La grande zuffa
Dimissioni di membri del governo, ministri inguaiati in scandali, richieste di impeachment nei confronti del presidente della Repubblica. La Slovenia sta attraversando una fase politica molto confusa. Il premier Pahor fa il pompiere, il capo dell’opposizione Janša cerca di approfittarne
La zuffa politica nel paese oramai ha raggiunto livelli mai visti. Lo scontro senza esclusione di colpi vede un confronto di tutti contro tutti. In settimana se ne è andato il ministro dell’Ambiente Karl Erjavec. Il premier Borut Pahor aveva chiesto al parlamento di rimuoverlo dall’incarico su invito della Corte dei conti. Il dibattito in aula si è trasformato in uno scontro all’interno della maggioranza.
Alla fine Erjavec non ha atteso che il parlamento lo sfiduciasse, ma si è dimesso. Non ha mancato però di dire che quanto gli stava succedendo non aveva nulla a che fare con la Corte dei conti – che voleva la sua sostituzione per una serie di mancati interventi che favorissero la raccolta differenziata dei rifiuti – ma si trattava di un dissidio politico nei suoi confronti e nei confronti del proprio partito.
Del resto, si è venuto a sapere, che pochi giorni prima che la Corte dei conti chiedesse la testa di Erjavec il suo presidente si era incontrato con il premier. La cosa sarebbe stata organizzata da uno degli uomini di punta della Democrazia Liberale, il ministro della Giustizia Aleš Zalar. Pahor ovviamente assicura che dietro non ci sarebbe stato alcun complotto politico. In ogni modo l’appello della Corte dei conti è stata la chiave che è servita per liberarsi elegantemente dell’ingombrante presidente del Partito dei pensionati (Desus).
Il Desus si è detto pronto a continuare a far parte della maggioranza, anche se nei giorni scorsi non erano mancate aperte minacce di abbandonare la coalizione. E’ chiaro comunque che nulla sarà più come prima e che la fedeltà del Desus dipenderà da cosa otterrà in cambio. Il primo banco di prova sarà la conferma di un loro uomo al ministero dell’Ambiente. Il partito avrebbe voluto che il posto fosse occupato dal suo parlamentare, Matjaž Zanoškar. Ciò avrebbe consentito a Erjavec di entrare in parlamento.
Il candidato proposto non si è però mai dimostrato troppo entusiasta dell’ipotesi ed in tre giorni ha rinunciato all’incarico due volte. L’ultima ieri sera, quando, dopo essere stato indicato dal partito, gli è bastato un colloquio telefonico con il premier Pahor per decidere nuovamente di lasciar perdere. Del resto, da quando circola il suo nome, all’interno delle altre forze di coalizione si continua a storcere il naso. Da rilevare, comunque, che anch’egli ha cominciato ad aver grane con i revisori per la gestione del comune Slovenj Gradec di cui è sindaco. I maligni potrebbero pensare che non sia un semplice caso, anche se dalla Corte dei conti assicurano che è così.
I guai per i ministri di Pahor comunque non si fermano qui. L’opposizione ha subito chiesto la defenestrazione di altri tre capi dicastero: il ministro per la Giustizia Aleš Zalar, quello dell’Università Gregor Golobič e quello delle Finanze France Križanič. Problemi non mancano nemmeno al ministro della Sanità Borut Miklavčič, che sta sudando le proverbiali sette camicie per convincere la maggioranza della bontà della sua proposta di riforma sanitaria.
Da tempo inoltre il ministro della Giustizia Zalar ha innescato una polemica con il procuratore capo della Repubblica, Barbara Brezigar. Il ministro vorrebbe rendere più difficile togliere un caso ad un magistrato. Sullo sfondo c’è la decisione di procedere contro il giornalista finlandese Magnus Berglund, autore della trasmissione televisiva che aveva innescato il "caso Patria", per le nemmeno troppo velate accuse di corruzione rivolte contro l’allora capo del governo sloveno Janez Janša. Inizialmente il magistrato voleva archiviare il caso, ma i suoi superiori hanno deciso di passare l’incartamento ad un suo collega che invece ha deciso di procedere.
Non sono mancate, così, pesanti accuse d’intromissione del potere esecutivo in quello giudiziario. La Brezigar si è subito erta a paladina dell’autonomia della magistratura dalla politica. Lei era stata nominata dal precedente governo ed il premier Pahor giura che resterà in carica sino alla fine del mandato. La Brezigar, che i suoi detrattori presentano come organica al centrodestra, nel 2000 era stata ministro della Giustizia – nella breve stagione del governo di centrodestra guidato da Andrej Bajuk – poi si era candidata alle elezioni politiche del 2000, nelle file dell’attuale partito democratico e infine era entrata nella corsa per la presidenza della Repubblica nel 2002, perdendo al secondo turno il confronto con Janez Drnovšek.
Il ministro per l’Università Golobič, invece, sta ancora facendo i conti con il "caso Ultra". In campagna elettorale aveva evitato di dire che aveva una quota dell’azienda. Quando la cosa è stata scoperta venne presentato come il gran bugiardo della politica slovena. L’opposizione non ha mancato di speculare sugli allegri finanziamenti che la Banca di Lubiana avrebbe concesso all’impresa senza necessarie garanzie. La scorsa settimana la vicenda è stata addirittura oggetto di una seduta straordinaria della Camera.
Ben presto è emerso che Golobič aveva "mentito" nuovamente. Il ministro, infatti, nel corso del dibattito aveva spiegato che "Ultra" aveva sempre onorato i suoi debiti senza mai chiedere dilazioni di pagamento. A quel punto l’opposizione ha tirato fuori l’accordo tra "Ultra" e "Nuova banca di Lubiana (NLB)" per la ristrutturazione di uno dei debiti contratti. Golobič ha subito precisato che lui non ne sapeva nulla e non ha mancato di lanciare pesanti accuse contro l’ex primo uomo dell’istituto di credito, Draško Veselinovič. Secondo il presidente di Zares proprio da lì sarebbe arrivato quel documento all’opposizione. Se così fosse si tratterebbe dell’ennesima resa dei conti tra Democrazia liberale e il suo partito. Agli inizi dello scorso anno infatti Veselinovič – che si era candidato alle politiche del 2008 con la Democrazia liberale – era stato nominato alla guida della banca di Lubiana. Subito Zares aveva gridato allo scandalo ed aveva ottenuto le sue dimissioni quando l’istituto decise di ristrutturare alcuni crediti concessi alla finanziaria dell’ex magnate della birra Boško Šrot.
Quello che per il momento sembra riuscire a superare tutte le grane in cui riesce a ficcarsi è il ministro delle Finanze, France Križanič. "Lavora meglio di come parla", aveva precisato a suo tempo il premier Borut Pahor. Il ministro, infatti, non aveva mancato di far discutere per tutta una serie di colorite affermazioni. Era partito annunciando che a fine mandato la paga minima nel paese sarebbe stata di 1000 euro: in quel momento la crisi economica stava cominciando ad investire la Slovenia.
L’ultima polemica che lo vede protagonista riguarda una telefonata che ha fatto al rettore della Facoltà di economia di Lubiana, Dušan Mramor. Križanič avrebbe cercato di intercedere a favore di una dipendente del ministero che stava per difendere la sua tesi di dottorato. La facoltà, infatti, aveva inserito nella commissione Jože P. Damjan che avrebbe avuto serie divergenze con la candidata alcuni anni fa, nei primi mesi di vita del governo Janša, quando occupò per un breve periodo il posto di ministro senza portafoglio per lo Sviluppo. Appare comunque singolare che la vicenda sia trapelata, considerato che Dušan Mramor, è stato ministro delle Finanze tra il 2002 ed il 2004 nel governo dell’allora demoliberale Tone Rop. Anche questo è un indicatore del clima di "coesione" che regna nel centrosinistra.
In tutto questo caos generato dal governo e dai suoi uomini quello che sembra muoversi con grande disinvoltura è il capo dell’opposizione, Janez Janša. A lui il conflitto non ha mai fatto paura, anzi, ci sguazza benissimo. Così ha deciso di mettere altra carne al fuoco. Il Partito democratico e quello popolare hanno presentato una richiesta di impeachment nei confronti del capo dello Stato, Danilo Türk. L’iniziativa era stata annunciata all’indomani dell’onorificenza appuntata sul petto dell’ultimo ministro degli Interni della Slovenia socialista, Tomaž Ertl. Il presidente della Repubblica con la concessione dell’onorificenza all’ex capo della polizia politica segreta, responsabile direttamente della violazione dei diritti dell’uomo – è stato precisato – ha violato la costituzione. L’iniziativa difficilmente andrà a buon fine, ma intanto la baraonda continua.