Ingegneri dell’anima

Laibach continua a provocare. Il gruppo cult della scena jugoslava degli anni ’80 è ancora attivo. Un’intervista a Ian Novak, uno dei pilastri del gruppo, alla vigilia di una mini-tournée europea

12/12/2007, Redazione -

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Di Gaëlle Perio – Le Courrier des Balkans (tit.originale "Laibach: Nous voudrions être des ingénieurs de l’âme", pubblicato il 6 dicembre 2007)
Traduzione a cura della redazione di Osservatorio sui Balcani
La vostra musica è molto aggressiva. L’aggressività non rischia di annullare i vostri propositi?
Il rock è un’espressione molto trasgressiva. E’, in un certo senso, il suo marchio di fabbrica. Viviamo in ogni caso in un’epoca molto aggressiva. Non si può più andare in giro con i fiori. D’altro canto il pubblico reagisce molto diversamente, ma non amo parlare di questo. Preferisco che la gente arrivi vergine ad un concerto, senza un’idea percepita dall’esterno ma con i propri pregiudizi, le proprie aspettative e aperti a reagire. Certamente noi provochiamo un conflitto. Spesso gli spettatori discutono tra loro all’uscita da un nostro concerto. Ma spero si riesca a cogliere una venatura di humor in quanto facciamo. Sfruttiamo la nostra parte oscura, ma con una certa dose di humor. Laibach si ispira più a John Cage che a John Lennon. E nel mio Pantheon personale occupano un primo posto Jacques Tati e "Playtime". Infatti noi siamo una sorta di "bric à brac". Ci consideriamo come una scultura sociale che pone la questione della libertà. L’arte non deve essere rinchiusa nei musei. Noi vorremmo essere degli ingegneri dell’anima.
Nel 1980 l’inizio della vostra carriera, non cominciate ad essere stanchi?
Siamo degli schiavi di Laibach! E’ il progetto delle nostre vite. Non è più una questione se farlo o no. Dobbiamo continuare. Ufficialmente il gruppo è costituito da 4 membri ma è un’intera nebulosa a farlo andare avanti. Noi di fatto serviamo la nostra stessa ideologia. Siamo gli artisti ufficiali del nostro regime.
Le nuove generazioni sono sensibili all’universo Laibach?
Ci si trova ogni volta a convincere un nuovo pubblico. E’ come vendere carta igienica. La musica è svalutata dai giovani. A loro avviso spendere dei soldi per andare ad un concerto è una perdita perché non ne guadagnerebbero niente. Inoltre, ai giorni nostri, se non si parla l’inglese, non si è artisti. Vendiamo molto meno da quando è arrivato internet, ma vabbeh, abbiamo venduto più di un milione di dischi dall’inizio della nostra carriera.

Come valutate gli ultimi anni di avvenimenti nell’intera regione?
Il nostro lavoro si nutre di quello che sono la Slovenia e l’ex Jugoslavia. E’ una sorta di cronaca di ciò che vi si vive. Questo è stato un periodo tragico, ma cosa sarebbe la vita senza tragedia? Laibach è stato uno dei numerosi sintomi dela caduta dalla Jugoslavia. Facciamo spesso tour nella regione. Il vero problema che resta ancora da risolvere è quello del Kosovo. In questi giorni la Slovenia sta per iniziare il suo periodo di presidenza dell’Ue, una presidenza ben più importante per la Slovenia che per l’Europa! E’ prevista anche tutta una programmazione culturale per questi sei mesi, ma nessuno ha fatto appello a Laibach …
Siete yugo nostalgici?
Si, di sicuro …

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