Đorđević condannato a 27 anni dal TPI dell’Aja
I giudici del Tribunale Penale Internazionale dell’Aja hanno condannato a 27 anni di reclusione l’ex capo della polizia serba Vlastimir Đorđević, giudicato colpevole di tutti i capi d’accusa emessi contro di lui, compresa la responsabilità per l’uccisione di oltre 700 civili di etnia albanese durante il conflitto della fine degli anni Novanta in Kosovo
Questo articolo è stato originariamento pubblicato dall’Institute for War and Peace Reporting (IWPR) il 25 febbraio 2011
L’ex capo della polizia serba Vlastimir Đorđević è stato giudicato colpevole dal Tribunale dell’Aja di tutti e cinque i capi d’accusa emessi contro di lui, compresa la responsabilità per l’uccisione di oltre 700 civili di etnia albanese durante il conflitto della fine degli anni Novanta in Kosovo.
I giudici l’hanno condannato a 27 anni di carcere, accreditandogli il tempo già scontato dal momento che egli si trova in arresto dal giugno 2007. Đorđević era presente in aula per la sentenza il 23 febbraio scorso, ma non ha mostrato alcuna emozione quando essa è stata letta.
Oltre all’omicidio Đorđević è stato riconosciuto colpevole di deportazione, trasferimento forzato e persecuzione di civili kosovari albanesi nel 1999.
Leggendo ad alta voce il verdetto, il presidente della Corte Kevin Parker ha detto che l’imputato è stato ritenuto responsabile per la deportazione di almeno 200.000 kosovari albanesi di 13 municipalità elencate nell’atto di accusa. Il giudice ha osservato che questa stima è "incompleta e molto cauta e la cifra reale è probabilmente molto più alta".
Il giudice ha descritto come, a partire dalla fine di marzo 1999, la polizia e le forze armate serbe si sarebbero avvicinate ad una città o ad un villaggio ed avrebbero bombardato l’area con armi pesanti, "costringendo la popolazione kosovara albanese a fuggire dalle proprie case".
"Le forze serbe, nella maggioranza dei casi la polizia, sarebbero poi entrate nell’area a piedi, solitamente dando fuoco alle case e saccheggiando beni di valore".
Successivamente le forze serbe avrebbero separato le donne e i bambini dagli uomini, e avrebbero ordinato a donne e bambini di partire per l’Albania, ha continuato il giudice. A quel punto, avrebbero ucciso tutti gli uomini, "di solito dopo averli divisi in gruppi più piccoli e aver portato ogni gruppo in un luogo isolato".
Il giudice Parker ha osservato che la difesa aveva sostenuto che i civili lasciarono il Kosovo "per molte ragioni", tra cui i combattimenti tra l’Esercito di liberazione del Kosovo, Uçk, e le forze serbe, così come i bombardamenti della NATO, le condizioni di guerra, e "deliberati movimenti della popolazione diretti dall’Uçk".
"Al contrario", ha affermato il giudice, "le prove dimostrano… che la popolazione kosovara albanese lasciò il Kosovo perché ad essa venne specificamente ordinato di farlo dalle forze serbe, o perché la condotta delle forze serbe la costrinse a partire, in particolare bombardando, sparando, uccidendo e bruciando case ed altri edifici in villaggi, paesi e città".
Egli ha inoltre rilevato che le forze serbe spesso confiscarono ai kosovari albanesi "documenti d’identità e targhe di veicoli" prima che essi attraversassero la frontiera fuori dal Kosovo.
"Se questo spostamento di kosovari albanesi fosse stato la conseguenza dei bombardamenti NATO o dei combattimenti tra l’Uçk e le forze serbe… non appare chiaro perché i profughi kosovari albanesi venissero privati dei loro documenti d’identità", ha dichiarato il giudice Parker.
Per quanto riguarda le specifiche accuse di omicidio presenti nell’atto d’accusa, egli ha affermato che la Camera ha riconosciuto l’imputato responsabile della morte di "non meno" di 724 kosovari albanesi che vennero uccisi dalle forze serbe, in molti casi dalla polizia.
"Nella grande maggioranza dei casi, le vittime, tra cui molte donne e bambini, erano civili disarmati che non stavano partecipando in alcun modo a nessuna forma di conflitto armato", ha detto il giudice Parker.
In un caso, il 26 marzo 1999, la polizia serba fece entrare con la forza in un granaio 114 uomini e ragazzi kosovari albanesi, ha detto il giudice.
"Uno degli uomini era disabile; la sua sedia a rotelle venne usata dalla polizia per bloccare una porta d’entrata", ha continuato il giudice. "Quando tutti gli uomini e i ragazzi si trovarono dentro il granaio, la polizia sparò loro con fucili automatici. La polizia versò poi sui corpi liquido incendiario, mise del mais sopra di loro e diede fuoco al granaio".
In un altro caso, anch’esso avvenuto il 26 marzo 1999, il giudice Parker ha detto che "non meno di 45 membri" di una famiglia – tra cui 32 donne e bambini – furono uccisi dalla polizia serba. In un altro paese, "le forze serbe allinearono e fucilarono 19 donne e bambini, membri di due famiglie", ha affermato il giudice, osservando che 14 di queste persone rimasero uccise.
"Sebbene cinque bambini sopravvissero all’incidente, essi riportarono gravi ferite, molte delle quali permanenti", ha continuato il giudice Parker. "Questi esempi dimostrano che la condotta [delle forze serbe, ndt.] non fosse parte di una vera operazione di polizia per localizzare ed arrestare t[]isti", come la difesa aveva asserito.
Đorđević non commise personalmente questi omicidi, ha detto il giudice, ma essi furono commessi dalle forze serbe, "molte delle quali erano forze di polizia sotto il suo comando". All’epoca, l’imputato era capo della sicurezza pubblica al ministero serbo degli Affari interni (MUP), dove egli fu anche vice ministro.
In queste posizioni, Đorđević "aveva poteri legittimi ed esercitava un efficace controllo sulla polizia in Kosovo, compresa la polizia regolare e di riserva", ha affermato il giudice Parker.
"Le prove indicano che l’imputato avesse una conoscenza dettagliata degli eventi sul campo e abbia giocato un ruolo chiave nel coordinare il lavoro delle forze del MUP in Kosovo nel 1998 e 1999", ha continuato il giudice, rilevando che Đorđević era "spesso presente sul campo" in Kosovo e partecipava alle riunioni della polizia lì.
Inoltre, Đorđević era "al corrente del comportamento criminale della polizia e delle altre forze serbe in Kosovo, [come si può evincere] dalle sue osservazioni personali e dalle informazioni fornite da altri", ha detto il giudice Parker. "Egli era anche al corrente del fatto che la popolazione serba in Kosovo fosse stata armata dall’esercito e dal MUP per mettere a disposizione una forza serba supplementare".
Il giudice ha anche osservato che durante tutto il processo la difesa aveva sostenuto che "non c’erano forze paramilitari serbe in Kosovo all’epoca dei fatti".
La Corte ha respinto questo argomento.
"Le prove hanno stabilito che c’erano forze paramilitari serbe attive in Kosovo nel periodo dell’accusa, molte delle quali prestavano servizio con unità di polizia", ha affermato il giudice Parker.
Inoltre, ha aggiunto, Đorđević fu "personalmente e direttamente coinvolto nel reclutamento di una di queste unità, gli Scorpioni, nella forza di riserva del MUP, nel 1999".
Il giudice ha osservato che gli Scorpioni furono "direttamente coinvolti" nella fucilazione avvenuta il 26 marzo 1999 di 19 donne e bambini kosovari albanesi, 14 dei quali rimasero uccisi.
"L’imputato veniva informato di queste uccisioni quasi subito dopo la loro esecuzione", ha detto il giudice Parker. "L’unità venne ritirata dal Kosovo ma non seguirono effettive indagini. L’imputato era a conoscenza della mancanza di indagini, ma autorizzò comunque la riassegnazione dei membri della stessa unità in Kosovo pochi giorni più tardi".
Inoltre, la Camera di primo grado ha ritenuto che Đorđević sia stato "strumentale" negli sforzi della polizia per "nascondere gli omicidi dei kosovari albanesi".
"Le prove confermano che, dalla seconda settimana di aprile 1999, in almeno sei occasioni su un periodo di diverse settimane, camion contenenti corpi di kosovari albanesi uccisi dalle forze serbe in Kosovo siano arrivati al Centro 13 Maj SAJ a Batajnica vicino Belgrado", ha detto il giudice Parker.
Questo centro era controllato dalla polizia serba e si trovava ad oltre 400 chilometri dai luoghi delle uccisioni in Kosovo, ha continuato il giudice. Nel 2001, i resti di 744 persone sono state esumate dal centro di Batajnica, e 84 dal lago di Perućac in Serbia, ha continuato il giudice.
"L’imputato ha svolto un ruolo di primo piano nell’ambito degli sforzi del MUP per nascondere questi omicidi", ha affermato il giudice Parker.
Đorđević "dava istruzioni per il trasporto clandestino dei corpi", così come "specifici ordini per impedire indagini giudiziarie".
"La Camera ha ritenuto che il trasporto dei corpi dal Kosovo per la sepoltura clandestina in fosse comuni nei territori del MUP sia stato eseguito nell’ambito di un’operazione coordinata per eliminare le prove dei crimini commessi dalle forze serbe contro i kosovari albanesi", ha detto il giudice Parker.
Inoltre, ha affermato il giudice, "pur essendo a conoscenza dei crimini commessi dalle forze del MUP in Kosovo, in nessun momento durante il periodo d’accusa, né successivamente… l’imputato ha preso alcuna misura per garantire l’indagine dei reati o la punizione delle persone coinvolte nella loro commissione".
Đorđević ha lavorato con altri alti membri della leadership serba, compreso l’ex presidente serbo Slobodan Milošević, nella comune impresa criminale volta a "cambiare l’equilibrio etnico in Kosovo", ha detto il giudice Parker.
"La Camera è convinta che il comportamento dell’imputato… abbia contribuito significativamente alla campagna di t[]e e violenza estrema da parte delle forze serbe contro i kosovari albanesi, che aveva l’obiettivo di cambiare la composizione demografica in Kosovo", ha concluso il giudice Parker.
Il processo contro Đorđević era iniziato nel gennaio 2009 e sono state ascoltate le deposizioni di 140 testimoni prima di concludersi lo scorso luglio. Egli è l’ottavo ex alto funzionario serbo ad essere processato – e il sesto ad essere condannato – per i crimini commessi durante il conflitto in Kosovo.