Campagna morente

In Chicken Elections (Pilieči izbori) Goran Radovanović mette in scena la lunga agonia della Serbia in transizione, raccontando l’isolamento e il disorientamento di "una povera vecchia analfabeta quasi dimenticata in un villaggio dimenticato". Un’intervista al regista che si è lasciato "contagiare" dal documentario

27/02/2008, Nicola Falcinella -

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Goran Radovanovic è nato a Belgrado nel 1957. Si è laureato in Storia alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Belgrado nel 1982. Tra il 1977 e il 1980 ha vissuto a Monaco. Nel 1996 ha fondato la casa di produzione indipendente Principal Film che raccoglie alcuni dei più notevoli artisti cinematografici indipendenti della Serbia. Vive e lavora a Belgrado come free-lance.

Il suo film si sviluppa su due linee, una molto personale ed una metaforica che riguarda il suo paese. Come è riuscito a fondere così bene temi così differenti?

Penso che tutto derivi dalla mia esperienza personale. Tutti i membri della mia famiglia, me compreso, sono segnati dalla storia. Per esempio, mio nonno era un monarchico che fu ucciso dai comunisti, mio padre un comunista che sposò la figlia di un monarchico, la mia infanzia fu segnata dal regime di Tito, negli anni ’90 ho vissuto in una gabbia grazie al regime di Milošević. Ora, grazie alle politiche dell’UE, vivo come "outsider ed artista marginale". Per me è facile riconoscere gli strati politici e sociali in me stesso e nei personaggi che mi circondano. Questo è il caso di mia zia, una povera vecchia analfabeta quasi dimenticata in un villaggio dimenticato – perfetta metafora dell’agonia del paese.

In Pilieči izbori racconta la storia di sua zia. Tante volte cerchiamo le grandi storie e non ci accorgiamo che vicino a noi ci sono storie interessanti. Lei lo ha fatto, ha catturato la storia vicino a lei. Come pensa sia possibile capire che una certa storia vada raccontata?

Non c’è niente che va raccontato! Questo è il mio credo. È sempre una questione di amore. Molto più tardi arriva l’approccio razionale, la sceneggiatura, il budget, i collaboratori… È l’amore stesso che porta le storie e i personaggi in superficie. E come regista cerco di controllare tutto questo utilizzando tutti gli aspetti della manipolazione in una direzione buona.

Sembra che la vecchia vita di campagna non sia più possibile e che non che ci siano altri modi di vivere fuori città. E non si può vivere in campagna come se si stesse in città. Che futuro c’è che per chi vive in campagna?

La campagna serba sta morendo. Per "campagna" intendo il tradizionale stile di vita basato sull’agricoltura. Il problema è quando l’agricoltura dipende completamente dall’industria, che sta distruggendo lo stile di vita tradizionale delle campagne. La forma di vita tradizionale significa che la gente in campagna produce torte, formaggio e succo di frutta e compra scarpe e cappotti in città, e questo non funziona più. La campagna dipende completamente dall’industria, e tutti cercano di andare in città o vivere come se ci fossero. Nei paesi più sviluppati, come la Germania, ho visto villaggi che sembrano oasi urbane più che campagne, ma non ha niente a che vedere con la "cultura agricola", è più che altro un riflesso della coscienza ecologica del consumatore urbano.

La scena della morte in Pilieči izbori, con il postino che suona e nessuno che risponde, è molto efficace senza mostrare niente. Come ha trovato questa soluzione?

Verso la fine delle riprese, prima del taglio. Questa è l’unica soluzione razionale nel film non sia frutto di improvvisazione.

Tutti i suoi lavori recenti sono documentari. Pensa che sia l’unico modo di mostrare la realtà in questo momento? O ci sono altre ragioni per questa scelta?

Sono un tipico regista di fiction. Ho anche cominciato con alcune sceneggiature e diretto diversi corti di successo internazionale. Poi è arrivata la guerra, con l’embargo, l’isolamento, un milione di rifugiati, i morti… Così, in modo abbastanza naturale, sono passato ai documentari perché la mia immaginazione non era abbastanza se paragonata alla realtà. Semplice, sono stato "contagiato" dai documentari. Ci sono centinaia di modi per mostrare la realtà, ma sono il tipo di regista che ama giocare molto con la realtà e la finzione. Ora tornerò alla fiction. Ovviamente 10 anni di documentari sono un bagaglio creativo che influenzerà i miei prossimi film.

Con gli inserti di vecchi film ha provato a confrontare la vita quotidiana in Serbia nel passato ed oggi?

Mi piace sempre usare materiale d’archivio per rendere la storia più "documentaria" o più "credibile". Questa era l’intenzione formale di base. In qualche modo, sentivo che la storia stava diventando sempre più una fiction. Naturalmente c’era un forte intento drammaturgico, come dicevi, "confrontare la vita quotidiana in Serbia nel passato ed oggi".

La maggior parte del suo lavoro tratta la "transizione" del suo paese e del sud-est Europa. Come pensa che questa "transizione" si stia sviluppando, in quale direzione? Pensa che la morte di Milošević faciliterà il processo? E la prossima cattura di Mladić e Karadzić? Crede in un futuro per la Serbia fuori dalla UE?

Semplice, "la transizione" è stata la base della vita sociale e politica serba negli ultimi dieci anni. E continuerà così… quindi è una parte naturale della mia visione documentaristica. Non mi preoccupo del futuro del mio paese da quando la "Coca Cola" ha comprato diverse fabbriche in Serbia. Quello che intendo è: post-colonialismo e globalizzazione! Per quanto riguarda Mladić e Karadzić, la guerra deve finire, e ci devono essere vincitori e vinti come in tutte le guerre. L’unico problema è che i bombardamenti NATO erano illegali, e per questo ci servono Mladić e Karadzić per completare la storia. E la Serbia rimarrà fuori dall’UE, come esempio di cosa succede a chi osa disobbedire…

E il suo prossimo progetto?

Una fiction intitolata L’ambulanza, che tratta gli eventi più delicati nella storia serba recente: la caduta di Milošević nel 2000, l’omicidio di Zoran Djindjić – il primo Primo Ministro democraticamente eletto nel 2003 – e il momento, nel lontano futuro, in cui la Serbia entrerà in Europa. Perciò il mio film ha molti elementi futuristici…

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