La tutela della pace nella vallata di Presevo
I politici albanesi, il governo serbo e la comunità internazionale devono agire per fare in modo che la vicenda del Kosovo non destabilizzi la vicina Vallata di Presevo. La traduzione dell’introduzione di un nuovo report dell’International Crisis Group
Traduzione per Osservatorio: Marzia Bona
La vallata di Presevo, area a maggioranza albanese nel sud della Serbia, è un raro caso di successo registrato nella risoluzione dei conflitti in ex-Jugoslavia.
Non essendosi registrati scontri nel corso degli ultimi tre anni, sembra che la situazione vi si stia normalizzando. Ma i motivi di tensione non sono scomparsi: l’alto tasso di disoccupazione rimane il principale problema, cui si sommano, ad oscurare lo scenario politico, i dubbi riguardanti il futuro status del Kosovo. L’assetto della regione, che sarà determinato nei prossimi mesi, avrà ripercussioni profonde sulla situazione a Presevo.
All’indipendenza del Kosovo potrebbero seguire la separazione formale e la violenza su larga scala, pregiudicando così la pace nella vallata; nel peggiore dei casi, la pulizia etnica nel sud della Serbia potrebbe essere accompagnata da un consistente flusso di rifugiati da una parte all’altra del confine. Tutti gli attori coinvolti – la classe politica locale albanese, il governo serbo e la comunità internazionale – devono cooperare a stretto contatto per sviluppare l’economia della regione e assicurare che l’evoluzione della situazione in Kosovo non vanifichi i passi avanti fin qui fatti.
Nel 2001 la comunità internazionale – NATO, USA e OSCE in particolare – lavorando in stretta collaborazione con le autorità serbe, negoziò con successo la fine dell’insurrezione albanese nella vallata (l’accordo è conosciuto come l’accordo di Konculj).
Da allora, gli aiuti e gli investimenti da parte del governo serbo hanno prodotto lenti ma sostanziali miglioramenti, fra cui la formazione di governi locali multi-etnici, la creazione di un corpo di polizia congiunto serbo-albanese e lo sviluppo di media locali in lingua albanese. E’ da rilevare che, per la prima volta dal 2000, gli albanesi hanno preso parte alle elezioni nazionali, designando un loro rappresentante al parlamento serbo nel gennaio 2007.
Nonostante ciò, rimangono da realizzare passi importanti quali la riforma del sistema educativo e l’integrazione degli albanesi nel sistema giudiziario e in altri organismi pubblici.
Lo scontento persiste da entrambe le parti. Molti albanesi hanno la sensazione che la pace non abbia portato alla fine delle tensioni con le forze di sicurezza serbe, né alla prosperità promessa.
I serbi percepiscono gli albanesi come una minoranza sleale e propensa alla secessione, che minaccia continuamente la sovranità serba e quella che da sempre è considerata un’importante arteria per le rotte commerciali nord- sud. In alcuni casi gli albanesi, esercitando il potere di maggioranza recentemente acquisito, discriminano a loro volta i serbi.
I rappresentanti politici albanesi della zona chiedono di potersi unire al Kosovo, ed hanno adottato una piattaforma nella quale si prevede che le tre municipalità della valle di Presevo siano incorporate al Kosovo nel caso di una sua separazione.
Gli stessi politici che avanzano questa richiesta sono consapevoli che non si tratta di un’ipotesi realistica: Belgrado e le sue forze di sicurezza non lo permetterebbero.
Nell’eventualità in cui si scatenasse un’ondata di violenza contro i serbi in Kosovo, gli estremisti da entrambe le parti potrebbero decidere di fomentare gli scontri nella vallata; gli Albanesi nella speranza di unirsi al Kosovo o di spingere Belgrado ad accettare la separazione, i serbi col proposito di usare la copertura della violenza alle porte per avviare la pulizia etnica dell’area. In Serbia c’è chi spera in un trasferimento di popolazione fra le enclave serbe del Kosovo e il sud della Serbia.
La questione irrisolta dello status del Kosovo e la conseguente mancanza di una politica chiara e coerente da parte del governo serbo ostacolano i cambiamenti politici ed economici necessari rispetto ad alcune questioni cruciali tanto per gli albanesi che per i serbi. A seguito del normalizzarsi della situazione, l’interesse dei donatori è in calo; Belgrado vuole chiudere il mandato del Gruppo di Coordinamento (CB) incaricato di vigilare e promuovere l’implementazione dell’accordo di Konculj, e trasferire il suo mandato alle istituzioni locali regolari.
Finora, i politici albanesi e la popolazione nel sud della Serbia hanno scelto di non adottare strategie violente per ottenere l’unione con il Kosovo, ma le spinte provenienti da elementi sovversivi destano preoccupazioni.
Per conservare la pace nel difficile futuro che si prospetta, la comunità internazionale dovrà impegnarsi, facendo pressione sia su Belgrado che sui politici albanesi perché si rispettino tutti gli aspetti previsti nell’accordo di Konculj, concentrandosi sullo sviluppo economico della zona.
La delegazione del Gruppo di Contatto ( Francia, Germania, Italia, Russia, Inghilterra e Stati Uniti ) e l’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa (OSCE) devono fare pressione su entrambe le parti per impedire la violenza. Nel caso di un effettivo scoppio degli scontri in Kosovo, la missione NATO (KFOR ) dovrebbe impedire la pulizia etnica ai danni dei serbi nelle enclave kosovare, nonché lo sconfinamento di possibili rivoltosi fra Kosovo e Serbia.
Belgrado deve migliorare l’efficacia del Gruppo di Coordinamento (CB) e prolungare la sua durata fino almeno al 2010; controllare con più riguardi l’attività delle proprie forze di sicurezza; e fermare le pratiche discriminatorie nella regione per quanto riguarda l’occupazione e gli investimenti. I politici albanesi della vallata devono abbandonare il loro boicottaggio del CB, partecipare alla vita politica serba e smettere l’ostentazione provocatoria dei simboli nazionali albanesi.