Slovenia: salvare la STA
A trent’anni dalla sua fondazione il futuro dell’Agenzia di stampa slovena è a rischio. Il governo di Janez Janša ha sospeso le sovvenzioni nei suoi confronti in attesa della consegna di una serie di documenti. Per l’agenzia questi ultimi non sarebbero però dovuti e la richiesta rappresenta un’indebita ingerenza politica
189.000 euro raccolti in una settimana: questo il bilancio della campagna lanciata per salvare l’Agenzia di stampa slovena. La STA è senza finanziamenti statali dall’inizio dell’anno. I soldi raccolti serviranno per erogare gli stipendi di maggio. Intanto l’azienda ha chiesto ai giudici di emettere un’ingiunzione di pagamento nei confronti del governo per farsi erogare i due milioni di euro di sovvenzioni che le permettono di funzionare.
Per capire cosa sta succedendo bisogna fare qualche passo indietro. I rapporti dei governi di centrodestra – e soprattutto del suo leader Janez Janša – con la stampa sono da sempre difficili. La convinzione è che i mass-media “mainstream” siano in mano al centrosinistra liberale e che nella narrazione che fanno del paese non siano per nulla “equilibrati”. Subito dopo l’indipendenza i tentativi di mettere in piedi un quotidiano organico al centrodestra sono naufragati, mentre successivamente quello di trovare spazio nei giornali “autorevoli” si è risolto in un fallimento. Proprio per questo sono nati una serie di portali, periodici e persino una televisione organici al partito del premier. La loro principale preoccupazione è quella di “smascherare le bugie” raccontate dagli altri mezzi di informazione e di denunciare lo “scarso patriottismo” del centrosinistra, pronto ad “infangare la Slovenia a livello internazionale pur di far danno a Janša”.
I detrattori del capo del governo lo accusano invece di aver creato una macchina da guerra che serve solo per gettar fango sui suoi avversari. Il sistema sta compromettendo tutta la credibilità del sistema mediatico e politico sloveno. Un piccolo impero creato grazie ai soldi arrivati dall’Ungheria, che utilizza con gli avversari la retorica politica di Donald Trump e che seguirebbe la strada tracciata da Viktor Orbàn, che prima aveva creato una sua una rete di controinformazione e poi, non appena salito al potere, aveva “normalizzato” i principali media nazionali, partendo proprio dall’agenzia si stampa nazionale e dal sistema radio televisivo. La differenza, però, è che Orbàn poteva contare su una maggioranza schiacciante, mentre Janša deve accontentarsi di restare a galla grazie all’ordinamento costituzionale sloveno, che consente di governare anche senza una maggioranza certa in parlamento; mentre rischia di tornare all’opposizione dopo le elezioni, che sono in programma il prossimo anno.
Quello che è certo è che Janša giocherà le sue carte fino in fondo e che non se ne andrà finché i suoi avversari non avranno la forza di cacciarlo. Intanto quella che sta andando in scena viene considerata una vera e propria “guerra ai media”. Quella con la STA è iniziata nel marzo del 2020, quando il premier bollò l’agenzia di essere un “ventilatore” di menzogne, colpevole di aver diffuso una serie di notizie che parlavano della preoccupazione di alcune organizzazioni internazionali, per gli attacchi che Janša aveva lanciato contro il giornalista Blaž Zgaga, autore di un testo – ripreso da varie testate internazionali, tra cui L’Espresso – in cui si paragonava la Slovenia all’Ungheria di Orbàn.
Il vero e proprio punto di rottura, però, c’è stato ad ottobre, quando la STA pubblicò un’intervista con il controverso rapper Zlatko. Il cantante aveva appena fatto uscire un suo nuovo album e in quel periodo non aveva mancato di lanciare pesanti strali contro il governo ed anche contro i provvedimenti anticovid varati dall’esecutivo. Ad irritare il centrodestra non soltanto il pezzo dedicato al musicista, ma anche il fatto che a Zlatko fosse stato dedicato più spazio che all’incontro, avvenuto proprio quel giorno, tra Janša e Orbàn. Il premier sloveno bollò immediatamente la cosa come una “vergogna nazionale”. Pochi giorni dopo l’Ufficio governativo per le comunicazioni chiese alla STA di fornire tutta una serie di dati, compresi quelli relativi al numero di interviste fatte a cantanti in occasione dell’uscita dei loro album e quelli sulla lunghezza dei singoli contributi. Per il direttore dell’agenzia, Bojan Veselinovič l’Ufficio governativo non aveva titolo per ottenere simili informazioni.
Tecnicamente l’agenzia è una società commerciale di esclusiva proprietà dello stato. Il suo consiglio di amministrazione è formato da 4 membri nominati dal parlamento e da un rappresentante dei dipendenti. Al momento 3 sono entrati in carica al tempo del governo Šarec, mentre uno in quest’ultimo anno a guida Janša.
In attesa di ottenere i dati richiesti, a fine novembre, l’Ufficio governativo ha bloccato l’erogazione del finanziamento pubblico all’agenzia. La cosa si è subito trasformata nell’ennesimo scontro politico che ha presto travalicato i confini nazionali. La situazione è sembrata sbloccarsi a gennaio, quando a imporre lo sblocco ci ha pensato un emendamento voluto da una forza di governo, il Partito del Centro moderno, e votato dall’opposizione di centrosinistra, che ha imposto l’erogazione dei fondi.
Il rubinetto, in barba alla legge, però è stato chiuso già il mese successivo ed il muro contro muro si è fatto di settimana in settimana più duro. A marzo i servizi della STA sono stati sospesi in vari ministeri, visto che non si era trovata un’intesa generale sul rinnovo dell’abbonamento. Intanto Janez Janša ha invitato il direttore dell’agenzia Bojan Veselinovič a fare le valige e subito dopo il governo ha chiesto al Consiglio di amministrazione di rimuoverlo. Alle porte dell’agenzia hanno bussato gli ispettori del lavoro e la polizia per verificare eventuali irregolarità nella gestione. Veselinovič è rimasto, i soldi non sono arrivati e adesso non c’è più il danaro per pagare i dipendenti. Alla fine la documentazione richiesta è stata spedita, non all’Ufficio governativo per le comunicazioni, ma direttamente al gabinetto del Capo del governo. Qui si sono rifiutati di ritirare il plico, che è stato rimandato al mittente. Alla STA, però, non hanno voluto riprendersi il pacco che così è rimasto nelle mani del postino.
A questo punto l’unica certezza è che a trent’anni dalla sua fondazione il futuro della STA è a rischio. In questo periodo ha raccontato il paese alla Slovenia ed al mondo. I suoi testi costituiscono l’ossatura di tutto il sistema informativo nazionale. L’agenzia copre tutti i principali eventi di carattere politico, sociale, economico, culturale e sportivo considerati importanti per gli sloveni. Nei suoi archivi ci sono quasi 2,8 milioni di notizie e circa un milione di foto. Per salvare la struttura si è mossa l’Associazione dei giornalisti ed i sindacati di categoria, coadiuvati dai principali giornali e da molte delle più prestigiose firme del giornalismo nazionale. Adesso si stanno raccogliendo fondi tramite lo stesso numero verde che si adopera per aiutare le vittime delle catastrofi naturali. L’intento è quello di trovare i soldi per continuare a far vivere la STA e preservare, così, la sua indipendenza; consentendole di raccontare la Slovenia così com’è, senza rischiare di trasformarla in uno strumento di una nuova costruzione nazionale.