Serbia: proteste contro lo sfruttamento sfrenato del suolo

L’azienda cinese che gestisce la miniera di Majdanpek, in Serbia orientale, ha iniziato a minare i fianchi del monte Starica, simbolo della città. Nonostante le assicurazioni della società e delle istituzioni, i cittadini protestano e chiedono trasparenza e rispetto per l’ambiente

21/07/2022, Jelena Đukić Pejić - Majdanpek

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Nella miniera di Majdanpek - © costinm/Shutterstock

(Originariamente pubblicato dalla Deutsche Welle, il primo luglio 2022)

A Majdanpek le sirene d’allarme e le esplosioni sono ormai diventate parte integrante della quotidianità a causa della frenetica attività estrattiva nella miniera di oro e rame, situata nelle immediate vicinanze del centro abitato, gestita dal 2018 dall’azienda cinese Zijin.

Nonostante la miniera di Majdanpek rappresenti il principale motore dell’economia locale, dando lavoro ad un quarto della popolazione, gli abitanti di Majdanpek temono le conseguenze di un’eventuale espansione della miniera, timore del tutto legittimo considerando che all’inizio di giugno di quest’anno l’azienda Zijin ha iniziato a minare il monte Starica che sovrasta la città.

“La decisione di minare lo Starica è stata un vero shock” – spiega uno degli abitanti di Majdanpek – “le pietre sono letteralmente piovute dall’alto, a ridosso delle case. Operazioni del genere non possono che peggiorare le condizioni in cui viviamo”.

Nel tentativo di scongiurare ulteriori interventi invasivi sul monte Starica, alcuni attivisti e cittadini di Majdanpek hanno deciso di protestare e ormai da settimane vivono accampati in cima alla montagna.

Dove finisce la miniera?

La cima del monte Starica è raggiungibile percorrendo uno stretto sentiero immerso nel bosco. Il percorso dura circa un’ora e mezza ed è molto piacevole – si cammina accompagnati dal canto degli uccelli e dal fruscio delle foglie – ma tutt’altro che facile, trattandosi di una salita piuttosto ripida.

Arrivati in cima ci imbattiamo nell’accampamento dei manifestanti, costituito da alcune tende, le bandiere che sventolano tra gli alberi, i sacchetti pieni di cibo appesi ai rami per proteggerli dagli animali selvatici. Dalla cima si apre una vista al contempo affascinante e agghiacciante: in fondo alla valle si scorge la cittadina di Majdanpek, completamente circondata dalla miniera, mentre il sentiero appena sotto la cima è invaso da ruspe e camion.

“Non avevamo altra scelta”, afferma Vladimir Božić, rappresentante del gruppo di cittadini che ha organizzato la protesta, e aggiunge: “Il nostro obiettivo è quello di stabilire finalmente dove esattamente finisce la miniera, perché se [Zijin] dovesse continuare a usurpare l’ambiente con il pretesto di voler garantire la nostra sicurezza, non mi stupirei se a breve cominciassero a scavare anche nella mia camera da letto“.

Da metà giugno, quando è iniziata la protesta, Božić vive accampato sulla cima del monte Starica. Stando alle sue parole, i cittadini di Majdanpek sono molto legati a questa montagna che, come anche la miniera, rappresenta un elemento imprescindibile del paesaggio locale. È logico quindi che i cittadini siano preoccupati del fatto che la Zijin abbia intensificato le operazioni che danneggiano la montagna, producendo esplosioni talmente forti da far piovere sassi e pietre sul centro abitato, senza nemmeno spiegare ai cittadini il vero motivo alla base di tali interventi.

“I cittadini di Majdanpek hanno sempre convissuto con la miniera, la miniera è parte integrante della nostra vita. Trovo però inaccettabile che la popolazione sia tenuta all’oscuro di quanto sta accadendo, credo che meritiamo di sapere la verità”, afferma Božić ricordando il caso del complesso minerario di Bor, dove molti villaggi situati nelle immediate vicinanze delle miniere di rame, anch’esse gestite dall’azienda Zijin, si stanno spopolando proprio a causa dello sfruttamento sfrenato del suolo messo in atto dall’azienda cinese.

Denunce e controdenunce

Mentre parliamo con Vladimir Božić, arriva la polizia. Così scopriamo che l’azienda Zijin ha sporto denuncia contro i manifestanti accampati sulla cima del monte, accusandoli di “voler ostacolare i dipendenti dell’azienda nello svolgimento del loro lavoro”. La polizia ha effettuato una meticolosa perquisizione dell’intero accampamento, chiedendo a tutti i presenti, compresi i giornalisti della Deutsche Welle, di esibire un documento di identità, dopodiché uno dei manifestanti, Predrag Brandušanović, membro dell’organizzazione “Evropski Majdanpek“, ha sporto denuncia contro l’azienda Zijin, accusandola di “aver messo a rischio l’incolumità delle persone accampate“ sul monte Starica.

Brandušanović, che partecipa alla protesta sin dall’inizio, spiega che molte incognite e problemi legati alla gestione della miniera lo hanno spinto a diffidare della Zijin, soprattutto perché le esplosioni con cui è stata abbattuta una parte del monte sono state provocate su un terreno che non è mai stato dato in concessione all’azienda cinese.

“Sul sito dell’Istituto geodetico serbo c’è scritto che la parcella n. 624/1 è di proprietà dello stato e che quest’ultimo l’ha affidata in gestione all’azienda pubblica Srbijašume [aziende forestale serba]. Non c’è scritto da nessuna parte che la Zijin abbia ottenuto in concessione la parcella in questione. Quando ce ne siamo resi conto, abbiamo capito che solo assumendo una chiara presa di posizione potevamo porre un freno alla distruzione della montagna, e quindi insieme ai ragazzi che ora sono accampati in cima abbiamo deciso di difendere con i propri corpi la cresta del monte per evitare che venisse ulteriormente devastata“, spiega Brandušanović.

La prima miniera sostenibile in Serbia?

Scesi dal monte Starica, ci siamo recati nell’ufficio del direttore della miniera di Majdanpek Jian He Juan. Davanti ad una tazzina di tè cinese a base di semi di zucca e girasole, Juan ci spiega che, da quando la Zijin ha preso in gestione la miniera, sono stati assunti 900 nuovi lavoratori e sono stati investiti oltre 700 milioni di dollari nella modernizzazione della struttura, dando così un importante contributo alla crescita dell’occupazione e dell’economia locale. Oltre ai due cantieri minerari in superficie che costituiscono la miniera di oro e rame di Majdanpek, Zijin gestisce anche le miniere di Bor, Novo Cerovo e Jama.

Alla nostra domanda sul perché abbiano deciso di minare il monte Starica, Juan risponde che l’obiettivo di tali interventi è quello di mettere in sicurezza alcune parti del sito minerario.

“Per quanto riguarda il cantiere settentrionale, gli interventi messi in atto negli anni Ottanta e alcune decisioni sbagliate della dirigenza di allora hanno causato grossi problemi. Si sono creati un’enorme fessura e un grande lago in cui si accumula acqua acida. Vogliamo risolvere questi problemi”, spiega Juan.

Il direttore sottolinea poi che tutte le miniere della Zijin sono gestite allo stesso modo: una volta terminate le attività estrattive, si cerca di ripristinare lo stato originario del terreno e di renderlo più verde piantandovi alberi. Stando alle sue parole, l’obiettivo dell’azienda è quello di trasformare Majdanpek nella prima “miniera verde” della Serbia, che vanterà anche un orto botanico nell’area attualmente occupata dalla discarica di materiali di scarto della miniera. Secondo Juan, tale modello di gestione delle miniere è stato già applicato in Cina. Quanto ai tempi necessari per la trasformazione “verde” della miniera di Majdanpek, Juan crede che i primi risultati inizieranno ad arrivare tra cinque anni.

Se tutto questo è vero, allora perché gli attivisti protestano in cima al monte Starica?

“Non ne ho la più pallida idea”, risponde Juan, aggiungendo che recentemente la Zijin ha organizzato una giornata delle porte aperte durante la quale i cittadini di Majdanpek hanno potuto informarsi su tutte le attività in corso. Commentando la questione della proprietà del terreno su cui si sono verificate le esplosioni, Juan spiega che l’azienda dispone di tutte le autorizzazioni necessarie per i lavori che sta eseguendo.

Per il ministero tutto è regolare

Interpellato dai giornalisti della Deutsche Welle in merito alla gestione della miniera di Majdanpek, il ministero delle Miniere ha affermato che la Zijin ha ottenuto tutti i permessi necessari e che le autorità competenti, compreso l’ispettorato geologico e delle miniere, sono state informate in tempo di tutte le attività previste. Secondo il ministero, gli ispettori, dopo aver effettuato una valutazione dei rischi, hanno “chiesto a Zijin di procedere tempestivamente all’eliminazione del bosco e delle erbacce, nonché al risanamento di una massa rocciosa fratturata all’interno del cantiere settentrionale, con il consenso del titolare del diritto di superficie, ossia dell’azienda Srbijašume“.

“Il sopralluogo è stato effettuato da ispettori geologici e minerari che nella parte nordest della miniera di superficie, in fondo alla strada di accesso alla miniera, hanno identificato una scarpata molto ripida, quasi verticale, creatasi come conseguenza degli interventi effettuati in passato. Inoltre, sono state rilevate diverse fessure orizzontali, verticali e diagonali all’interno della massa rocciosa, mentre la pendenza della scarpata, alta 130 metri, è di 51 gradi, un valore molto superiore al massimo consentito dalla legge”, ha precisato il ministero, aggiungendo di aver richiesto un ulteriore sopralluogo, tuttora in corso, per verificare se le attività di risanamento vengano eseguite in conformità a quanto previsto dal progetto.

Un invito al dialogo

Predrag Brandušanović di “Evropski Majdanpek“ diffida però anche delle promesse del ministero, temendo che Zijin voglia sfruttare ogni centimetro del terreno ricco di minerali, per poi semplicemente andarsene.

Evidentemente, uno dei problemi riguarda la scarsa comunicazione tra la Zijin e la popolazione locale. Lo conferma anche Slaviša Božinović, vicepresidente del consiglio comunale di Majdanpek, lamentando la riluttanza dell’azienda a coinvolgere nell’intero processo anche l’amministrazione comunale.

“Ritengo che l’amministrazione comunale debba avere voce in capitolo, perché in fin dei conti si tratta di interventi effettuati sul territorio del comune di Majdanpek. Credo che dobbiamo dialogare e che entrambe le parti debbano esporre i propri argomenti in modo da poter chiarire alcuni punti problematici, soprattutto quelli che preoccupano i cittadini, che temono che la distruzione del monte Starica possa mettere a rischio la città“, afferma Slaviša Božinović.

Nel frattempo, la quotidianità dei cittadini di Majdanpek continua ad essere contrassegnata da sirene, esplosioni e piogge di pietre. Alcuni sostengono di aver sentito dire che i più grandi giacimenti di oro e rame si trovano proprio sotto la città, quindi sono preoccupati della possibilità di dover abbandonare le proprie case, come accaduto a molti abitanti dei villaggi nell’area di Bor.

I cittadini di Majdanpek denunciano anche di essere tenuti all’oscuro dell’intera vicenda, precisando che tutte le informazioni di cui attualmente dispongono sull’argomento le hanno apprese dai media o sui social network. Se devono andarsene da Majdanpek, dicono, preferirebbero che qualcuno glielo dicesse il prima possibile.

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