Armenia e Azerbaijan: prevenire la guerra
L’intensificarsi degli scontri sulla linea di contatto, la corsa agli armamenti e l’interrompersi, nella pratica, dei negoziati di pace, aumentano il rischio di un ritorno alla guerra in Nagorno-Karabakh. Il preoccupante rapporto dell’International Crisis Group
Pubblichiamo la traduzione italiana della sintesi del rapporto Armenia e Azerbaijan: prevenire la guerra, diramato dall’International Crisis Group (ICG) l’8 febbraio scorso
L’ultimo rapporto dell’International Crisis Group sottolinea il deterioramento della situazione nel corso dell’ultimo anno. Le accresciute capacità militari da entrambe le parti renderebbero un nuovo conflitto armato nel Caucaso del sud di gran lunga più letale rispetto a quello del 1992-1994, che si concluse con una tregua perennemente traballante. Nessuna delle parti potrebbe contare su una vittoria facile o rapida. Anche se né l’Armenia né l’Azerbaijan stanno pianificando un’immediata offensiva a tutto campo, le schermaglie potrebbero facilmente finire fuori controllo.
“L’ambiguità e la mancanza di trasparenza sulle operazioni lungo la linea di contatto, il traffico d’armi, le spese militari e perfino lo stato dei colloqui di pace: tutto contribuisce alla precarietà della situazione”, dice Lawrence Sheets, project director per il Caucaso dell’ICG. “Si dovrebbero rafforzare i meccanismi di monitoraggio e attuare delle misure per aumentare la sicurezza e diminuire i rischi di una guerra accidentale”.
Gli ultimi dodici mesi hanno visto aumentare le violazioni del “cessate il fuoco” e una crescente sofisticazione di armi e tattiche. Nel 2010 sono state uccise almeno 25 persone e dall’inizio del 2011 sono già morti tre soldati. La maggiore efficacia delle armi che entrambe le parti si stanno procurando aumenta la rapidità di reazione e il rischio di conflitti accidentali. La prospettiva di un prossimo declino nella produzione petrolifera, che ha permesso l’enorme crescita del budget militare, aumenta la tentazione dell’Azerbaijan di usare la forza in caso di stallo diplomatico.
Bisogna fare di più per cambiare uno status quo che danneggia profondamente l’Azerbaijan, il cui territorio rimane occupato e ospita grandi quantità di sfollati. La leadership azera dice che lo scopo primario del dispiego militare è fare pressione sull’Armenia per ottenere un compromesso diplomatico. Ma dovrebbe anche riconoscere che ha un oggettivo interesse ad accettare misure che rendano la situazione sulla linea di contatto più trasparente, meno pericolosa e più controllabile.
Le parti dovrebbero avviare un’inversione di tendenza firmando un documento e concordando dei principi di base per la risoluzione pacifica del conflitto, la riduzione della tensione e per scongiurare una nuova guerra. Altre armi possono solo esacerbare una situazione già precaria. La Russia, in qualità di principale mediatore, dovrebbe interrompere la fornitura di armi e tecnologie offensive alle parti. Gli altri paesi dovrebbero aderire all’embargo militare raccomandato da OSCE e ONU. L’OSCE dovrebbe inoltre incoraggiare le parti a prolungare il suo mandato di osservazione e aumentare lo staff.
“La mancanza di progressi nei colloqui di pace sta aumentando la probabilità che in ogni momento possa scoppiare una guerra accidentale o che si verifichi un’offensiva a tutto campo nel corso dei prossimi anni”, dice Sabine Freizer, program director per l’Europa dell’ICG. “La Russia, gli Stati Uniti, la Turchia e l’Unione Europea dovrebbero avere come priorità la prevenzione di questo scenario”.