A pezzi

Il governo sloveno ha cominciato a perdere i suoi primi pezzi. Qualche settimana fa se n’è andata la ministra per le Autonomie locali Zlata Ploštajner, mentre a fine anno potrebbe uscire di scena anche il ministro della Sanità Borut Miklavčič

29/10/2009, Stefano Lusa - Capodistria

A-pezzi1

Delle dimissioni della ministra per le Autonomie locali Zlata Ploštajner si vociferava da tempo. I maligni dicevano che ci fossero delle forti divergenze con Mitja Gaspari, il potente ministro senza portafoglio per lo Sviluppo e le questioni europee. Per molti proprio Gaspari sarebbe una sorta di eminenza grigia di questo esecutivo.

La Ploštajner ha motivato la sua decisione dicendo che usciva di scena per ragioni personali. In sintesi dietro ci sarebbero motivi di salute. La ministra, però, ha anche aggiunto di voler lasciare l’incarico a qualcuno con più forza fisica e politica.

Era stata uno dei candidati che aveva riscosso maggior successo al momento della formazione del nuovo governo. Quando aveva presentato il suo programma di lavoro, persino dalle fila dell’opposizione, era arrivata la considerazione che si trattava della persona giusta al posto giusto.

In un anno non si è praticamente vista sui giornali, ma avrebbe contribuito a rendere più efficace l’afflusso di fondi europei in Slovenia. Il paese dal 2005 avrebbe versato più soldi nelle casse dell’Unione europea di quanti riuscisse ad ottenerne. In questi mesi il trend s’era invertito. Ora spetterà al suo successore continuare su questa strada.

L’opposizione ha letto le dimissioni come l’ennesimo segno della crisi in cui si dibatte l’esecutivo di centrosinistra e ha chiesto la costituzione di un governo tecnico. Il premier Pahor, invece, si è affrettato a sostituire la Ploštajner.

L’operazione come al solito non è stata indolore per la maggioranza. Questa volta, però, la baruffa non si è scatenata tra le diverse forze politiche, ma all’interno del partito dei pensionati (Desus). La Ploštajner, infatti, era in quota al Desus. Spettava a loro, quindi, indicare il nome del suo successore.

Dal cilindro è uscito un illustre sconosciuto, tanto ignoto che il premier Borut Pahor ha persino fatto fatica a pronunciare correttamente il suo cognome al momento dell’annuncio. L’incarico è andato a Henrik Gjerkeš, un quarantaquattrenne proveniente dall’Oltremura.

Come ha precisato il presidente del Desus, Karl Erjavec, sarebbe stato scelto per le sue competenze e non per i suoi legami familiari (sua madre è vicepresidente del partito). L’operazione non è piaciuta al capogruppo alla camera della compagine Franc Žnidaršič e nemmeno al deputato Vili Resman, che hanno annunciato che non avrebbero votato per la nomina di Gjerkeš.

La tensione all’interno del Desus è salita alle stelle. I due franchi tiratori, comunque, non rischiavano di compromettere l’esito del voto alla camera. Gli strali del presidente Erjavec si sono concentrati soprattutto contro Rezman. Quest’ultimo, eletto come indipendente sulle liste del partito dei pensionati, del resto, aveva già guidato una fronda interna al partito al momento della costituzione del nuovo governo.

Senza il Desus il centrosinistra non aveva i numeri per andare al governo. All’epoca Erjavec avrebbe voluto occupare la poltrona di un ministero "importante". La sua aspirazione era stata però bloccata dai dubbi degli altri partner della coalizione. A quel punto i deputati del Desus avevano dato chiaramente ad intendere che volevano far parte della nuova maggioranza e quindi Erjavec si dovette accontentare di occupare la poltrona meno prestigiosa di ministro dell’Ambiente.

Dall’esecutivo tra breve potrebbe accomiatarsi anche il ministro della Salute, Borut Miklavčič. Il governo – ha detto – ha bisogno di una persona che lavori 12 ore al giorno. Lui deve limitarsi a restare al suo posto solo per 4 ore per ragioni di salute. Appassionato subacqueo, il ministro, quest’estate, era stato colpito da un ictus, mentre si trovava in vacanza sulla costa dalmata.

In questo periodo ha lavorato ad una radicale riforma della sanità pubblica in Slovenia. Si tratterebbe di adeguare il servizio ai trend d’invecchiamento della popolazione e di far fronte a quelle che sono considerate le nuove esigenze del settore. Il comparto costa molto allo stato. Negli ospedali ci sono 4,67 posti letto ogni 1000 abitanti e 238 medici ogni 100.000 residenti.

Così com’è il sistema sembra, comunque, funzionare alquanto bene, anche se non mancano tempi d’attesa, che in alcuni casi sembrano eccessivi. Ora si vorrebbe razionalizzare. Tra le novità per i lavoratori si prospetta anche una riduzione degli indennizzi per le assenza causate da malattie. I sindacati hanno subito detto che non se ne parla nemmeno. Bisognerà vedere poi quanto terranno duro.

D’altra parte c’è anche da far fronte alla protesta dei medici della mutua. Una parte di essi non è assunta dalle USL, ma opera in appalto. Gli indennizzi sarebbero troppo bassi ed ora minacciano di chiudere i battenti dei loro studi.

Commenta e condividi

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta