Caos serbo

La Serbia è in preda al caos. L’ostentata unità nazionale per far fronte all’indipendenza del Kosovo scricchiola ogni giorno. Il governo è traballante più che mai e la società è divisa. Un commento sulla situazione politica della Serbia

27/02/2008, Luka Zanoni -

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Che episodi di violenza potessero seguire la dichiarazione di indipendenza del Kosovo era ampiamente previsto. Che Belgrado reagisse con decisione alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo anche questo era ampiamente previsto. Tutto sembra quindi procedere lungo binari prevedibili e previsti. Ciò che invece è meno prevedibile, anche se alcuni analisti stanno già avanzando diverse opinioni al riguardo, è cosa farà la Serbia nell’immediato futuro.

Le contromisure diplomatiche del governo di Belgrado sono già in atto. Le lettere formali di protesta e il richiamo degli ambasciatori da quei paesi che hanno riconosciuto Pristina è stato il primo passo. Nessun embargo però contro l’ex provincia serba, né economico né energetico. In atto invece la mobilitazione della società per dare una risposta evidente di disappunto all’indipendenza del Kosovo.

Ciò che è abbastanza visibile – e che diventerà manifesto nei giorni a venire – è la spaccatura della politica serba e la conseguente divisione della società. Non siamo più ai tempi di Milosevic, questo va detto, però la Serbia ancora una volta si trova ad un bivio. Per inciso, sono anni ormai che diciamo che la Serbia è al bivio e purtroppo non è ancora venuto il momento per mettere nel cassetto questa poco felice espressione.

Il bivio su cui si trova la Serbia oggi è un intreccio di politica interna ed internazionale. I dissapori tra il premier Kostunica e il presidente Tadic, verificatisi durante le elezioni presidenziali, sono solo stati procrastinati di qualche tempo, causa la ricerca di una sorta di unità nazionale per far fronte alla questione del Kosovo. Ma la manifestazione di protesta e tutto ciò che ne è seguito hanno riaperto la spaccatura. Se la corrente del premier tende ad avere un atteggiamento più comprensivo per i disordini e le violenze accadute nella capitale – il ministro per le Infrastrutture Velimir Ilic ha sottolineato che "anche rompere le vetrine è democrazia" – il presidente della Repubblica ribadisce che ciò che tutto il mondo ha avuto modo di vedere "non era la Serbia", ma bande di distruttori.

Non è un segreto, Kostunica e con lui una grossa fetta dell’opposizione (Radicali e Socialisti) vorrebbero troncare i rapporti con l’Unione europea, mentre Tadic e i suoi ministri, così come la maggior parte dei partiti minori, ritengono che solo una Serbia europea possa difendere al meglio la propria posizione riguardo il Kosovo.

Siamo in una situazione in cui il vincitore delle elezioni presidenziali, Boris Tadic, deve giocare sulla difensiva, pressato dall’attacco delle frange nazionaliste che si comportano come se avessero vinto loro la tornata elettorale. Tadic dal canto suo deve fare molta attenzione a come si muove, perché la differenza di voti con cui ha vinto è scarsa e il rischio di una perdita di consenso non è lontano.

Cosa farà la Serbia nel prossimo futuro? Proseguirà la sua strada verso l’Ue oppure si rivolgerà verso la Russia, rischiando per altro una sorta di isolamento occidentale? E’ questa la domanda che preme sulla Serbia di oggi.

Il DSS di Kostunica aveva a suo tempo chiesto che venisse posta sotto esame la firma dell’accordo politico che l’UE aveva offerto a Belgrado in attesa di firmare l’Accordo di associazione e stabilizzazione. La richiesta è stata poi ritirata a favore dell’unità nazionale sul Kosovo. Tuttavia, prima o poi i rapporti tra Serbia e UE dovranno essere affrontati. Secondo Goran Svilanovic, ex ministro degli Esteri e attualmente analista politico, intervistato dal quotidiano belgradese "Blic", "i risultati che la diplomazia aveva raggiunto nei mesi scorsi sono stati interamente gettati all’aria".

Le difficoltà della Serbia sono perlopiù di politica interna. Il caos attuale è per molti versi frutto di un caos interno alla compagine governativa. Il governo litiga sul da farsi, le posizioni non collimano, l’unità nazionale rischia di essere solo fittizia. Sempre secondo Svilanovic "al governo è in corso una mini guerra, e se non verrà troncata con un accordo o con le elezioni, finiremo in una guerra tra le milizie civili delle differenti formazioni politiche. Dopo le ambasciate, la prossima meta potrebbero essere i media, le ong e singoli politici. Nemmeno nel periodo in cui era messa oggettivamente peggio la Serbia si trovava in un caos simile".

Una dichiarazione preoccupante che però fornisce la cifra della profonda divisione della società serba. In questo caso l’Unione europea – a fronte di una reazione prevedibile delle autorità di Belgrado alla dichiarazione di Pristina – dovrebbe fare il possibile per tenere aperte tutte le porte della diplomazia. Non solo per stabilizzare l’intera regione ma anche per aiutare – come sottolineava la drammaturga Biljana Srbljanovic dalle colonne del quotidiano "la Repubblica" – la Serbia che vuole uscire da questo caos una volta per tutte.

Sul versante della politica interna si aprono varie possibilità: rimpasto di governo con una maggioranza tra radicali e DSS di Kostunica, nuove elezioni, proseguimento del governo in carica.

Per rimanere nel campo delle ipotesi, c’è chi si augura che una volta per tutte il premier Kostunica esca allo scoperto e si allei con i radicali e i socialisti. Con ogni probabilità avrebbero la maggioranza per governare. La Serbia s’orienterebbe verso la Russia, diverrebbero più tesi i rapporti con l’occidente, ma forse le insoddisfazioni sociali non tarderebbero ad arrivare. Le forze nazionaliste, una volta al governo, potrebbero perdere quel potere di mobilitazione della società che hanno sfruttato fino ad ora e ne uscirebbero ridimensionate.

L’altra possibilità è che Tadic raggruppi attorno a sé tutte le forze democratiche e che – in caso di elezioni anticipate – riesca a vincerle e a ottenere la maggiornaza per governare. La Serbia pian piano riprenderebbe il suo corso europeo e guadagnerebbe maggiore stabilità ma continuerebbe a fare i conti con un’opposizione agguerrita e insidiosa. È tutt’altro che scontato, però, che Tadic senza Kostunica ottenga i numeri per vincere.

Un ulteriore scenario è che il governo, benché traballante, tenga per un certo periodo e che si prepari con calma per nuove elezioni. Ed è un’ipotesi plausibile perché nessuno in realtà sembra voler affrettarsi ad invocare elezioni anticipate.

Per ora è più che probabile che il governo resti in carica almeno fino alle prossime elezioni amministrative, previste per maggio. E anche se meno importanti delle presidenziali e delle politiche, le amministrative potrebbero rappresentare un banco di prova per verificare nuove alleanze politiche.

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