Universiadi, l’ora di Belgrado

Si apre il 1° luglio a Belgrado la 25° edizione dell’Universiade, competizione sportiva in cui si sfidano gli studenti delle università di tutto il mondo. Obiettivo: "trasmettere una buona immagine della Serbia nel mondo" attraverso lo sport, anche se non manca qualche polemica

30/06/2009, Marco Abram - Belgrado

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Universiade "Belgrado 2009", la mascotte

Belgrado si appresta ad ospitare la 25° edizione dell’Universiade, la competizione sportiva a scadenza biennale in cui si sfidano gli studenti delle università di tutto il mondo. Mercoledì 1 luglio alla Beogradska Arena 20.000 persone assisteranno alla cerimonia d’apertura dei giochi che vedranno impegnati gli atleti per i dodici giorni successivi.

Nonostante le grosse difficoltà che hanno caratterizzato i mesi di preparazione a Belgrado sembra tutto pronto. In Serbia sono arrivati i 9.000 atleti, provenienti da 140 diversi paesi, che saranno impegnati in 15 sport suddivisi in 208 discipline. Oltre ad essi in città sono affluiti sostenitori e giornalisti, mentre già da diversi giorni è facile incontrare qualcuno dei 10.000 volontari, provenienti da diversi paesi del mondo, impegnati nell’organizzazione.

Da molto tempo Belgrado cercava di aggiudicarsi una grande manifestazione sportiva a carattere internazionale. Dopo aver ospitato negli scorsi anni eventi legati a singole discipline, come gli europei di pallanuoto, pallavolo e basket, la capitale serba ha visto accettata la propria candidatura, in corsa contro quelle di Monterrey (Messico) e Poznań (Polonia). C’è stata quindi grande attesa per quella che, nonostante la grande tradizione sportiva di un paese come la Jugoslavia, sarà la maggiore manifestazione di questo tipo nella storia della città. Nebojša Ilić, presidente del Comitato Esecutivo per l’Universiade, in un’ intervista a Danas non ha nascosto il proprio entusiasmo promettendo: " Credetemi, l’olimpiade studentesca di quest’anno sarà da ogni punto di vista più vasta dei giochi olimpici invernali di Sarajevo nel 1984".

In realtà, a dispetto della denominazione ufficiale, non si tratterà di un evento che riguarderà esclusivamente Belgrado, ma vedrà coinvolti alcuni altri centri non distanti dalla capitale, come Inđija, Novi Sad, Obrenovac, Pančevo, Smederevo, Vršac e Zrenjanin, che ospiteranno diverse competizioni. Si è spesso sottolineato, negli ultimi mesi, come l’Univerzijada rappresenti un evento importante non solo per Belgrado, ma per tutta la Serbia. Tuttavia tale decentralizzazione è stata più che altro una scelta obbligata legata alle difficoltà economiche che hanno rischiato di impedire la realizzazione dell’evento.

Sugli entusiasmi per l’assegnazione si è infatti abbattuta la crisi mondiale che ha inevitabilmente avuto un forte impatto sulle prospettive della manifestazione, fino a farne ventilare lo spostamento in altra sede. Le contromisure adottate, pur permettendo di evitare tale possibilità, ne hanno comunque determinato un generale ridimensionamento. Con un budget più che dimezzato si è dovuto prestare particolare attenzione agli investimenti ed alle spese: conseguenza diretta ne è stata, ad esempio, la rinuncia allo stadio della Stella Rossa come sede della cerimonia d’apertura. Anche la scelta dei due sport opzionali, che da regolamento vengono decisi dal paese ospitante, è dipesa da calcoli economici e non ha mancato di determinare proteste. Sono infatti stati scelti tiro con l’arco e taekwondo, che potevano contare sul supporto economico dalle rispettive federazioni, mentre sono stati esclusi sport molto popolari, come la pallamano, ma decisamente più dispendiosi dal punto di vista organizzativo.

Come di consueto in queste occasioni gli investimenti, provenienti dalle casse dello stato (50%), dalla città di Belgrado (30%) e dalla Provincia della Vojvodina (20%), sono stati considerati un utile ritorno in termini strutturali per il territorio. In primo luogo con la ricostruzione di circa sessanta impianti sportivi che rimarranno ai cittadini e potranno costituire un importante incentivo allo sviluppo dello sport in Serbia, e poi con la realizzazione dell’imponente villaggio olimpico universitario, soprannominato "Belville", formato da 14 edifici e provvisto di 2000 appartamenti, già venduti ai belgradesi nei mesi scorsi.

La crisi economica, tuttavia, non ha rappresentato l’unico problema di carattere internazionali con cui gli organizzatori hanno dovuto fare i conti. La concentrazione in città di individui provenienti da ogni parte del pianeta si è tramutata in un possibile problema di salute pubblica per la diffusione dell’epidemia di virus H1N1. Gli organizzatori, con il supporto dell’Accademia militare di medicina, hanno predisposto procedure ben precise, implementato i servizi d’informazione ed i controlli, allo scopo di tutelare al massimo la salute degli atleti, dei volontari e dei cittadini. Naturalmente sarà in particolare all’interno del villaggio olimpico internazionale che la situazione verrà tenuta sotto stretto controllo. Più che contro un pericolo reale, si è dovuto lavorare per evitare il diffondersi incontrollato di paure e timori, accentuati dalle notizie sui primi casi di contagio nel paese, che potrebbero minacciare il successo dell’evento.

Tali difficoltà hanno quindi reso più complessa quella che è stata presentata e percepita come una prova importante per l’immagine di Belgrado e della Serbia in generale. Gli sforzi e l’impegno, che hanno implicato grandi investimenti di risorse in termini economici e strutturali, hanno comunque portato a risultati soddisfacenti. Mentre solamente tre mesi fa si parlava perfino di una possibile rinuncia ad ospitare la competizione, in occasione dell’apertura del villaggio il sindaco Đilas ha potuto affermare: "Abbiamo dimostrato che nulla ci è impossibile se davvero lo vogliamo".

Per questa occasione, quindi, Belgrado ha smesso i panni quotidiani, vestendosi a festa. L’organizzazione turistica locale si è impegnata a fondo per presentare e promuovere l’immagine della città, sono stati aperti numerosi centri informativi, ideati gadget e souvenir, organizzati tour di visite, eventi e offerte di intrattenimento paralleli. La dichiarata intenzione è quella di sfruttare il palcoscenico mondiale per far conoscere e valorizzare cultura e costumi del popolo serbo.

"Trasmettere una buona immagine della Serbia nel mondo", è stato questo il costante ritornello che si è sentito ripetere da politici e organizzatori di fronte alla grande spesa di denaro e di energie investite in questa Universiade. Da diverse parti si sono però levate voci di critica nei confronti dell’evento ed alcune espressioni della società hanno annunciato di voler sfruttare l’occasione per mettere in evidenza determinati problemi del paese. Una prima protesta è stata annunciata per il giorno d’apertura proprio dagli studenti universitari, in lotta per la riduzione delle tasse d’iscrizione, per il diritto allo studio e critici di fronte al sistema di priorità in termini di investimenti del governo.

In questi giorni sta riemergendo, inoltre, il problema dei rom che vivono a Novi Beograd e nei pressi del villaggio universitario. La settimana scorsa uno degli abitati è stato circondato da un reticolato, alto due metri e coperto di manifesti pubblicitari, sui due lati che danno rispettivamente sul villaggio olimpico e sulla sua via d’accesso. Contro questa provvedimento, pensato per tutta la durata della manifestazione, sono già state organizzate alcune prime proteste da parte del mondo dell’associazionismo non governativo impegnato nella tutela dei diritti umani. Si critica con forza il tentativo di nascondere "i panni sporchi" della città di fronte al mondo, continuando tuttavia a non fare nulla per risolvere i problemi.

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