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Coltello, filo spinato, Srebrenica
Su Facebook un forum che incita all’odio contro i musulmani di Bosnia viene chiuso. E in tutta l’area parte il dibattito. Si tratta di censura? Cosa spinge questi – presunti – adolescenti ad esprimere tanta violenza?
A metà dicembre Facebook ha chiuso il forum "Nož, žica, Srebrenica" Coltello, filo spinato, Srebrenica. Quest’ultimo, che ha preso nome da uno slogan nazionalista serbo, glorificava il più sanguinoso massacro avvenuto in Europa dopo la fine della Seconda guerra mondiale e promuoveva l’odio contro i musulmani.
Il gruppo era apertamente a sostegno dell’ex generale serbo bosniaco e ora criminale di guerra latitante Ratko Mladić, che nel 1995 era alla guida del genocidio di 8.000 uomini e ragazzi bosgnacchi condotto dalle forze serbe nella cittadina bosniaca di Srebrenica. Si appellava a tutti coloro i quali ritenevano che "i musulmani danno il loro meglio su un barbecue o nel nuotare nell’acido solforico". Questa era la sua piattaforma politica: l’uccisione dei musulmani e la glorificazione dei criminali di guerra.
Ci sono stime divergenti in merito alla partecipazione a questo forum prima della sua chiusura. Secondo l’agenzia stampa Reuters, la prima a diffondere a livello internazionale la notizia, al forum partecipavano circa 1000 membri ma altre fonti affermano che questi ultimi arrivavano a 8000, numero equivalente a quello delle vittime di Srebrenica.
Un contro-forum è emerso rapidamente in risposta. Il gruppo "Chiudete il forum Nož, žica, Srebrenica" è riuscito a raccogliere in pochi giorni dalla sua creazione 10.000 adesioni, in maggioranza cittadini bosgnacchi, e, tramite gli amministratori di Facebook, a far chiudere il forum ultranazionalista.
Probabilmente la chiusura è stata anche favorita dall’emergere a livello internazionale della notizia, tramite la Reuters ma anche il Financial Times.
Nella dichiarazione di Facebook seguita alla chiusura del forum si afferma che "Facebook promuove il libero flusso di informazioni e ogni gruppo ha a disposizione un forum per la discussione di questioni rilevanti, ma Facebook rimuoverà tutti i gruppi che hanno caratteristiche violente e intimidatorie".
Le reazioni alla decisione di Facebook hanno avuto un risalto internazionale ed hanno coperto l’intero spettro politico. Si è andati da chi ha sostenuto che si è trattato di un atto di censura e contrario alla libertà d’espressione (a questo proposito sono stati fatti paragoni con la celebrazione negli Stati uniti del Columbus Day, che per qualcun altro non sarebbe che un genocidio, quello dei nativi americani) a chi ha sottolineato che in alcuni paesi affermazioni di quel tipo sono considerate reato (ad esempio è punita l’apologia del nazismo).
Reazioni varie anche in merito ai significati connessi a tali comportamenti. Vi è chi ha commentato che posizioni di questo tipo dimostrano quanto sia ancora fragile e apparente la pace nei Balcani e chi sottolinea si tratti solo di rabbia, profonda e incontrollata, di alcuni adolescenti.
Ma se per alcuni questa rabbia non differirebbe da quella dei giovani in Grecia o in Olanda, per altri invece la storia recente dei Balcani ha aperto le porte ad un odio di cui l’Occidente non sarebbe capace.
Secondo Boško Obradović, membro della direzione del periodico "Dveri srpske", si tratterebbe di una generazione cresciuta in un periodo di transizione molto difficile. "Abbiamo enormi frustrazioni nazionali, traumi di guerra, una generazione cresciuta senza nessuna vera educazione né spirituale né nazionale".
Ciononostante, secondo quest’ultimo, questi atteggiamenti degli adolescenti possono essere riscontrati in ogni parte d’Europa. "Basta guardare alla Grecia di questi giorni" argomenta Obradović "e negli ultimi anni alla Francia, alla Germania o all’Olanda. I nostri adolescenti non sono più estremisti o socialmente aggressivi dei loro coetanei europei".
Non è della stessa opinione lo scrittore serbo Marko Vidojković, citato da Radio Free Europe, secondo il quale l’estremismo balcanico non può essere paragonato a ciò che accade altrove.
"Ogni forma di fascismo è del tutto normale in questi posti perché sotto la leadership di Milošević e Tudjman vi era un incitamento all’odio così forte che non lo si può eliminare facilmente. In questa situazione la cosa più semplice è odiare qualcuno senza alcuna ragione … ".
Vidojković conclude comunque che la questione Facebook è il risultato di delusioni adolescenziali e occorre trovare un modo per "raddrizzarli".
"I bambini e ragazzi sono sempre vittime. E dico questo senza alcuna intenzione di giustificare il nazismo. Questi ragazzini devono essere capiti e riportati alla coscienza in modi normali. Quando ero giovane magari ero peggio di loro".
L’incitamento all’odio etnico o religioso è un crimine nei Balcani, come in molti altri Paesi, ma molte legislazioni sono ancora arretrate rispetto al web. In reazione alla questione Facebook, le procure in Serbia hanno dichiarato di non avere alcun mandato per seguire la questione, dato che non esiste ancora alcuna legge specifica relativa ad Internet.
I serbi non sono gli unici a cui imputare violenza verbale su Facebook. Al momento un paio di gruppi denominati "Srbe na vrbe" ("Serbi sui salici", alludendo all’impiccagione dei serbi) sono ancora on-line sul portale. Uno apre con lo slogan "Uccidi un serbo", l’altro, che afferma che la sua sede è Jasenovac, apre invece con lo slogan "Ho un coltello d’argento, lo infilerò nelle costole di un serbo". E poi vi sono i relativi contro-gruppi "Chiudete Srbe na vrbe", che conta 5.588 membri, e un più piccolo gruppo "Fanculo il gruppo Srbe na vrbe".
Molti dei messaggi postati su questi forum non sono altro che rabbia cieca e sono impossibili da riportare. In alcuni emerge il vittimismo serbo: "Facebook ha chiuso il gruppo dei nazionalisti serbi ma non quelli anti-serbi".
Certo si profila un lavoro complesso se Facebook si trovasse a dover monitorare tutti questi forum, e potenzialmente si aprono nuovi posti di lavoro per migliaia di avvocati. A loro il compito di tracciare la linea: a seconda delle varie sensibilità e circostanze nazionali, a seconda di cos’è inteso come crimine e cosa no nei diversi paesi, a cosa può essere liberamente detto e cosa no.
Obradović ricorda che "Internet ha aperto un enorme spazio per la libertà di parola, ma non ha ancora fornito una soluzione riguardante la responsabilità in merito a ciò che viene detto". Non si può non concordare.