Un ponte che divide

Confinano tra loro, le unisce per molti versi il loro passato, sono entrate assieme nell’Unione europea. Ma i rapporti tra Bulgaria e Romania sono scarsi e spesso polemici. Una rassegna del nostro corrispondente

23/02/2010, Nikolai Yotov - Bucarest

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Il ponte sul Danubio

Bulgaria e Romania sono entrate insieme nell’Unione europea nel 2007. I due paesi hanno molto in comune: non solo una parte della propria storia, ma anche gli ostacoli che stanno incontrando nel loro percorso di europeizzazione, caratterizzato da un continuo rincorrere i paesi che vengono citati come “i primi della classe” della nuova famiglia europea.

A fine gennaio, durante una sua visita ufficiale in Germania, il primo ministro bulgaro Boyko Borisov ha ammesso candidamente che la Bulgaria non era pronta, nel 2007, ad entrare nell’Ue. Anche tra le alte sfere politiche rumene si sente parlare sempre più spesso del fatto che la Romania sia arrivata impreparata all’appuntamento con l’Europa.

Nonostante si trovino ad affrontare problematiche e sfide analoghe, i due paesi non hanno però mai nascosto il proprio malcontento per aver dovuto condividere il percorso verso l’agognata integrazione nell’Ue. Un sentimento che non è ancora del tutto svanito.

Nel corso dei colloqui avuti a Berlino con Angela Merkel, Borisov ha chiesto alla premier tedesca di non paragonare continuamente la Bulgaria agli stati vicini nelle analisi sulle possibilità di ingresso di nuovi membri nell’eurozona. “La Bulgaria deve essere giudicata in base ai propri meriti, e non in base a ciò che fanno gli altri vicini”, ha affermato Borisov, facendo chiaro riferimento ai problemi economici che affliggono la Romania già dallo scorso anno.

Le reazioni alle dichiarazioni di Borisov non si sono fatte attendere. L’economista rumeno Ilie Serbanescu ha affermato che, per quanto riguarda l’euro, la Bulgaria non supera la Romania in nessun indicatore. A suo avviso, poi, le autorità bulgare non possono vantarsi dei risultati raggiunti, visto che a partire dalla crisi che ha colpito il paese nel 1997 e dalla creazione del Consiglio monetario “tutte le decisioni economiche sulla Bulgaria sono state prese da 10 banchieri di Zurigo”.

Amici o rivali?

Molti funzionari europei faticano a distinguere Sofia da Bucarest, proprio come i turisti americani in Europa confondono spesso Bucarest con Budapest. E visti da Bruxelles, in effetti, i due nuovi membri dell’Unione si somigliano in molti e importanti aspetti.

Dopo la caduta del comunismo, Bulgaria e Romania hanno intrapreso strade problematiche verso la democratizzazione, rendendosene conto entrambe troppo tardi. Anche se al momento del crollo dei regimi ci fossero state vistose differenze tra i due paesi, queste sono state diluite dagli evidenti problemi condivisi.

Oggi sono proprio i tratti controversi ad associare Bulgaria e Romania agli occhi dell’Europa occidentale. Tra questi vi sono incompetenza politica ed economica delle rispettive leadership, incapacità di attuare riforme incisive ed efficaci, corruzione diffusa.

La Bulgaria soffre di uno stigma ulteriore: quello associato alla forte presenza di criminalità organizzata. Ma affermare che il problema in Romania non esiste, sarebbe decisamente ingenuo. Il motivo per cui la questione non viene sottolineata nei rapporti Ue è che Bucarest, a differenza di Sofia, in questi anni non ha fatto l’occhiolino alla Chicago anni ’30, con i gangster padroni delle strade.

Sia i funzionari rumeni che bulgari tendono a negare forme di "comunanza" tra i propri paesi, prendendo le distanze l’uno dall’altro nel processo di europeizzazione. Proprio come ai tempi del comunismo, però, sono pronti a sbandierare "fratellanza" ed obiettivi comuni quando questo fa loro comodo.

Nei primi anni 2000 sembrava fosse la Romania a rappresentare una palla al piede per i bulgari nella corsa per la ratifica del Trattato d’accesso all’Unione europea. Bucarest infatti, ancora in fase di ripresa dopo anni di grave crisi economica, entrava allora in una fase di regressione politica con la terza rielezione a presidente del controverso Ion Iliescu. I comunisti riformati, ribattezzatisi social-democratici, tenevano così saldamente in mano il controllo del paese.

La Bulgaria, d’altra parte, stava allora completando il processo di ripresa e stabilizzazione cominciato dopo il collasso economico e politico del 1996. Il governo dell’ex monarca Simeone Saxe-Coburg-Gotha, una personalità conosciuta in Europa occidentale, riusciva poi, almeno nei suoi primi anni di governo, a restituire una qualche credibilità al paese.

Questi sviluppi consentirono a persone come Meglena Kuneva, allora ministro bulgaro degli Affari Europei, di affermare più volte che il suo paese si stava muovendo meglio e più velocemente della Romania. Senza le abilità diplomatiche e i contatti di re Simeone, non solo la Bulgaria, ma anche la Romania non sarebbero state in grado di portare a termine i negoziati di accesso all’Unione.

Tuttavia, la competizione tra i due paesi non è limitata a dichiarazioni roboanti, e non è stata priva di incidenti. Nel novembre 2004 il giornalista rumeno George Buhnici fu arrestato dalle autorità bulgare sul ponte che unisce i due paesi sul Danubio perché aveva filmato, con l’aiuto di una telecamera nascosta, attività di contrabbando all’interno di un negozio duty-free.

Solo alcuni giorni dopo il primo ministro rumeno Adrian Năstase fu accusato di aver insultato i vicini bulgari, "rei" di eccessiva sottomissione alle richieste avanzate dall’Unione europea, durante un summit di partito. I verbali dell’incontro, con le controverse dichiarazioni di Năstase, furono pubblicati allora dalla stampa rumena.

Poi, nel 2005, gli ex-comunisti tornarono al potere anche in Bulgaria. Le sparatorie nelle strade di Sofia rimasero all’ordine del giorno e il livello di corruzione si impennò esattamente agli stessi livelli raggiunti in Romania nell’era di Adrian Năstase, conclusasi nel dicembre 2004. Sulle rive settentrionali del Danubio, invece, le cose sembravano andare un po’ meglio, soprattutto da quando Năstase fu sostituito come premier dal liberale Călin Popescu-Tăriceanu.

Dopo questi avvenimenti, per alcuni anni in entrambi i paesi sembrò che gli affari politici avessero finalmente smesso di pesare su quelli economici. Romania e Bulgaria conobbero una crescita impetuosa, sostenuta anche da massicci investimenti provenienti dall’estero. Nonostante i progressi, però, instabilità politica e insicurezza sociale toccarono livelli di guardia.

I rapporti bilaterali continuarono ad essere segnati da conflittualità. Invece di sostenere iniziative comuni, come la costruzione di un secondo ponte sul Danubio, per favorire cooperazione economica e scambi commerciali alla vigilia dell’integrazione europea, le leadership politiche di Bulgaria e Romania non trovarono nulla di meglio che riattizzare vecchie polemiche sulla questione del pagamento dei dazi sull’unico ponte esistente.

Si continuò con arresti di diplomatici accusati di spionaggio e, nel 2009, proprio mentre i due paesi festeggiavano 130 anni di rapporti diplomatici bilaterali, con il sorgere di tensioni tra Dan Ilie Ciobotea, il patriarca della Chiesa ortodossa rumena, e la comunità spirituale bulgara di Romania.

Stereotipi

Purtroppo, una cosa sola è certa: rumeni e bulgari continuano ad avere un’immagine stereotipata gli uni degli altri, radicatasi nell’opinione pubblica collettiva ai tempi delle dittature comuniste. D’altro canto gli scambi politici, economici, sociali e d’informazione tra i due stati non sono solo insoddisfacenti, ma praticamente assenti.

La maggioranza dei rumeni associa i vicini bulgari alla tv di stato dei tempi del comunismo che poteva essere vista dai rumeni che vivevano in città lungo il Danubio, alle sigarette e ai sottaceti. I bulgari a propria volta identificano i rumeni col piatto tradizionale rumeno a base di polenta, all’esecuzione di Ceausescu, alla forte presenza di rom e alla povertà estrema che segnò il paese negli anni immediatamente successivi alla nascita della democrazia rumena nel 1989.

Come in molte relazioni bilaterali tra stati confinanti, la rivalità è un elemento piuttosto complesso. A seconda dei punti di vista e delle interpretazioni storiche, quella tra bulgari e rumeni risale ai tempi del Trattato di Craiova, alle guerre balcaniche, oppure ai tempi della sostituzione forzata dell’alfabeto cirillico con quello latino avvenuta in Romania, in nome delle “origini latine” dei rumeni.

Oggi, però, se i due stati vogliono crescere e superare gli stereotipi e l’onnipresente ossessione del complotto, devono sforzarsi di sostenere e sviluppare turismo reciproco, cooperazione transfrontaliera e politiche di vicinanza in ambito europeo.

Nonostante esista un confine terrestre tra i due stati (e attraversamenti come il checkpoint di Vama Veche-Durankulak), ancora oggi il simbolo delle relazioni tra i due paesi è l’unico ponte sul Danubio, una struttura in acciaio costruita negli anni ’50 con l’aiuto di tecnici sovietici inviati da Stalin, e noto un tempo come “il ponte dell’amicizia”. Un altro simbolo stereotipato che deve essere abbandonato in fretta.

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