Romania, tra Putin e la Nato
La Russia sospende il trattato sulle armi convenzionali, la Nato si dice delusa mentre Angela Merkel critica gli USA che negoziano bilateralmente con i singoli paesi la costruzione della parte europea dello scudo antimissile. Il dibattito in Romania
Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato nelle settimane scorse un decreto che sospende la partecipazione della Russia al Trattato sulla riduzione delle forze convenzionali in Europa (CFE-Conventional Forces in Europe).
Il Cremlino ha spiegato che la misura è stata presa a seguito di "circostanze straordinarie" che incidono sulla sicurezza della Federazione Russa. In pratica, la Russia è irritata dai piani statunitensi che prevedono la collocazione di uno scudo antimissile in Polonia o in Repubblica Ceca, nonché dalle future basi americane in Romania e in Bulgaria.
Il trattato sulle Forze Convenzionali in Europa (CFE) limita il numero degli armamenti pesanti dispiegate tra l’Oceano Atlantico e gli Urali. Firmato il 19 novembre 1990 a Parigi dai paesi della Nato e dell’allora Patto di Varsavia, il Trattato CFE sulla riduzione degli armamenti convenzionali in Europa (carri armati, artiglieria, mezzi blindati, aerei da combattimento e elicotteri di attacco) ha subito in seguito varie revisioni, dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia e della stessa Unione Sovietica.
Il trattato limita la libertà di manovra della Russia. Mosca lo considera ormai superato e pericoloso in quanto limita la sua possibilità di dislocare truppe sul territorio della stessa Federazione Russa. Tra l’altro la Russia ha ratificato la versione del trattato modificata nel 1999 nell’incontro di Istanbul ma non hanno fatto lo stesso gli stati membri della Nato.
La Nato inoltre chiede il ritiro delle truppe russe dalle regioni separatiste dell’Abkazia in Georgia e della Transnistria nella Repubblica Moldova.
La Romania, uno dei paesi firmatari del CFE, è un paese scomodo per la Russia. Le future basi americane che saranno dislocate nel paese e in generale la politica e le prese di posizione di Bucarest hanno irritato costantemente l’ex grande fratello.
La stampa romena avverte che in seguito alla decisione di Putin la Russia può schierare l’esercito fino al confine con l’Unione Europea e che teoricamente "può scatenare un attacco a sorpresa in qualsiasi momento". Il ministro della Difesa romeno Teodor Melescanu considera che la Russia ritorna in questo modo alla retorica della Guerra Fredda. "E’ la retorica dell’uscita dai trattati e il ritorno al principio secondo cui ognuno fa quello che vuole", ha aggiunto il ministro.
Russia non potrà essere più obbligata a limitare il numero dei missili oppure ricevere ispettori che costatino se stia limitando o no le armi di distruzione di massa. Non rispetterà più la richiesta di cambio di informazioni e non si riterrà più vincolata al rispetto di alcun limite sul fronte delle armi convenzionali.
Ma la disponibilità reale dell’arsenale russo "dipenderà dagli sviluppi della situazione militare e politica, inclusa la disponibilità di altri Paesi aderenti al trattato a mostrare un’adeguata moderazione" ha precisato il ministro degli Esteri russo Seghei Lavrov che lascia intendere inoltre quanto peserà l’atteggiamento ulteriore di Washington.
La Russia ha proposto di lavorare su un nuovo patto per ridurre le forze militari in Europa. Il capo del dipartimento del ministero della Difesa, Yevgeny Buzhinsky, ha fatto sapere che tutte le parti in causa dovrebbero lavorare su un nuovo trattato o su un adattamento del trattato CFE.
Intanto il ministro degli Esteri romeno Adrian Cioroianu presenta al Consiglio Supremo per la Difesa del Paese un’analisi sul ritiro della Federazione Russa dal Trattato CFE. Cioroianu precisa che l’annuncio del Cremlino non ha rappresentato un elemento di sorpresa per la Romania ed i suoi alleati. Ma l’opposizione, attraverso il Partito Social Democratico, preme affinché sia precisata la posizione della Romania rispetto al ritiro dei russi dal trattato. Da parte sua, il ministro degli Esteri ricorda che la posizione di Bucarest è stata ed è in linea con quella degli altri membri della Nato.
La Russia aveva annunciato mesi fa una moratoria sul Trattato accusando i paesi occidentali di non aver ratificato una versione emendata del Patto firmata nel 1999. Putin ha anche accusato i paesi della Nato di aver violato il Trattato sui missili balistici (ABM) con il progetto dello Scudo spaziale.
Il decreto firmato da Putin viene considerato in Romania una provocazione con la quale Mosca avverte l’Occidente di voler riprendere il posto e il ruolo di grande potenza e che possiede sufficienti mezzi di pressione.
Alcuni commentatori romeni considerano che la Russia ha l’intenzione di allargare la distanza tra la vecchia e la nuova Europa, alimentando dispute, squilibrando i rapporti politico-economici del continente.
L’uscita della Russia dal trattato sulle armi convenzionali (CFE) e da quello sui missili a corto e medio raggio (INF) potrebbe precedere una guerra fredda sotto una forma "light", secondo un’espressione di politologi americani.
La Russia considera con irritazione il fatto che, allargandosi ad Est con l’entrata di nuovi paesi, la Nato abbia di fatto superato di molto i limiti imposti dal CFE al numero degli armamenti. Inoltre preoccupa la volontà USA di dislocare importanti forze di combattimento nelle nuove basi in Romania e in Bulgaria.
Commentando la decisione del presidente Putin, il quotidiano russo Kommersant lo considera un gesto che potrebbe diventare il primo passo di Mosca verso una revisione della ripartizione politico-militare nel mondo negli ultimi 15 anni. Questa ripartizione potrebbe condurre il Cremlino a riconsiderare molti accordi militari con l’Occidente. Secondo il generale Evgheni Bujinski del ministero della Difesa russo in futuro la Russia non informerà più i partner sullo spostamento delle sue unità militari e non accetterà più ispezioni straniere.
Gli esperti citati da Nezavisimaia Gazeta sostengono invece che la Russia è stata obbligata a fare questo passo perché non c’era un altro modo per convincere la Nato di tener conto degli interessi di sicurezza della Federazione.
La decisione della Federazione Russa è considerata dalla Nato come "deludente" mentre Angela Merkel da Berlino critica gli USA che negoziano bilateralmente con i singoli paesi la costruzione della parte europea del sistema antimissile. Il cancelliere tedesco ha chiesto agli americani di offrire più informazioni sulla strategia di difesa che hanno in progetto e di avere discussioni con la Nato e la Russia in questo senso.
Mentre Bucarest resta quasi lusingata perché, come si legge in un commento pubblicato su un giornale a diffusione nazionale : "Nemmeno noi sapevamo quanto fosse importante la Romania nella geostrategia mondiale finché non ce lo ha detto il presidente russo!". Il giornale ricorda che le future basi militari americane in Romania hanno uno scopo logistico, nell’eventualità di un nuovo conflitto nel Medio Oriente, piuttosto che dislocazioni offensive antirusse. La conclusione è che "i rapporti con la Russia sono impossibili da temperare, l’importante è che i rapporti con gli USA restino sempre stretti".
La Russia è accusata inoltre dalla stampa romena di lavorare per provocare una frattura tra gli USA e l’UE, un pericolo reale dopo che la guerra in Iraq ha messo a dura prova l’unità occidentale. Ci si aspetta – considerano alcuni commentatori romeni – che stati europei importanti, fortemente dipendenti dal gas russo abbiano atteggiamenti sfumati. "Ci sarà probabilmente una guerra dei nervi tra la Russia e l’Occidente. Ci potranno essere misure di ritorsione economica della Russia verso paesi come la Romania, con i quali i rapporti diplomatici sono comunque tesi", scrive il giornale "Gindul".
Dall’altra parte, per la Repubblica Moldova (dove la popolazione è in maggioranza romenofona) il trattato appena sospeso da Mosca è uno strumento di sicurezza europea molto importante perché prevede il ritiro delle truppe russe dalla Transnistria e la presenza militare russa nella regione separatista viene considerata illegale e come il più grande ostacolo alla risoluzione del conflitto transnistreno.