Scambi letterari

Il mercato dei libri in ex-Jugoslavia sembra essere il più chiuso: la maggioranza delle pubblicazioni croate è introvabile nelle librerie in Serbia, e viceversa. Politici e istituzioni si comportano come se questo tipo di collaborazione letteraria post YU non gli portasse alcun vantaggio

30/12/2008, Redazione -

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Ivana Milanović, Vreme, 11 dicembre 2008, (tit.orig. Ko se tamo čita)
Traduzione per Osservatorio Balcani: Maria Elena Franco

Alla promozione avvenuta la prima domenica di dicembre nel centro culturale Rex, lo scrittore belgradese Predrag Crnković ha presentato il suo romanzo "Belgrado per i defunti" (Beograd za pokojnike), vincitore del premio per il miglior romanzo inedito del 2008 al concorso della casa editrice V.B.Z e Stampa di Zagabria. Predrag Crnković è scrittore di racconti, alcuni dei quali sono stati premiati in Serbia, autore di saggi, critico letterario, scandinavista, scrive in più lingue, ma è poco conosciuto al pubblico odierno. In Serbia i suoi libri non sono pubblicati né si possono trovare nelle librerie. E oltre al fatto che il premiato "Belgrado per defunti" è già in vendita in Croazia, da poco è anche uscito il suo primo libro "Le donne di Zvezdara" (Čarapanke sa Zvezdare), prima opera della nuovissima edizione Knjigomat, sempre della casa editrice croata. A questo punto, è diventata ancor più importante la questione del significato e del contenuto degli "incontri letterari" tra i due vicini di vecchia data.

Compagne

Per quanto volessimo separare la sfera della letteratura da quella della politica, si deve riconoscere che, nonostante tutto, continuano ad essere compagne. Si aiutano a vicenda e si lasciano l’un l’altra eredità alterate. Così, ad esempio, invece di aspettarsi che gli stati, dopo quasi quindici anni e dopo le guerre passate, costruiscano tranquillamente dei ponti almeno a livello di scambi letterari, nella realtà in Serbia questa funzione è svolta ancora da case editrici indipendenti. D’altro canto, ad esempio, il presidente dell’Associazione degli scrittori croati, alla Fiera del libro di Belgrado, ha affermato che gli scrittori croati non hanno motivo di venire a questa fiera in quanto non costituiscono un interesse per i lettori locali, perché i serbi non leggono la letteratura croata. Ecco perché oggi quello librario forse è il mercato più chiuso nei territori dell’ex Jugoslavia, dove, parlando in generale, più del 90% delle pubblicazioni dei libri croati è introvabile nelle librerie in Serbia e così per le pubblicazioni dei libri serbi nelle librerie in Croazia.

A colloquio con "Vreme", lo scrittore Vladimir Arsenijević, redattore della filiale serba della grande casa editrice zagabrese V.B.Z., afferma: "Se ho mai riposto qualche speranza, e per inciso non l’ho mai avuta, nel lavoro delle istituzioni, ora non ne ho proprio nessuna. In questo il governo serbo e quello croato non si differenziano di una virgola, ovvero non lavorano allo sviluppo di relazioni reciproche. Dall’altro lato, coloro con cui vale la pena comunicare erano disposti a farlo già durante gli anni ’90".

E così era iniziata: in guerriglia, in agguato, nella stretta cerchia di letterati e critici, protetti dalle malattie di nervi dei nazionalismi, con il culmine dopo la caduta di Tudjman e Milošević, con la comparsa e l’arrivo del FAK croato (Festival della Letteratura A-lternativa) a Novi Sad e Belgrado. Ed è continuata, un po’ sporadicamente e un po’ sistematicamente, con la pubblicazione dei nostri lì e dei loro qui… In questo ambito, V.B.Z. è stata l’unica casa editrice ad organizzare nello spazio dell’ex Jugoslavia un concorso – istituzione ormai dimenticata – per il romanzo inedito, a carattere regionale e pure con un premio di rilievo. Quest’anno è stato premiato Crnković, nel frattempo sono stati premiati anche scrittori della Bosnia, della Croazia, e nel 2002 un premio è andato anche al "nostro" romanzo "Argenteria per il vitello"(Escajg za teletinu) di Jelena Marković.

Coi suoi due titoli pubblicati in Croazia, Crnković afferma per "Vreme" che "la sua posizione è unica": "Non sono uno scrittore serbo che si esporta in Croazia, io sono made in Croatia, in pratica qui in Serbia sono merce importata. Come i pantaloni da cowboy tagliati in Corea. Tuttavia questi libri sono scritti in serbo. Così, sono un ospite "da entrambe le bande". Quando mi chiedono "o serbo o croato", mi viene da dire, come nell’"Introduzione in un’altra vita" (Uvodu u drugi život) di Kovač: finlandese. Per ora, in Croazia vengo pubblicizzato sulla tv HRT. In Serbia, forse, bisogna attendere qualche anno, ma dato che è salito al potere anche il Partito dei pensionati uniti, non ho motivo di preoccuparmi".

Racconti dalla Serbia

Difficile stabilire chi, dopo la dissoluzione della Jugoslavia, ha iniziato "per primo" a pubblicare l’altro. I ricordi tornano al 1994 e al "Finzionario americano" (Američkog fikcionara) di Dubravka Ugrešić, edizione pirata del Cavaliere blu. Un po’ più tardi, nel 1996 Prosveta ha pubblicato il libro di Igor Mandić "I romanzi della crisi" (Romani krize), il cui arrivo a Belgrado, a quel tempo, rimbalzò sui media. Si trattava delle critiche letterarie che scrisse negli anni ’80 come critico di NIN sui romanzi serbi e croati. Di questo libro e di Igor Mandić, oggi si può dire a ragione che sono stati i primi a rompere il ghiaccio che congelava la collaborazione letteraria di Croazia e Serbia.

L’iniziale lotta "partigiana" per qualsiasi tipo di comunicazione tra le due parti, basata soprattutto su iniziative personali, è cambiata ed è perfino diventata più seria con l’uscita di scena dei regimi degli anni ’90 e l’arrivo del FAK, di nuove forze sulla scena letteraria croata che avranno influenza anche sulla letteratura serba contemporanea. Il Festival della Letteratura A(lternativa) è stato fatto da tutti i migliori letterati croati di oggi: Zoran Ferić, Ante Tomić, Borivoj Radaković, Miljenko Jergović, Jurica Pavičić, Edo Popović, Robert Perišić…"Tutti loro si sono intrattenuti fantasticamente con il pubblico alle feste ‘letterarie’ che hanno portato ad un aumento della produzione editoriale, ma anche dell’interesse del pubblico", ha affermato uno dei fondatori del FAK Kruno Lokotar. Subito dopo l’anno di svolta, nel 2001, FAK è stato ospite a Novi Sad, e l’anno successivo a Belgrado.

"Il FAK ha rappresentato un elemento di novità proveniente dalla Croazia, simbolo di una buona comunicazione", afferma per "Vreme" Vladimir Arsenijević. "Nel gruppo FAK leggevamo Zoran Ćirić, Zvonko Karanović, Bora Ćosić, Basara, e i miei libri… Questo è stato anche l’entusiasmo iniziale dopo un anno di mancanza di comunicazione, ci sono stati anche nuovi contatti e un’ottima conoscenza reciproca. Credo che la letteratura croata abbia avuto anche un’influenza sulla terribile atmosfera di abbandono che si era creata nella letteratura serba. L’ha rinfrescata offrendo più temi e svariate possibilità di scrittura alle giovani generazioni di scrittori che ora si stanno facendo avanti, che non avevano spazio in mezzo alla vecchia guardia di letterati che hanno scritto libri terribilmente noiosi.

A quel tempo, a Belgrado nasceva una nuova casa editrice, Rende, che per prima ha iniziato con la pubblicazione sistematica di autori croati. Oltre a questa, Fabrika Libri di Dragan Ilić, altra casa editrice che sistematicamente segue le opere degli scrittori croati. "Abbiamo iniziato con l’edizione Ledilomac", dichiara Vladimir Arsenijević, per anni redattore di Rende, "perché sentivamo che i tempi stavano cambiando e pensavamo che questi cambiamenti sarebbero stati molto più veloci e profondi di quanto si sono rivelati. Ritenevamo che il collegamento regionale fosse decisamente più urgente, che fosse necessario introdurre autori di qua oppure portarli di là, e creare una comunicazione che fosse possibile per una piccola casa editrice. La nostra motivazione era più idealistica che non di mercato, e penso che nella prima ondata di pubblicazioni di libri croati in Serbia la motivazione fosse uguale per tutti, perché ci lavoravano piccoli editori indipendenti." La situazione di oggi non è diversa, Rende e Fabrika Libri continuano ad essere le principali case che pubblicano autori croati, a volte lo fa anche L.O.M. di Flavio Rigonati, e molto raramente succede che grandi case editrici abbiano una simile iniziativa, come, ad esempio, la Prometej di Novi Sad quando ha pubblicato il romanzo hit di Ante Tomic "Cos’è un uomo senza baffi" (Što je muškarac bez brkova ). Anche se la produzione di libri croati nel mercato serbo è sempre dipesa da qualche editore indipendente e dall’interessamento di un pubblico di lettori quasi incoraggiato dalla sorpresa per il fatto che gli autori siano croati. Così oggi Jergović, Drakulić, Ugrešić, Dežulović, Rudan, Perišić sono già scrittori affermati in Serbia. "Bisogna considerare il fatto che la letteratura croata è al passo coi tempi, che è più contemporanea, comunicativa e divertente di quella serba, ma se questo vale per singoli autori, allora significa che anche Albahari dovrebbe essere considerato non solo dalla critica, ma anche dai lettori croati. Invece, questo di regola non accade, e ora io mi chiedo quale sarà il primo autore serbo che avrà altrettanto successo in Croazia " afferma Arsenijević.

Racconti sulla Croazia

Non tutti i ricordi combaciano completamente, ma l’origine della collaborazione letteraria serbo-croata è legata ad una polemica della metà degli anni ’90 tra gli intellettuali croati Igor Mandić e Stanko Lasić. Di questa polemica si è ricordata a lungo la cinica dichiarazione di Lasić per cui la letteratura serba non avrebbe più dovuto suscitare grande interesse tra il pubblico croato, e in base al livello di interessamento si sarebbe dovuta mettere allo stesso livello della letteratura bulgara. Al tempo la rivista zagabrese Arkzin rigirò la sua dichiarazione e, nell’ambito della sua biblioteca Bastard propose l’edizione Bulgarica. Il primo romanzo (contemporaneo) di un autore serbo pubblicato in Croazia dopo la guerra comparve proprio in questa edizione Bulgarica di Arkzin: "L’esca" (Mamac) di David Albahari, nel 1997. Stessa edizione, nel 1998, "Sottocoperta" (U potpalublju) di Arsenijević. Tra gli editori croati, Arkzin fu il primo a muoversi controcorrente, con l’idea di opporre resistenza alla politica di Tudjman. Stampare autori serbi in lingua "originale" senza tradurli, violava la legge in vigore al tempo in Croazia. In effetti i libri di scrittori serbi allora erano davvero pochi, ancor meno quelli in distribuzione, e non hanno provocato nessuna reazione se non dal pubblico letterario delle zone più meridionali. L’ultima opera serba pubblicata da Arkzin e vincitrice del concorso regionale di Bulgarica è stata "Questo sarebbe potuto essere il vostro giorno fortunato" (Ovo bi mogao biti vaš srećan dan) di Mileta Podranović, nel 1999.

Tra le prime edizioni si ricorda anche la pubblicazione del Feral Tribune di Danilo Kiš, o "Terra maledetta" (Ukleta zemlja) di Svetislav Basar, scrittore che ha sempre suscitato grande interesse in Croazia… A partire dal FAK le cose iniziano a farsi, però, più serie. In Croazia la pubblicazione di autori serbi viene presa in mano da grandi case editrici, come Profil, V.B.Z., Algoritam, che pubblicano scrittori serbi contemporanei, tra cui Vidojković, Arsenijević, Valjarević. Inoltre, V.B.Z. ha pubblicato anche due libri di autori che lavorano per "Vreme" : una raccolta di fumetti di Aleksandar Zograf comparsi su Vreme con il titolo "In gran quantità" (Tušta i tma), e una raccolta di critiche letterarie sulla scena letteraria croata, "I famosi 400km" ( Famoznih 400km) di Teofil Pančić.

La maggior parte dei titoli degli scrittori serbi, però, secondo il pensiero comune, sprofonda in qualche modo nel disinteresse del pubblico croato, oppure forse nella poca costanza degli editori che li piazzano sul mercato, così che in Croazia nessuno di loro gode dello status che hanno gli scrittori croati in Serbia. Non vi è alcuna reciprocità, è evidente, e c’è anche chi pensa che gli scrittori serbi contemporanei non abbiano un grande potenziale per divenire una hit del momento nemmeno nel loro paese, figuriamoci in Croazia! Forse Valjarević, proposto di recente, con il suo romanzo "Comò" (Komo) probabilmente potrebbe essere il primo scrittore hit in Croazia.

Facendo un bilancio dello scambio letterario, si può dire che in Serbia e in Croazia, in fondo, l’establishment si comporta come se questo tipo di collaborazione letteraria post YU non gli portasse alcun vantaggio. Per quali ragioni, corporative o politiche, alla fine non è nemmeno importante. Resta il fatto che continuano a svilupparsi in circoli alternativi e underground. Nel mercato serbo, a dire il vero, si fanno avanti anche le grandi case editrici croate con le loro filiali: ovviamente spinte dal profitto ma forse da questo potrà nascere comunque qualcosa.

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