi tratti della metropolitana e le funicolari, dirottati gli autobus, vacanze forzate per gli studenti delle scuole del centro. L’obbiettivo è rendere irrangiungibile piazza Taksim. E’ così che le autorità hanno risposto, schierando anche 17.000 poliziotti, alla determinazione del comitato "Primo maggio a Taksim" a celebrare la festa dei lavoratori nella centralissima piazza, nonostante anche alla vigilia il prefetto avesse ribadito che "La piazza non è un luogo per manifestazioni di massa".
Quest’anno però DISK, KESK (il sindacato dei lavoratori pubblici), TMMOB (l’Ordine degli architetti e degli ingegneri) e TTB (l’Unione dei Medici) avevano un motivo in più per volersi riprendere Taksim. Ricorre infatti il trentesimo anniversario dell’ultima festa dei lavoratori tenutasi nella piazza. Nel 1977 la manifestazione di 500.000 lavoratori era finita in tragedia con un bilancio di 36 morti.
L’appuntamento è alle 10.00 nello spazio compreso tra il palazzo ottomano di Dolmabahçe e lo stadio di Beşiktaş. Da lì a Taksim le strade sono deserte, si vedono solo drappelli di robocop in tenuta antisommossa e panzer che sonnecchiano nelle aiuole.
Alle 7.30 la delegazione del comitato organizzatore che si presenta sul luogo dell’appuntamento viene fermata dalla polizia e caricata sui cellulari. Nelle ore successive i fermi si susseguono. Chiunque sosti ai bordi della strada per qualche minuto, magari in gruppo, viene avvertito dai poliziotti: "Sostare è vietato, qui non si manifesta". Chi resiste viene caricato a forza sui cellulari. Un barbuto signore prima di essere trascinato via riesce a gridare "Stupratori del primo maggio!"
Un gruppo di manifestanti che cerca di raggiungere Dolmabahçe dietro lo striscione del sindacato del cinema viene caricato e disperso a colpi di idrante.
Poco dopo le dieci arriva il presidente del DISK Çelebi. La situazione è tesa. Difficile anche avere informazioni. Più tardi uno dei più prestigiosi inviati del canale NTV, Mete Çubukçu, racconterà che la prefettura fino alle 11.00 ha di fatto vietato le trasmissioni televisive in diretta da Taksim.
Çelebi racconta di centinaia di fermi in tutta la città fin dalle prime ore del mattino. Pulmann di manifestanti provenienti da tutto il paese, Hatay, Ankara, Izmit, vengono fermati all’ingresso della città, rimandati indietro o dirottati in una scuola di polizia. Chiunque si diriga verso il luogo del concentramento viene fermato, perquisito o respinto "Una situazione che ricorda lo stato di emergenza dei colpi di stato del 1971 e 1980" racconta Çelebi che continua "Noi volevamo solamente commemorare i nostri amici e condanniamo questo governo che ci ostacola. Istanbul è in stato d’assedio". Per un altro sindacalista del DISK "La Turchia, la classe operaia non meritano queste scene".
Il dirigente di polizia incaricato della trattative sembra inamovibile. Solo 50 persone possono salire a Taksim e deporre un fascio di fiori. Lo scoglio viene superato dall’intervento di un vicequestore che permette ad una parte dei presenti di arrivare fino alla piazza. Si parte. 200/300 manifestanti, un drappello di giornalisti e fotografi e tutt’intorno lungo il percorso un muro di divise blu e caschi luccicanti al sole. Una situazione irreale ma lentamente il corteo prende coraggio: "Ecco il primo maggio, ecco Taksim!" "Fianco a fianco contro il fascismo!". Dalle finestre delle banche e degli uffici la gente sorride, applaude. In cima alla salita la piazza. Dopo trentanni il DISK torna a Taksim. Il comitato d’accoglienza è di tutto rispetto: centinaia di poliziotti in tenuta da guerra attendono il corteo per stringerlo all’angolo del Marmara Hotel dove lo attende un altro gruppo di manifestanti. E’ proprio in questo lato della piazza che nel 1977 ci fu il maggior numero di morti. La tensione torna ad alzarsi. Tutti si guardano intorno preoccupati, sui tetti tiratori scelti. Slogan: "E’ Taksim la piazza del primo maggio!". Si depongono garofani rossi. Poche parole "Siamo qui per ricordare 36 nostri compagni!".
Poi lentamente il corteo si scioglie filtrando attraverso il muro della polizia.
Altri gruppi che da diverse direzioni cercano di raggiungere la piazza vengono invece caricati duramente. Il gruppo più numeroso, circa 2.000 ragazzi, si riversa giù per Istiklal Caddesi, il salotto buono della città. Cariche e lacrimogeni inseguono i dimostranti anche nelle strade laterali.
La situazione torna alla normalità nel tardo pomeriggio. La polizia torna a presidiare la piazza battendo i manganelli sugli scudi.
Notizie di scontri arrivano da altre parti della città, da entrambe le rive del Bosforo. Imprecisato il numero di feriti e discordanti le cifre relative ai fermati. Per la prefettura sarebbero 580, per il DISK circa un migliaio. La stessa cifra fornita da una rappresentante dell’Associazione per i Diritti Umani (IHD) mentre nel suo ufficio a pochi passi da Taksim telefona freneticamente per cercare di raccogliere notizie attendibili.
In serata arrivano i bilanci e le valutazioni. Gli organizzatori in una conferenza stampa hanno ribadito che "Istanbul è stata trasformata in un campo di concentramento… il prefetto deve dimettersi. La responsabilità è del governo, della prefettura e di tutti coloro che hanno voluto presentare il primo maggio come un giorno all’insegna della paura". Inoltre hanno chiesto di "rilasciare immediatamente tutti i fermati. Non è reato fare delle richieste. La causa di questo caos ha un indirizzo preciso".
Per il prefetto la responsabilità di quanto accaduto "è di coloro che hanno voluto fare una manifestazione non autorizzata".
Ma perché la Turchia ha così tanta paura del primo maggio?