La morte di un patriarca
Si sono tenuti venerdì scorso i funerali del patriarca romeno Teoctist. Aveva guidato la chiesa ortodossa rumena per un ventennio. Dal regime di Ceausescu sino agli anni della democrazia. Ora la successione
Un giorno di lutto nazionale in Romania, venerdì scorso, per i funerali del Patriarca della Chiesa ortodossa romena Teoctist. Il Patriarca si è spento lunedì, 30 luglio, nell’ospedale Fundeni di Bucarest, all’età di 92 anni per arresto cardiaco insorto in seguito alle complicazioni di un intervento alla prostata cui si era sottoposto nello stesso giorno.
Il capo del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa romena entrò nell’ordine monastico all’ètà di 13 anni, durante il regime comunista divenne vescovo. Fu eletto Patriarca il 9 novembre 1986, restando in carica anche dopo la Rivoluzione dell’89.
Durante i 20 anni alla guida della chiesa in un paese dove su 22 milioni di abitanti l’86,8% si dichiara ortodosso, Teoctist è riuscito a consolidare i rapporti con tutte le Chiese Ortodosse, nonché a rafforzare i legami ecumenici con la Chiesa Romano-Cattolica, con le chiese Protestanti, altri culti e organismi ecumenici. Il suo nome resterà per sempre nella storia per aver invitato Papa Giovanni Paolo II a visitare la Romania. Primo invito dopo il grande scisma tra Occidente ed Oriente del 1054.
E fu nel maggio 1999 che per la prima volta un Pontefice visitò un paese a maggioranza ortodossa. L’entusiamo spontaneo della gente uscita per le strade della capitale Bucarest si era tradotto in un grido comune "Unitate, Unitate" (Unità, Unità) all’indirizzo della chiesa ortodossa e cattolica.
Ma l’attività di Teoctist non è stata priva di difficoltà sia durante il t[]e del comunismo sia dopo la caduta del regime. Nonostante sia riuscito a resistere a molti compromessi imposti dal regime comunista, spesso gli attacchi all’indirizzo della chiesa sono stati attacchi alla sua persona, essendo accusato di aver collaborato con l’ex regime e in particolare con la polizia politica della Securitate.
Il servizio romeno di informazioni ha precisato invece che ad essere pedinato è stato il patriarca. Ai giornalisti presenti l’anno scorso ai festeggiamenti dei suoi 20 anni di patriarcato aveva risposto che la sua maggior amarezza è stata vedere le chiese demolite, i preti imprigionati ingiustamente nel periodo comunista: "La demolizione delle chiese. Ne abbiamo costruite altre nuove, ma quelle che sono state demolite se ne sono andate (…)".
E’ stato comunque una figura controversa. Criticato anche per l’atteggiamento passivo nei confronti della demolizione delle chiese. Solo a Bucarest è stato costretto ad accettare la demolizione di 26 chiese, veri e propri monumenti storici.
Dopo la Rivoluzione del dicembre 1989 in un clima di forte contestazioni di natura politica rilevanti alla demolizione delle chiese nella capitale romena, nella riunione del Santo Sinodo del 10 gennaio 1990 ha annunciato un suo ritiro in segno di penitenza. Si è poi rifugiato al monastero di Sinaia sino ad aprile quando il Sinodo lo ha richiamato in seguito a richieste arrivate da tutto il paese da parte dei fedeli, del clero, delle parrocchie e monasteri.
La successione e la lotta per il potere
La Chiesa ortodossa romena è autocefala dal 1885 e patriarcale dal 1925. Sono circa 19 milioni di fedeli distribuiti in 19 diocesi che seguono il rito bizantino in lingua romena. E’ la maggiore per numero di fedeli dopo quella russa. E’ organizzata come Patriarcato ed è formata da sei metropolie a loro volta composte da arcivescovadi per un totale di 11.102 parrocchie,13.925 preti e diaconi, 14.870 luoghi di culto. Per i fedeli romeni all’estero ci sono inoltre tre metropolie e due vescovadi in Europa e un arcivescovado sul continente americano.
La morte del Patriarca Teoctist ha determinato speculazioni nei confronti del suo successore e discussioni sulla necessità di riforme. La chiesa ortodossa ha rivendicato sempre un appoggio da parte dello stato. D’altronde la legge sui culti prevede che il clero ortodosso (ma anche gli altri culti) ricevano soldi dallo stato. Sono previste inoltre anche altre modalità di finanziamento dagli enti locali.
Forse anche per questo le componenti laiche della società spesso richiedono di avere informazioni sulle spese e i beni delle gerarchie ecclesiastiche nonché su aspetti morali, quali eventuali collaborazioni dei sacerdoti con l’ex polizia politica del regime Ceausescu, la Securitate.
Pochissimi quei rappresentanti della chiesa che hanno confessato pubblicamente la loro collaborazione. I dossier sui sacerdoti collaboratori della Securitate e del regime comunista nonché l’atteggiamento rispetto ad alcune proprietà greco-cattoliche non ancora restituite sono alcuni dei problemi principali rimasti in sospeso dopo la morte del Patriarca.
L’elezione di un nuovo capo della Chiesa ortodossa romena potrebbe quindi riaprire le discussioni su argomenti sensibili come quelli enunciati sopra. Sintetizzando, si sfidano due correnti: modernismo e tradizionalismo. La domanda ricorrente è se dopo Teoctist ci sarà una continuità oppure si troverà spazio ed apertura per una riforma.
Per il periodo della sede vacante la sede patriarcale è occupata provvisoriamente dal metropolita Daniel di Moldova e Bucovina. Il patriarca verrà eletto dal Collegio Elettorale della Chiesa, composto quasi per metà dai laici. Il voto sarà segreto e il patriarca verrà eletto tra i due o tre candidati indicati dal Santo Sinodo dopo 41 giorni di sede vacante.
La lotta per la successione è in realtà cominciata già anni fa. Il capitale di fiducia di cui gode la chiesa – è la prima istituzione nei sondaggi di gradimento dei romeni – rappresenta un punto di attrazione da non sottovalutare per i politici che in questi giorni hanno pellegrinato alla bara del patriarca. Non è quindi escluso che dietro alle quinte dell’elezione del nuovo capo della chiesa ortodossa romena ci siano anche loro, i politici, a cercare alleanze con un candidato piuttosto che un altro.
Tra i rappresentanti dei laici nel Collegio elettorale della Chiesa ci sono nomi noti di politici come il presidente del PNTCD (partito democristiano), Marian Milut, il vicepresidente del PD (democratici), Sorin Frunzaverde, il vicepresidente PNL (liberali), Cornel Popa, l’accademico Balaceanu Stolnici, l’ex senatore Dorel Onaca. Il loro voto avrà quindi un peso nell’elezione del patriarca. Dei 180 membri del Collegio, circa 70 sono laici.
I favoriti alla poltrona patriarcale sono il metropolita Daniel di Moldova, visto come un modernista e il metropolita Teofan di Oltenia, percepito come un tradizionalista. "L’Ecumenista" Daniel ha 56 anni, è laureato in Teologia a Sibiu, ha studiato a Strasburgo e Freiburg im Breisgau e ha due dottorati in teologia. Mentre il rappresentante del tradizionalismo, Teofan ha 48 anni, è laureato in Teologia a Bucarest, ha un dottorato in teologia a Parigi ed è stato tra la gerarchia ecclesiale molto vicina al patriarca Teoctist. Gli analisti considerano che molto dell’elezione si giocherà sull’atteggiamento conservatore oppure, al contario, più aperto dei candidati rispetto ai dogmi della chiesa.