Il falco e la colombina
E’ il titolo del libro a fumetti di Tomaž Lavrič, che narra la love story tra l’ex premier sloveno Janez Janša e la giovane dottoressa Urška. Una storia epica che trova alcuni riscontri nella realtà. Soprattutto alla luce delle nuove indagini sul capo dell’opposizione
Una chiesa sui monti sloveni e due sposini che si giurano amore eterno, poi un ruscello che corre tra i boschi con Janez e Urška seduti su un prato che guardano il Tricorno. Sono i disegni finali di "Sokol in golobica" (Il falco e la colombina) un fumetto uscito, lo scorso anno, prima a puntate sul settimanale "Mladina" e poi in forma di libro.
La storia è ambientata tra il 2004 ed il 2008. In quel periodo "le forze del bene" avevano battuto quelle malefiche legate al "regime comunista". La vicenda narra dell’amore tra il premier di allora Janez Janša e una giovane dottoressa di un ospedale di provincia. I due piccioncini, per coronare il loro sogno d’amore devono fare i conti con gli intrighi di palazzo, con le congiure orchestrate dallo "spietato" ex capo dello stato Milan Kučan e dal "perfido" leader dell’opposizione Borut Pahor. Sullo sfondo tutti i personaggi della politica slovena, con "l’infido" Dimitrij Rupel, pronto nuovamente a cambiare bandiera ed a offrire i suoi servigi a Pahor. Ci sono, poi, i giornali – "Mladina" in testa – al soldo delle forze del precedente regime, pronti ad usare ogni metodo, lecito ed illecito, per "screditare" gli avversari. Con beffarda ironia, così, "Mladina" racconta le gesta di un cavaliere senza macchia e senza paura e della sua principessa.
Nel 2006 era appena sbocciata la love story tra Janša e una giovane dottoressa e i discoli di "Mladina" avevano addirittura ideato un racconto "epico". In sintesi ci si faceva beffe di Janša, del suo innamoramento e dell’interpretazione che il centrodestra vorrebbe dare alla storia recente slovena. Un conflitto permanente tra le forze della "continuità" e quelle "autenticamente democratiche".
Le immagini del finale di quel fumetto sono sembrate rivivere sabato, quando Janez e Urška si sono finalmente detti sì. L’ex premier e la "fanciulla" hanno scelto una località nei pressi di Plezzo (Bovec). Duecento invitati super selezionati: amici, compagni di partito ex membri del suo governo. Servizio d’ordine ferreo gestito dai locali pompieri e da decisi giovanotti in maglietta nera pronti a fermare gli indesiderati giornalisti.
Del matrimonio tra i due si vociferava da tempo. Cinquant’anni e due figli a carico lui, vent’anni di meno lei. Urška sembra incarnare lo stereotipo di quella che in Slovenia viene considerata una bella ragazza. L’esordio, per lei, sulla scena pubblica nel 2006 e subito le prime polemiche per i suoi viaggi al seguito del capo del governo, poi nel 2008 altri dissidi, questa volta tra lo staff del premier e quello del capo dello stato Danilo Türk su chi dovesse accompagnare Laura Bush durante la visita del presidente americano in Slovenia.
Janša è uno dei pochi fautori dell’indipendenza slovena ancora sulla cresta dell’onda. Uomo poco incline ai compromessi, è amato dai suoi sostenitori, mentre è temuto ed odiato dai suoi avversari. Spigoloso, acido, non sembra disposto a concedere nulla ai suoi rivali Quando Pahor annunciò che considerata la crisi economica avrebbe pagato di tasca sua i caffè per i suoi ospiti, Janša ribatté sarcastico che ognuno si occupava del tipo di economia che conosceva.
Negli anni Ottanta, Janša, divenne un vero e proprio simbolo nel processo d’indipendenza della Slovenia. L’esercito federale lo arrestò e lo processò accusandolo di aver divulgato segreti militari. Quelle udienze, che si svolsero a Lubiana in serbocroato, furono un vero e proprio affronto per lo spirito nazionale sloveno, che considerava intollerabile che a Lubiana si venisse giudicati un una lingua che non fosse lo sloveno. All’epoca nacque un comitato di sostegno a suo favore, che costituì l’embrione per molti dei nascenti partiti politici sloveni.
Janša dopo le prime elezioni democratiche divenne ministro della Difesa. Formò in gran segreto l’esercito sloveno e si rifornì all’estero di armi per organizzare la resistenza in vista di un possibile intervento dell’esercito jugoslavo al momento della proclamazione dell’indipendenza.
Durante il conflitto scoppiato nel 1991 con i militari federali si presentava alla stampa in tuta mimetica con un numero uno cucito sul braccio. Quando, dopo 10 giorni di scontri, venne raggiunta un’intesa per far cessare le ostilità, Janša la prese come una capitolazione e si dovette persino organizzare un’improvvisata conferenza telefonica per indurre alla ragione "l’irascibile giovanotto".
Rimase ministro sino al 1994 quando venne cacciato dopo che i militari si permisero di fermare e malmenare un civile sospettato di spionaggio. Al momento della sua destituzione in Slovenia si respirava un clima pesantissimo. Migliaia di suoi seguaci manifestavano di fronte al parlamento a sostegno del ministro che aveva guidato l’esercito sloveno alla vittoria contro i federali.
Dal 1993 è presidente del Partito democratico. Dopo dieci anni passati quasi ininterrottamente all’opposizione, nel 2004 divenne primo ministro e nel 2008 perse le elezioni per un pugno di voti. Con il suo partito è fautore di una politica intransigente che mette al centro dell’attenzione soprattutto gli sloveni. Poco incline a concedere qualcosa ai "cancellati" e pronto ad ascoltare le proteste degli abitanti della bassa Carniola nei confronti dei rom.
Ora la polizia sta indagando su di lui. Gli inquirenti hanno, infatti, deciso di sentirlo la settimana scorsa, perché durante un faccia a faccia televisivo avrebbe citato una dichiarazione fatta dalla presidente della Democrazia liberale, Katarina Kresal, durante una riunione a porte chiuse dedicata ai rapporti con la Croazia. Avrebbe quindi "nuovamente" divulgato documenti "segreti".
Janša ed i suoi sostenitori hanno subito gridato allo scandalo, accusando la Kresal, che è anche ministro degli Interni, di fare un uso politico della polizia. "A quanto ne so – ha precisato Janša – attualmente solo in Bielorussia la polizia sta indagando sul capo dell’opposizione per simili accuse".
Janša intanto tira in ballo le analogie tra questa vicenda e quella del suo arresto nel 1988. Nel far ciò parla ancora una volta delle presunte connessioni tra l’attuale establishment di centrosinistra ed il vecchio regime. Del resto – accusano i democratici – quest’anno il ministero delle Finanze ha persino stipulato un contratto di consulenza con Dragan Isajlović, l’agente dei servizi di sicurezza che negli anni Ottanta aveva arrestato Janša. Come se ciò non bastasse – aggiungono – anche il capo dello Stato avrebbe alle sue dipendenze un ex agente dei servizi di sicurezza.
Più che un dispetto, l’interrogatorio è comunque sembrato un favore fatto al leader dell’opposizione, che ha potuto nuovamente spiegare ai cittadini che la nuova maggioranza sta cercando di mettere in atto una vera e propria resa dei conti nei confronti del centrodestra.