Gorizia/Nova Gorica, omaggio a una visione
È al regista Srdan Golubović, narratore dei dilemmi morali, che va il Premio Darko Bratina, consegnato all’interno del festival transfrontaliero “Poklon viziji – Omaggio a una visione” dal 2 all’11 ottobre a Gorizia/Nova Gorica
Srdan Golubović è il cineasta più notevole emerso nel cinema serbo negli anni 2000 e uno dei maggiori affermatisi nell’area dell’ex Jugoslavia. Figlio d’arte del regista Predrag (“Bombaši”, ”Crveni udar”, “Sezona mira u Parizu”), è autore di soli quattro lungometraggi nell’arco di vent’anni. Golubović si è subito presentato, fin dall’esordio con “Apsolutnih sto” (2001), come interprete attento e acuto del presente e del recente passato del suo paese, capace sia di essere selezionato nei maggiori festival (è stato due volte candidato all’Oscar) sia di ottenere un significativo successo di pubblico. Al regista serbo sarà consegnato il 21° Premio Darko Bratina all’interno del festival transfrontaliero “Poklon viziji – Omaggio a una visione” (programma in www.kinoatelje.it ) in corso questa settimana tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia, organizzato dall’associazione Kinoatelje di Gorizia/Nova Gorica. Il premiato segue nell’albo d’oro Dalibor Matanić, Mario Brenta, Peter Mettler e l’inglese Kim Longinotto, che l’ha ricevuto lo scorso anno. La manifestazione si articola su sei tappe – oltre al prologo con “Primi voli” dedicato ai lavori di giovani registi emergenti – in altrettante località per presentare l’opera completa dell’autore e una masterclass martedì a Nova Gorica.
“Apsolutnih sto – Absolute Hundred” è la storia di due fratelli belgradesi, molto diversi ma accomunati dallo sport. Igor è un ex campione mondiale di tiro, nonché reduce di guerra, mentre il minore Saša è una promessa della stessa disciplina e si prepara ad affrontare i mondiali giovanili. Il più grande è finito nel gorgo della droga e si è indebitato con alcuni piccoli criminali: per questa ragione deve vendere il poligono di famiglia nel quale si allena il fratello. Anche Saša, per aiutare Igor a cavarsela dai guai e fare giustizia da solo, finisce in una spirale di violenza dalla quale è difficile uscire, mentre per il primogenito torneranno i fantasmi del conflitto. Golubović guarda al cinema internazionale, in questo caso con riferimenti chiari a “Trainspotting”, si distingue subito per la capacità rara di ritrarre un’intera società seguendo delle persone ordinarie, determinate e quasi ossessionate nel perseguire un loro obiettivo.
Il film successivo, “Klopka – La trappola” (2007), lo conferma come regista dei dilemmi morali. Mladen, tecnico sui cantieri, si trova solo con la moglie a lottare per la salute del figlio e cade nella trappola orchestrata dal misterioso Kosta. Questi, in cambio della somma necessaria all’operazione del bambino, gli chiede di uccidere un “cattivo”, che è però padre di una compagna del piccolo Nemanja. Eseguito il compito, il pagatore scompare e il protagonista lo cerca, mentre il mondo intorno a lui crolla.
I primi due film hanno diverse cose in comune, partendo dalla città di Belgrado e dall’impellente bisogno di soldi che smuove tutto: due oneste e brave persone che diventano criminali e non sanno più uscire da un vicolo cieco, l’importanza della famiglia e dei figli, l’assassino e le vittime sono contigue e si conoscono.
I protagonisti del corale “Krugovi – Circles” (2013) cercano di liberarsi dal cerchio del rancore (mentre la struttura con tre storie che si incrociano sottolinea l’inestricabilità dei destini) per ricominciare una nuova vita. Le vicende si svolgono nel 2005 ma solo legate a un fatto di sangue accaduto a Trebinje nel 1993, quando un gruppo di soldati serbi aggredì un edicolante musulmano. I sopravvissuti, tranne chi era troppo giovane per capire, portano con sé le conseguenze di quel momento. Ma non si può mai sapere chi ci potrà aiutare in caso di bisogno e su questo costruisce l’intreccio il regista. “Krugovi” è il film più complesso come incastri e dai propositi più ottimisti, i personaggi hanno in qualche modo imparato qualcosa dai fatti del passato e sono forse disposti ad andare incontro agli altri.
Il quarto lungometraggio di Golubović è il recente “Otac – Father”, presentato all’ultimo Festival di Berlino, dove è stato premiato nella sezione Panorama, una sorta di dramma sociale che può ricordare anche Ken Loach, con un individuo a lottare da solo contro il sistema. Nel prologo molto forte e drammatico Biljana, in compagnia dei due figli, si dà fuoco ai cancelli della fabbrica che aveva licenziato il marito e non gli aveva pagato gli arretrati. I servizi sociali si prendono in carico i ragazzi, così il padre Nikola, che si vede respinta la richiesta di riavere i propri figli in quanto la sua famiglia è troppo povera, parte a piedi da Priboj, nel sudovest del Paese, verso Belgrado che dista circa 300 chilometri per sollecitare l’intervento del ministro. Un film essenziale e toccante sulla tenacia e la dignità di un padre disoccupato che non si arrende e vuole riavere i figli e non trova neanche la solidarietà dei vicini di casa.