Fumetti sotto le bombe

Aleksandar Zograf è diventato famoso in Italia grazie alla cronaca che scriveva durante i bombardamenti della Nato nel 1999, a seguito della quale sono poi state realizzate delle tavole a fumetti. Dieci anni dopo, Zograf racconta quel periodo

24/03/2009, Luka Zanoni -

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Dove eri e cosa hai pensato quando il 24 marzo 1999 iniziò il bombardamento della Nato?

Come molti altri, in quel momento mi trovavo a casa. Mia moglie Gordana ed io abitiamo al quinto piano di un edificio che si trova nei pressi della zona industriale di Pančevo. Si tratta di un luogo con una vista incredibile, Pančevo si trova al centro della pianura pannonica, e quindi è possibile vedere per chilometri e chilometri tutt’attorno. Per questo motivo, durante i bombardamenti, alcune équipe televisive si erano installate sul tetto del nostro palazzo (che si trova nel bel mezzo di una serie di cinque grattacieli simili) per le riprese. Oggi la sommità dell’edificio è stata trasformata in unità abitative nel sottotetto ma all’epoca era una sorta di osservatorio. Era come una grande terrazza da dove poter osservare lo "spettacolo" dei proiettili di varie dimensioni e colori che finivano dappertutto.

L’"osservazione" iniziò però solo alcuni giorni dopo, il 24 marzo eravamo rimasti a casa. In quel momento fu chiaro che la Serbia sarebbe stata bombardata, ma credevamo che gli obiettivi sarebbero stati le strutture militari e le truppe della polizia che all’epoca stazionavano in Kosovo.

Ricordo di come stupidamente parlavo con Gordana del fatto che non avessimo molti motivi per andarcene da qualche parte o per avere paura, e che si trattava di una follia che sarebbe accaduta a qualcun altro, a centinaia di chilometri dal posto in cui vivevamo. Invece, ancora prima che le sirene segnassero l’inizio del pericolo aereo, ricordo che per caso osservai attraverso la finestra della camera e vidi che una forte detonazione aveva sollevato una nuvola. Era un proiettile caduto in un quartiere di Pančevo! Per tutta la durata della campagna area, la nostra città, quasi ogni giorno, era colpita dai bombardamenti, perché era uno dei più importanti centri industriali, benché l’industria non fosse direttamente legata a prodotti di cui l’esercito avrebbe potuto usufruire.

In Italia sei diventato famoso grazie alle e-mail che inviavi durante i bombardamenti e grazie ai fumetti che hai disegnato. Come hai iniziato?

Tutto iniziò per caso. Sapevo che gli amici mi avrebbero chiesto cosa stava succedendo, ed ero in contatto con persone legate al mondo dei fumetti e a disegnatori di svariati paesi, dagli Usa a varie parti d’Europa, dell’Australia… Così, la cosa più semplice era indirizzare a varie persone un unico messaggio. Ogni giorno mandavo i messaggi, e solo dopo venni a sapere che alcuni miei amici li avevano inoltrati ad altre persone, e poi che alcune riviste e siti internet avevano iniziato a pubblicarli. All’epoca non mi era proprio venuto in mente di fare un "libro", anche se poi tutto è stato raccolto e pubblicato con la medesima copertina sia in Inghilterra che in Italia, Francia… e due anni fa in America. Chris Ware, fumettista americano, mi suggerì di rendere tutto sotto forma di fumetti. Fu così che iniziai a spedire ogni settimana una tavola intitolata "Regards from Serbia". Parecchie pubblicazioni in tutto il mondo (compresi gli Usa, dove pubblicavano i miei lavori già all’inizio degli anni Novanta) uscirono con le mie tavole, e più tardi furono pubblicate intere collezioni di fumetti. A quel tempo ero molto più concentrato su un’espressione personale e poetica del fumetto e ricordo la difficoltà di occuparmi di qualcosa così concreto come … le bombe. Ovviamente, la cosa non aveva niente di ridicolo, anche perché ad ogni esplosione pensavo che qualcuno aveva perso la vita.

Sapevi, allora, cosa stava succedendo in Kosovo?

Ascoltavamo tutti Radio Free Europe, oltre alle stazioni locali, e ovviamente sapevamo che l’esercito serbo e la polizia avevano iniziato a cacciare gli albanesi dal Kosovo. Ma, nel momento in cui devi salvare la testa, sotto la raffica di micidiali proiettili che distruggevano infrastrutture in tutta quanta la Serbia, chi mai era in grado di protestare per quello che stava accadendo agli albanesi in Kosovo, dall’altro capo del paese?

In quel periodo funzionava a malapena il servizio pubblico dei trasporti, mentre il carburante per le automobili private arrivava solo attraverso i canali del contrabbando. Era quello il momento meno opportuno per sollevarsi contro Milošević. Penso che le persone che hanno fatto quella guerra si siano perfettamente intesi su tutti i fronti, ognuno trovava la giustificazione per svolgere il proprio "lavoro", dopodiché quel meccanismo macinò il destino di molte persone. La maggioranza – maggioranza silenziosa? – era semplicemente attonita, ed io ero uno di loro.

All’epoca alcuni media indipendenti, come B92, furono chiusi, tu hai avuto qualche problema per le tue opinioni in merito a quanto stava accadendo in Kosovo?

No, non ho avuto problemi, semplicemente perché il potere serbo non era interessato ad occuparsi di cose così poco rilevanti come la voce di un disegnatore di fumetti, in un momento in cui avevano molti altri problemi da sbrigare!

Un gran numero di corrispondenti dall’estero veniva ogni giorno in Serbia, e nonostante la maggior parte di loro scrivesse cose scomode per il potere serbo, nessuno di loro fu mai toccato. Milošević non è mai stato un tiranno di tipo stalinista. Era una figura noiosa, parlava con un tono che faceva dormire, era un ex direttore di banca, che utilizzava quel meccanismo bellico in modo sbrigativo e spesso compiva azioni stupide e ridicole, e perlopiù attingeva la sua forza dalla disgrazia altrui, e a volte anche dalla disgrazia dei suoi connazionali.

La maggior parte delle sue "azioni" aveva come obiettivo l’interesse personale o quello dei suoi collaboratori, e questo non poteva durare… Gli omicidi politici compiuti da Milošević furono di numero decisamente inferiore di quanto ci si sarebbe potuti aspettare (vale a dire che se anche avesse eliminato più persone nessuno probabilmente glielo avrebbe impedito), e ordinava che si eliminassero perlopiù persone che conosceva direttamente o che avevano fatto qualcosa che a lui o alla moglie in quel momento aveva dato fastidio, forse anche in colloqui privati.

Ti sei sempre schierato contro il regime di Milošević, all’epoca pensavi che fosse lui il vero colpevole di quanto stava accadendo?

Non solo io, ma il 90% della gente che conoscevo credeva che la sua politica idiota fosse il motivo dello sfacelo in cui si trovava il paese. Io conoscevo poco i suoi elettori, la maggior parte di loro viveva in ambienti rurali… alle successive elezioni, che si tennero nel 2000, ricevette pochi voti, e quando cercò di sabotare l’esito del voto, fu organizzato uno sciopero generale e una rivolta con cui la maggioranza della popolazione gli voltò le spalle…

Oggi pensi che in qualche modo fosse necessario bombardare la Serbia per spodestare Milošević?

Mai, mai ho creduto che il bombardamento fosse "utile". Non credo nemmeno che bombardare gli Usa sarebbe una buona risposta alla loro altrettanto fallimentare politica in Iraq. Uccidere delle persone è solo uccidere delle persone.

La tua città è Pančevo e all’epoca dei bombardamenti fu pesantemente colpita. Le raffinerie bruciavano, furono registrati numerosi danni ambientali. In che modo Pančevo ricorda quel periodo? E quanti sono ancora i danni tuttora presenti?

Questa è una lunga storia, ma diciamo che oggi la maggior parte delle persone ricorda i bombardamenti come una sorta di sogno, come qualcosa di irreale. Le conseguenze invece sono reali ed è molto difficile averci a che fare. La gente deve continuare a vivere qui, perché la maggior parte degli abitanti di questa città non ha altro luogo dove andare. E anche avessero un luogo in cui andare, io sarei tra quelli che li pregherebbe di restare!

L’inquinamento prodotto dai bombardamenti, dal funzionamento di impianti industriali obsoleti prima e dopo quel periodo (qui da noi si combatte dal 1991!), ha causato malattie e morti. Per quanto ne so, alcuni dei proiettili sono ancora sepolti sotto gli impianti delle fabbriche, perché la loro rimozione è molto costosa, milioni di euro, che si desiderano invece spendere per qualcosa che si ritiene più importante… il danno maggiore è che l’industria della città non si è ripresa, nemmeno dieci anni dopo, mentre l’Europa intera ha fatto passi in avanti (chi più chi meno).

Tuttavia, continuo a credere nell’energia che possiedono le persone che vivono qua. Queste persone emanano una vitalità che in qualche modo può oltrepassare tutto. Potete sempre trovare riparo in un qualche mondo e potete disegnarlo, cantarlo, mimarlo, farne quello che volete. Quindi almeno l’arte e la creatività saranno il modo in cui salveremo le nostre anime.

Come disegneresti la Serbia dieci anni dopo i bombardamenti?

Dieci anni dopo, la situazione è un po’ migliorata rispetto ad allora, ma molte cose sono rimaste irrisolte. Oggi, la Serbia desidera definitivamente unirsi all’Europa, qualunque cosa questo significhi. Tuttavia si tratta di un processo che si sviluppa nelle nostre teste, nelle nostre teste pazze e balcaniche, e – come per i bambini – non siamo proprio sicuri di sapere quello che vogliamo, né come ottenerlo. Ma dai. Sarebbe veramente difficile disegnare tutto questo!

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