Lo statuto

Per il Partito radicale serbo è il via libera ad una deriva come il Kosovo. Per la minoranza ungherese è un’autonomia del tutto annacquata. Lo scorso 14 dicembre è stato approvato il nuovo statuto della Vojvodina. Un’intervista

29/12/2009, Redazione -

Lo-statuto1

Vojvodina (darko_kec/flickr)

Di Philippe Humbert, Le Courrier des Balkans (tit. orig. "Serbie: la Voïvodine adopte son nouveau statut, la minorité hongroise n’est pas satisfaite", pubblicato il 15 dicembre 2009)

Con 86 voti a favore e 3 contrari il parlamento della Vojvodina ha approvato, lo scorso 14 dicembre, il suo nuovo statuto d’autonomia. Quest’ultimo prevede il rafforzamento delle competenze regionali e in particolare la possibilità di avere una rappresentanza internazionale. Chi contestava lo statuto, che non ha preso parte al voto in aula, ritiene però che questo statuto creerà "uno stato nello stato" e implicherà de facto la rinuncia della Serbia al Kosovo.

Per tutt’altri motivi si dice insoddisfatta anche la minoranza ungherese. Abbiamo incontrato Pall Sandor, presidente dell’Unione democratica degli ungheresi della Vojvodina, il primo partito ungherese fondato in Vojvodina dopo il crollo della Jugoslavia. Pall Sandor è inoltre professore di Lingua e linguistica serba presso l’università di Novi Sad. Autore di numerose pubblicazioni sulle relazioni tra Ungheria e Serbia e sui diritti delle minoranze etniche in Vojvodina, in Serbia e nell’ex Jugoslavia, è stato eletto cinque volte nel parlamento della Serbia tra il 1991 e il 2004

E’ soddisfatto del nuovo statuto di autonomia della Vojvodina?

No, per niente. E’ un’impostura. Lo Statuto della Vojvodina, secondo la costituzione del 1974 e secondo come lo intende il nostro partito, dovrebbe assomigliare al modello dei Länder tedeschi: un sistema dove esiste un parlamento e delle leggi proprie a ciascuna regione, il tutto coordinato dallo Stato. Nel nuovo statuto non è così. E’ solo una legge che garantisce il 7% delle entrate nazionali della Serbia. Ma noi, la Vojvodina, realizziamo il 43% di quelle entrate. I Länder in Germania raccolgono delle tasse che loro stessi decidono e che non passano per le casse statali, ma sono gestite direttamente dai Länder. Ad esempio la Baviera incassa un’imposta sulla birra, un altro Land una tassa sulla circolazione delle automobili, e via dicendo… ma niente di tutto questo finisce nelle casse statali. Qui invece tutto quello che la Vojvodina riesce a toccare è il 7% delle entrate.

Dal punto di vista degli ungheresi della Vojvodina la questione dell’autonomia è una questione sulla quale stanno decidendo solo i serbi. Non ha nulla a che vedere con il carattere multietnico della regione, perché quest’ultima è popolata per il 75% da serbi. Quest’accordo dipende in particolar modo dagli accordi tra i serbi di Novi Sad e quelli di Belgrado. Se tutti gli ungheresi si ritirassero dalla scena politica la Vojvodina continuerebbe a percorrere esattamente lo stesso cammino. Il Presidente del parlamento della Provincia è ungherese, ma è solo uno specchietto per le allodole. Gli ungheresi non hanno un vero peso politico. I serbi giustificano l’autonomia per la presenza di minoranze etniche, ma è solo un pretesto. Vi sarà tanta autonomia quanta i serbi decideranno essere necessaria.

L’interesse degli ungheresi in questa questione sarebbe stato quello d’ottenere un altro tipo di autonomia, sul modello, ad esempio, di quella sudtirolese per la comunità germanofona in Italia o il modello dei cantoni svizzeri: un’autonomia etnica che segue il principio territoriale. Chiediamo al potere di poter gestire autonomamente il nostro territorio senza doverci separare dallo Stato.
Ci sono dei luoghi in Vojvodina dove vivono principalmente ungheresi, ma si ritiene normale che alcuni degli altri abitanti non parlino ungherese. Noi vogliamo esclusivamente poter agire da buoni cittadini, nell’interesse dello Stato, nel gestire queste comunità. Ma la Serbia ha troppa paura di una qualsiasi secessione.

Ma sino a 90 anni fa la Vojvodina non era mai stata in alcun modo parte del territorio serbo. La provincia aveva, in epoche passate, una maggioranza di abitanti serbi, ma aveva sempre fatto parte dell’Impero Austroungarico. La Serbia teme ormai che qualcuno cerchi di separare questa regione dal resto del paese, e questa è una fobia del tutto irrazionale perché non esiste alcuna possibilità politica reale che ciò avvenga.

(…)

Servirebbe a suo avviso creare in Serbia più regioni autonome? Creare una confederazione serba?

Non so. Ma se Niš desidera una sua autonomia, che l’ottenga! Quello di cui però sono sicuro è che serve che la Serbia si regionalizzi in modo sano. Penso che un sistema "confederale" sarebbe utile nei Balcani perché risolverebbe molte questioni etniche. Se ciascun gruppo etnico otterrà un certo potere in merito al proprio destino, questo migliorerebbe le competenze politiche di ciascuno. E’ evidente.

(…)

Il Partito radicale serbo teme una separazione della Vojvodina dalla Serbia e vede questo nuovo statuto come un secondo Kosovo. Ritiene che si possano comparare le due situazioni

Non realmente. La Serbia è ormai un paese asimmetrico: da una parte vi è una grande provincia, relativamente ricca, che si trova a 10 km da Belgrado e dall’altra una provincia che non si trova più nel Paese. Nonostante quello che si desideri, il Kosovo ormai è al di fuori del territorio serbo. Che si paragoni il desiderio di autonomia della Vojvodina al Kosovo è semplicemente inaccettabile. Sono due situazioni all’opposto. Dal punto di vista storico di albanesi sono sempre stati in Kosovo, un po’ di più per alcuni, un po’ di meno per altri… ma ce ne sono sempre stati. Tant’è che noi, ungheresi e slavi, siamo arrivati dopo. Di conseguenza le argomentazioni serbe per la sovranità sul Kosovo sono dei racconti per bambini. Questo però non significa che non si avesse alcun diritto su quel territorio e che il paese non avrebbe potuto democratizzarsi dall’interno offrendo una soluzione e uno statuto interessante agli albanesi, come all’epoca di Tito. Ma il regime di Milošević ha avuto l’effetto contrario. Non si può quindi comparare lo statuto della Vojvodina alla situazione kosovara ed affermare si tratti di un primo passo verso il separatismo. E’ una fobia.

Come si sentono gli ungheresi della Vojvodina in Serbia? Risentono di discriminazioni

Se la passano male. Non avete visto? L’altro giorno sono state profanate 46 tombe nel cimitero cattolico-ungherese. Gli ungheresi sono sottoposti ad una continua pressione psicologica che io chiamo il "psico-t[]e". Esiste un conflitto di bassa intensità su tutto il territorio della Vojvodina. Certo, ciò non significa che abbiamo a che fare con dei bagni di sangue, ma assistiamo frequentemente ad atti di violenza.

(…)

Queste provocazioni sono attuali?

Come no! Basti pensare al fatto dell’altro giorno al cimitero. Inoltre tutti questi fatti vengono imputati a questioni di alcol e non a provocazioni nei confronti della comunità ungherese. Il giudice tende a non riconoscere un conflitto etnico, ma una rissa tra due ubriachi. E questo, capiamoci, non corrisponde alla realtà.

(…)

Notate l’assenza di ungheresi ai livelli alti dell’amministrazione: non ve n’è tra i capi dei commissariati di polizia, tra i presidenti dei tribunali. C’è qualche giudice ma non in modo equilibrato rispetto alla percentuale dei cittadini della Vojvodina appartenenti alla comunità ungherese. Anche all’Università di Novi Sad vi sono pochi studenti ungheresi.

Quindi lei dice che gli ungheresi della Vojvodina si sentono sempre più a disagio dopo gli anni ’90?

Sì, dopo le guerre, la situazione è andata peggiorando. Nonostante si inviassero al fronte più appartenenti alla minoranza ungherese che serbi. E’ anche per questo che circa 40.000 ungheresi sono fuggiti ai reclutamenti.

E l’accesso alle carriere statali più alte è loro reso difficile? Anche se parlano serbo?

Non ho detto questo. Vi possono accedere se si iscrivono al Partito democratico. Non se sono membri del mio.

Quali sono i legami degli ungheresi di Vojvodina con quelli d’Ungheria? Ottenete sostegno dallo stato magiaro?

Certamente, sia economico che d’altro tipo, ma per me non dovrebbe esistere, perché tutto quello che riceviamo dall’Ungheria rischia di implicare che la Serbia non debba darcelo. Dato che noi paghiamo qui le tasse, è la Serbia che deve garantirci determinati diritti, non l’Ungheria. Inoltre l’Ungheria si impegna in Vojvodina seguendo esclusivamente delle preferenze d’ordine politico. Aiutano un partito piuttosto che un altro, un progetto culturale o politico piuttosto che un altro.

L’Ungheria non ha mai pensato al concetto di nazione ma piuttosto a quello di stato. E’ per questo che gli ungheresi di Vojvodina non hanno mai avuto l’accesso alla cittadinanza ungherese nonostante il periodo in cui abbiamo sofferto l’isolamento internazionale imposto alla Serbia. E’ la decisione più catastrofica che il parlamento ungherese poteva a quei tempi prendere. Gli ungheresi ci hanno privati della nostra nazionalità quando noi avevamo diritto a pretenderla!

(…)

A partire dall’ingresso dell’Ungheria nell’Unione europea in molti dalla Vojvodina sono emigrati oltreconfine. Questo ha cambiato il messaggio politico del vostro partito?

Certamente! Abbiamo detto che non dovevamo divenire i servitori dell’Unione europea. Personalmente faccio parte degli euro-scettici, ma questo non significa niente. L’Ungheria deve mantenere la sua fisionomia in seno all’Ue. Deve pensare secondo criteri nazionali e non statali. I politici ungheresi non devono difendere solo gli interessi degli ungheresi del loro paese, ma quelli dei loro cittadini nel mondo intero.

Sul piano politico e culturale quali le relazioni tra serbi e ungheresi in Vojvodina?

(…)

Tito aveva avuto l’accortezza di nominare degli ungheresi ambasciatori, cosa non possibile nell’attuale Serbia. Ed è per questo che gli ungheresi hanno una certa nostalgia della Vojvodina jugoslava. Il problema è che le relazioni non sono più le stesse di quell’epoca. Dalla caduta del comunismo i diritti delle minoranze si sono sensibilmente ristretti. Ciononostante le relazioni culturali sono molto migliori di quelle politiche. Certo, la maggior parte delle persone non ne sa granché delle diversità culturali di questa provincia, ma gli intellettuali sono relativamente attivi e partecipano a numerosi scambi che vanno in una direzione positiva. La letteratura ungherese è molto tradotta in serbo e viceversa.

(…)

Per questo penso che la situazione sul piano culturale non è affatto catastrofica, nonostante le recenti guerre.

I partiti etnici ungheresi chiedono l’autonomia di un’area nel nord della Vojvodina. Parlate di "regione multietnica", ciononostante questa regione sarebbe guidata esclusivamente da ungheresi. Quali sono le ragioni secondo le quali giustificate la necessità di questa seconda autonomia?

Il primo criterio è evidentemente quello etnico. Quest’autonomia si giustifica per la proporzione di ungheresi in quella specifica area: dove vi è una maggioranza di ungheresi, è giusto creare un’amministrazione che difenda i loro diritti. Questo non significa che i serbi non abbiano il diritto di abitarci. Ma verrebbe previsto ad esempio il diritto dell’utilizzo della lingua ungherese nell’amministrazione, nei tribunali, nella polizia, nelle scuole. Verrebbe inoltre garantito agli ungheresi il diritto di lavorare in strutture proprie, senza doversi recare per lavorare dall’altra parte del Paese.

Quali sono gli obiettivi principali del suo partito e cosa aggiunge sul tema dello statuto?

Bisogna cambiare tutto, non si può conservare niente di questo nuovo statuto. Dobbiamo basarci sul modello dei Länder.

Cosa vorrebbe dire a quelli che hanno paura di quest’autonomia?

Che è una paura irrazionale. L’autonomia non ha nulla a che fare con i separatismi. Colui che ricerca l’autonomia riconosce la sovranità dello stato in cui vive. Occorre fermare questi continui sospetti che aleggiano sulle minoranze etniche del paese. Lasciateci dimostrare che possiamo fare qualcosa assieme!

Commenta e condividi

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta