Ne abbiamo abbastanza di aspettare
Domenica scorsa a Lubiana si è tenuto il Gay pride. Nessun incidente ma molte polemiche. Intanto il governo sloveno sembra intenzionato a proseguire con la riforma del codice di famiglia, inserendo pari diritti per coppie etero ed omosessuali
Ogni anno prima del Gay pride gli sloveni dimostrano ancora di essere un popolo intollerante. La sferzante analisi è nientemeno che della ministra degli Interni, nonché presidente del partito demo-liberale, Katarina Kresal. Come l’anno scorso lei alla parata c’è andata. Con lei c’erano altre 200 persone, che domenica pomeriggio hanno sfilato per le vie di Lubiana. Una manifestazione seria quella slovena, niente carri allegorici o le pailette che si vedono in altre capitali. Il motto di quest’anno è stato: “Ne abbiamo abbastanza di aspettare”.
Gli LGBT chiedono di avere gli stessi diritti delle coppie eterosessuali e domandano di poter godere subito di questi diritti e non – come ha detto un loro esponente- quando saranno sul letto di morte.
Anche questa edizione, comunque, non è passata senza incidenti. Quest’anno non ci sono stati pestaggi, ma solo una facciata di un locale annerita da una bomba incendiaria e qualche scritta offensiva.
Lo scorso anno era stato ordito un vero e proprio assalto ad un locale gay dove si stava svolgendo una serata letteraria. A farne le spese fu Mitja Blažič, uno dei più noti attivisti per i diritti degli omosessuali. Per fortuna se l’era cavata con tre punti di sutura, qualche bruciatura al collo ed una lesione permanente ad un dito.
La cosa aveva scosso la società slovena. Alla scorsa edizione del Gay pride aveva espresso la sua solidarietà la ministra degli Interni, promettendo che con il nuovo codice di famiglia le coppie omosessuali avrebbero potuto ottenere gli stessi diritti di quelle etero.
Le autorità si sono subito dimostrate decisissime a perseguire i responsabili di quel pestaggio. Ben presto tre giovani sono stati arrestati, processati e condannati ad un anno e mezzo di reclusione. Quella sentenza è stata accolta con una protesta “spontanea” organizzata davanti al tribunale di Lubiana. Un centinaio di persone, molte delle quali incappucciate, erano venute a protestare contro la “repressione”.
Proprio per contestare quelle “esagerate” condanne alla vigilia del Gay pride non sono mancati inquietanti incidenti. Sulla facciata del locale dove era avvenuto l’agguato ha fatto la sua bella comparsa la scritta: “Culattoni, un bernoccolo è un bernoccolo”. Sul muro poi si potevano vedere i segni di una bruciatura provocata da una bottiglia incendiaria. Come se ciò non bastasse, la scritta “un bernoccolo è un bernoccolo” è comparsa anche sulla casa della giudice che aveva emesso la sentenza.
Siccome la Slovenia è un paese piuttosto piccolo si è appreso subito che la magistrata è anche moglie del ministro della Giustizia, Aleš Zalar. Quest’ultimo, come la Kresal, è un esponente di primo piano del partito demo-liberale e non aveva mancato di esprimere tutta la sua solidarietà al movimento omosessuale.
Nel paese intanto è in pieno corso il dibattito sul nuovo codice di famiglia. La nuova proposta ha subito destato sgomento nel centrodestra e nelle alte sfere ecclesiastiche. La legge dovrebbe consentire non soltanto il vero e proprio matrimonio per le coppie omosessuali, ma anche a quest’ultime di adottare dei figli.
Dal centrodestra, dai movimenti per la tutela della famiglia tradizionale e dalla chiesa è stato subito ribadito che i bambini hanno diritto ad avere una mamma ed un papà. Il concetto è stato anche sottolineato in un comunicato congiunto diramato venerdì scorso dall’arcivescovo di Lubiana Anton Stres e dal mufti della capitale Nedžad Grabus.
Il centrosinistra ha ribadito che non si possono fare discriminazioni in base agli orientamenti sessuali, mentre le associazioni che lottano per i diritti degli omosessuali hanno sottolineato che non si può attendere che la società sia pronta per accettare una simile riforma. Del resto, ha ribadito Blažič, nemmeno la società americana era pronta, negli anni Sessanta, a superare la segregazione razziale.
La questione dei diritti degli omosessuali, comunque, sta dividendo il paese. Il presidente della Camera di stato, Pavle Gantar, che da giovane aveva militato nei movimenti alternativi, parlando al Gay pride di quest’anno, ha constatato con rammarico che la società slovena oggi è meno tollerante rispetto agli anni Ottanta sia con gli omosessuali sia in altri settori. Gantar ha anche precisato che con il nuovo codice di famiglia si vedrà se anche la politica sarà capace di civilizzarsi ed autolimitarsi.
In parlamento, infatti, durante le prime discussioni sul documento, non sono mancate abbondanti cadute di stile. Il vicepresidente del parlamento France Cukljati, uno degli uomini di punta dei democratici di Janez Janša, ha persino definito l’omosessualità una malattia. Altri non hanno mancato di piangere sulle sorti del popolo sloveno e sulle conseguenze demografiche che ci potrebbero essere con i matrimoni gay, con la possibilità per loro di adottare figli e con la distruzione della famiglia tradizionale.
Il centrosinistra comunque, non sembra voler cedere. Il documento potrebbe ottenere luce verde entro la fine dell’anno. In ogni modo, avverrebbe prudentemente, dopo le elezioni amministrative del prossimo ottobre. Sarebbe il secondo passo importante in materia di tutela dei diritti dell’uomo (il primo è stato fatto con i cancellati) imposto a questo governo dalla Kresal e dall’ala liberale del governo.