La deportazione

Sessantacinque anni fa, il 23 febbraio 1944, per decisione dei vertici dell’allora Unione sovietica, ha avuto inizio la deportazione di massa di ceceni e ingusci in Kazakistan e Asia Centrale

23/02/2009, Giuseppe Lauricella -

La-deportazione

Deportazione popolo inguscio-Fonte: Кавказский Узел

Tratto da Kavkazskij Uzel , 23 febbraio 2009 (titolo originale: Ингушетия и Чечня готовятся к 65-й годовщине депортации вайнахов)

L’operazione dal nome in codice "Čečevica", nel corso della quale è stata effettuata la deportazione dei popoli vainakh (così sono noti ceceni e ingusci) dai territori della Repubblica socialista sovietica ceceno-inguscia, ha avuto luogo dal 23 febbraio al 9 marzo del 1944. Le motivazioni fornite per giustificare la repressione sono state le seguenti: diserzione di massa, rifiuto di rispondere alla convocazione alle armi e preparazione di una sommossa armata nelle retrovie sovietiche a sostegno dei fascisti. La Repubblica ceceno-inguscia è stata sciolta, e i suoi territori divisi tra le regioni vicine: Daghestan, Ossezia del Nord e territorio di Stavropol.

Secondo i dati ufficiali, dalla Repubblica ceceno-inguscia sono stati deportati forzatamente oltre 496.000 ceceni ed ingusci, e di questi 411.000 deportati in Kazakistan, 85.500 in Kirghizistan. Queste cifre sono riportate anche nei documenti di archivio desecretati di Stalin.

Ecco un estratto della corrispondenza tra il capo della polizia segreta sovietica Lavrentij Berija e Stalin: "Nell’implementare la decisione del Comitato di difesa dell’Nkvd (il predecessore del Kgb, i noti servizi di sicurezza sovietici) nei mesi di febbraio e marzo del 1944 sono stati trasferiti in modo permanente nelle repubbliche socialiste sovietiche di Kazakistan e Kirghizistan 602.193 persone provenienti dal Caucaso settentrionale; di questi 496.460 ceceni ed ingusci, 68.327 karačay e 37.406 balcari".

In un rapporto a Stalin del 1 marzo 1944 si legge: "Faccio rapporto per quanto riguarda i risultati dell’operazione di deportazione di ceceni ed ingusci. La deportazione ha avuto inizio il 23 febbraio nella maggior parte dei distretti, con l’eccezione dei punti abitati che si trovano in luoghi di alta montagna. Al 29 febbraio, sono state deportate tramite convogli ferroviari 478.479 persone, di cui 91.250 di nazionalità inguscia. Sono stati caricati 180 convogli, di cui 159 già avviati verso le destinazioni di nuova residenza. … L’operazione ha avuto luogo in modo organizzato e senza casi gravi di resistenza o altri incidenti."

Secondo altri dati, il numero di vainakh deportati nel 1944 supera le 650.000 persone.

Decine di migliaia di persone deportate sono morte durante il viaggio verso l’Asia centrale, e altre decine di migliaia hanno perso la vita nei primi anni di deportazione per freddo, fame, e malattie.

"In carri bestiame caricati fino al limite, senza luce né acqua, siamo stati quasi per un mese in viaggio verso una destinazione a noi ignota…ha iniziato a diffondersi il tifo. Non c’erano medicine di nessun tipo, era ancora in corso la guerra. Durante le brevi fermate, in luoghi sperduti e senza persone, nella neve sporca vicino alla ferrovia, venivano seppelliti i morti (l’allontanarsi dal vagone per più di 5 metri significava venire uccisi sul posto)" – questo ricorda un inguscio, vittima degli eventi del febbraio 1944.

Con una decisione del Soviet supremo del 9 gennaio 1957 è stata ricostituita la Repubblica socialista sovietica ceceno-inguscia, ed i ceceni e gli ingusci deportati hanno iniziato a tornare nella loro patria.

Il ritorno dei deportati ha portato a conflitti su base nazionale, in quanto nelle terre del Caucaso settentrionale che erano rimaste disabitate dopo la deportazione sono stati trasferiti russi ed altri popoli dell’ex-Unione Sovietica, e parte dei territori delle regioni sciolte da Stalin erano stati distribuiti alle vicine repubbliche. Così, una parte del territorio inguscio si è trovata a far parte dell’Ossezia. Le conseguenze del sanguinoso conflitto tra osseti ed ingusci del 1992, scoppiato in seguito a contrasti territoriali, sono tutt’oggi presenti.

Ad una conferenza dedicata al 65esimo anniversario della deportazione tenutasi a Grozny lo scorso 19 febbraio, il capo dell’amministrazione presidenziale cecena Magomed Selimchanov ha dichiarato: "La grande maggioranza dei ceceni e degli ingusci considerano la deportazione del 1944 come una delle tragedie più importanti della storia dei vainakh, che ha portato alla morte di decine di migliaia di persone. Le parole ‘Siberia’, ‘Kazakistan’ e ‘Asia centrale’ sono indissolubilmente legate a quella di ‘deportazione’. Oltre 300.000 vainakh sono rimasti per sempre in quelle terre. La tragedia di un popolo represso è doppia, perché per una nazione non vi è perdita più grande che quella della propria patria." …

In un comunicato del consiglio dei mufti russi pubblicato il 20 febbraio si legge: "Secondo gli storici, non vi è alcun dubbio riguardo al fatto che la deportazione dei popoli durante la Seconda guerra mondiale si sia basata su motivazioni inventate appositamente. Migliaia e migliaia di persone che non avevano alcuna colpa sono morte durante il viaggio tremendo verso il posto di deportazione, costretti a stare in vagoni merce mentre nella steppa kazaka dove passavano c’erano 40 gradi sotto lo zero, attraversando deserti uzbeki e territori non abitati della Siberia." …

Durante la Seconda guerra mondiale sono stati deportati dalle proprie terre di origine, oltre che ceceni ed ingusci, anche i balcari, i calmucchi, i karačay, i tatari crimei ed i turchi-meschetini. Secondo i dati dell’organizzazione Memorial, durante la deportazione dai territori del Caucaso settentrionale nel 1943-1944, sono state deportate 485.000 persone dalla Cecenia e dall’Inguscezia, 101.000 dalla Calmucchia, dal Karačay-Circassia 70.000, dalla Kabardino-Balkaria 37.000. Il numero delle vittime tra i turchi-meschetini e in generale dal Caucaso meridionale è di 100.000 persone. …

Nel 1991 è stata approvata la legge sulla "Riabilitazione dei popoli repressi", la quale stabilisce che la riabilitazione dei popoli repressi in massa negli anni dell’Unione Sovietica deve coincidere con "riconoscimento e realizzazione dei loro diritti all’integrità territoriale nei confini esistenti prima della loro eliminazione avvenuta con politiche violente ed anticostituzionali, il ristabilimento delle unità amministrative su base nazionale, e l’indennizzo del danno subito dallo stato."

L’attuazione di questo documento è stata però resa difficile in pratica da molti fattori, inclusi una serie di contrasti territoriali che persistono fino ad oggi e non permettono di dire che quella legge sia stata applicata in pratica. Infatti, non è stato ripristinato il precedente confine di nessuno dei quattro distretti balkari che esistevano al momento della deportazione di questo popolo nel 1943. Al ritorno dalla deportazione, molti balkari sono stati dislocati in distretti kabardini. … Problemi di questo tipo, che hanno causato il forte scontento dei balcari, rimangono un elemento di conflitto tra i popoli kabardini e balkari.

Tensioni nei rapporti tra diversi gruppi nazionali, che trovano la loro origine nelle deportazioni e nelle divisioni amministrative modificate in quegli anni, si riscontrano anche in Karačay-Circassia, dove i circassi lamentano disuguaglianze tra i gruppi nazionali, anche per il diverso livello di rappresentazione dei vari gruppi negli organi di potere locali. Tra i rappresentanti del popolo circasso si è iniziato a parlare sempre di più dell’idea della formazione di una Circassia unita che includa territori dell’attuale Adigezia, Karačay-Circassia e Kabardino-Balkaria.

È possibile consultare la versione integrale dell’articolo, che include anche alcuni riferimenti bibliografici, sul sito di Kavkazskij Uzel (in russo).

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