Slovenia, Golob sulle orme di Janša

Il primo ministro sloveno Robert Golob starebbe dimostrando di avere le stesse mire di controllo del suo predecessore Janez Janša. A farne le spese stavolta è la ministra dell’Interno Tatjana Bobnar che, dopo aver denunciato pressioni politiche sulla polizia da parte del premier, ha deciso di dimettersi

09/12/2022, Stefano Lusa - Capodistria

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Tatjana Bobnar CC Wikimedia

La ministra dell’Interno, Tatjana Bobnar, ha annunciato le sue dimissioni. Lo ha fatto da Bruxelles dove stava partecipando a un vertice dedicato all’allargamento dell’area Schengen. Formalmente verranno presentate oggi al suo rientro in Patria. Il premier Robert Golob le ha subito accettate precisando che è venuta a mancare la fiducia reciproca.

La decisione è arrivata dopo un braccio di ferro sulla nomina di Boštjan Lindav a nuovo capo della polizia. La vicenda era scoppiata dopo che il governo aveva nuovamente procrastinato la decisione. La Bobnar, stizzita, ha parlato di un caso senza precedenti ed ha denunciato una serie di pressioni politiche esercitate dal primo ministro e dai suoi uomini sulla polizia. La conferma è arrivata anche da un rapporto desegretato che Lindav, che ricopre comunque l’incarico di capo della polizia ad interim, ha inviato alla Bobnar. Nel testo si legge che l’autonomia della polizia e l’influenza della politica sul suo lavoro è messa in forse soprattutto dalle richieste di nomine e destituzioni e anche dal carente rispetto delle procedure. In sintesi, a Golob e alla sua cerchia si imputa di aver chiesto una “pulizia” più radicale degli uomini piazzati dal centrodestra in posti di rilievo nelle forze dell’ordine. Per la Bobnar invece la politica si sarebbe dovuta fermare davanti alla porta del capo della polizia. Proprio la depoliticizzazione e la fine dell’influenza dei partiti, partendo dalle forze dell’ordine per arrivare alla radiotelevisione pubblica, era una delle promesse con cui Movimento Libertà e Robert Golob avevano vinto le elezioni di aprile.

Ma andiamo con ordine. Tatjana Bobnar prima di diventare ministro aveva fatto carriera in polizia, tanto da diventare la prima donna a prenderne il comando. Sul suo operato non erano mancate severe critiche. I suoi detrattori le imputavano di avere non poche responsabilità sulla vicenda dei respingimenti dei migranti alla frontiera senza dar loro l’opportunità di chiedere asilo in Slovenia. In ogni modo la sua è stata una delle prime teste mozzate dal governo di centrodestra guidato da Janez Janša. Al suo posto venne nominato un fedelissimo del primo ministro, mentre si procedette ad un radicale riassetto delle forze dell’ordine. Presto si disse che l’intenzione era quella di trasformare la polizia in una sorta di milizia di partito. Queste critiche divennero ancora più serrate dopo che le forze dell’ordine fecero massiccio uso di lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere le manifestazioni antigovernative e contro il green pass. Sulla vicenda proprio in settimana il ministero dell’Interno ha pubblicato un corposo rapporto in cui si evidenziano in quelle azioni numerose “irregolarità e carenze”.

La nomina a ministro dell’Interno della Bobnar, doveva servire per far riconquistare alla polizia la fiducia dei cittadini e segnare una significativa inversione di marcia rispetto al governo Janša. Il ministero le era stato affidato in quota Movimento Libertà. Lei ha subito promesso che la polizia avrebbe cambiato registro e che sarebbe stata molto rispettosa dei diritti umani e delle libertà anche di manifestare. Per segnare in maniera tangibile che le cose stavano cambiando nel modo di agire del ministero dell’Interno ben presto è stato decretato di rimuovere dal confine con la Croazia le barriere antimigranti, piazzate al tempo del governo di centrosinistra di Miro Cerar. Proprio questa decisione le è valsa una mozione di sfiducia promossa dai Democratici e bocciata a larga maggioranza in parlamento nemmeno un mese fa. In quell’occasione la coalizione di governo ha fatto quadrato intorno a lei. Adesso in Movimento Libertà non c’è nessuno che sembra più disposto a difenderla, mentre il resto della coalizione, pur non risparmiando parole di stima nei suoi confronti, si limita a far finta che la faccenda non lì riguarda.

La Bobnar è la seconda esponente di spicco di Movimento Libertà ad andarsene, la prima è stata Marta Kos, che dopo essere diventata vicepresidente del partito e sua candidata alle presidenziali, prima ha rinunciato alla candidatura e poi ha lasciato la vicepresidenza “per motivi personali”. Entrambe avrebbero potuto essere figure scomode per Golob. A uscirne peggio comunque è proprio il premier Robert Golob, che starebbe dimostrando di avere le stesse mire di controllo di Janez Janša, il suo tanto vituperato predecessore. Da quello che sta emergendo in questo contenzioso il premier però starebbe usando i suoi stessi metodi e soprattutto starebbe lanciando chiari segnali all’interno del suo partito dove chi non sarebbe disposto a mettere in atto i suoi ordini sembrerebbe destinato a venir fatto fuori.

Golob è sceso in campo alla vigilia delle elezioni dopo essere stato rottamato dalla politica. Era a capo di una ricca compartecipata leader nella vendita dell’energia elettrica. Il surreale annuncio della entrata in politica è avvenuto proprio dal palco della “sua” azienda, tra gli applausi entusiastici dei suoi ex sottoposti. Ora, applicando le logiche aziendali anche nella politica, probabilmente si aspetta un simile atteggiamento anche dai ministri. Prima di lui ci aveva provato con scarso successo Zoran Janković, che fatto fuori dalla Mercator una catena di supermercati, era diventato il volto con cui la sinistra avrebbe dovuto impedire a Janez Janša di governare. Nel dicembre del 2011 il suo partito ottenne la maggioranza relativa. Pensando di poter usare in parlamento le logiche dei consigli d’amministrazione non riuscì a trovare la maggioranza necessaria per prendere in mano le redini del paese.

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