Sotto il tappeto

Dal primo gennaio i cittadini montenegrini viaggeranno senza visto nei Paesi Schengen, ma il rapporto annuale sullo stato di avanzamento, redatto dalla Commissione europea, non è del tutto positivo. Aumentano le pressioni dell’Occidente sul governo del premier Milo Ðukanović

29/10/2009, Mustafa Canka - Ulcinj

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(graham/Flickr)

Durante lo scorso anno il Montenegro ha progredito in molti ambiti, ma deve ancora investire ulteriori sforzi nella lotta alla criminalità organizzata, alla corruzione e al riciclaggio di denaro sporco. Su questi ambiti è necessaria una maggiore coesione e volontà politica. È questa la constatazione del rapporto della Commissione europea sullo stato di avanzamento dei paesi che ambiscono all’integrazione.

In particolare si afferma che la debolezza dell’amministrazione pubblica rappresenta uno dei problemi cronici di questo Paese, inoltre preoccupa la pressione sui media indipendenti.

"L’insistente riferimento sempre agli stessi problemi indica che non vi è ancora la volontà politica di risolverli", rileva l’analista Daliborka Uljarević. La quale aggiunge che a Podgorica sono state consumate parecchie energie e sforzi per spingere questi problemi sotto il tappeto, facendo sempre più pressioni sui media e sul settore non governativo.

La direttrice della Rete per l’affermazione del settore non governativo (MANS) Vanja Ćalović è convinta che le critiche provenienti da Bruxelles non siano state comprese seriamente dal governo montenegrino. "Cercano con qualche statistica di illudere tanto l’opinione pubblica locale quanto la Commissione europea e l’intera comunità internazionale. E’ chiaro però dal rapporto che questo gioco è stato scoperto e che, a prescindere dagli indicatori statistici e dai numeri, non ci sono risultati concreti nell’ambito della lotta alla corruzione ai più alti livelli di potere, e nemmeno per quel che riguarda la criminalità organizzata".

Tutti i diplomatici europei sarebbero molto felici se in Montenegro finisse almeno un "pesce grosso" nella rete, con l’accusa di corruzione e crimine organizzato e che agli accusati di questi delitti venissero infine comminate condanne definitive.

Durante la sua recente visita in Montenegro il vicepresidente della Commissione europea Jacques Baro ha chiesto ai ministri degli Interni e della Giustizia, Ivan Bajrović e Miraš Radović, di "presentare a Bruxelles dati precisi e chiari sul numero di condanne definitive per i reati realativi alla criminalità organizzata e alla corruzione", mentre a Ðukanović ha consigliato che "l’indipendenza dei tribunali deve essere realizzata anche nella prassi".

Presso le istituzioni europee è sempre più forte la convinzione che i problemi del Montenegro nel percorso d’allargamento riguarderanno in particolare il rispetto dei criteri politici. Perché questo Paese non ha ancora istituzioni democraticamente stabili, che funzionino in rispetto delle loro competenze e che collaborino reciprocamente.

"Di quali istituzioni si parla se i deputati del parlamento montenegrino violano in continuazione la Costituzione, se la Corte costituzionale tace in merito a irregolarità eclatanti e il procuratore della Repubblica si comporta allo stesso modo nonostante da Bruxelles giungano continuamente critiche per la corruzione e la criminalità organizzata?", si chiede Ðorđije Blažić, docente presso la Facoltà di studi statali e europei dell’Università di Podgorica.

"Le riserve sull’amministrazione statale e la capacità delle istituzioni accompagneranno il Montenegro fino al suo ingresso nell’Unione europea", sostiene il ministro per l’Integrazione europea Gordana Ðurović che vede nella crisi economica e nel budget statale limitato i principali ostacoli alla professionalizzazione dell’amministrazione e al suo affrancamento dall’influenza della politica. Il ministro riconosce la scarsità di condanne per corruzione e per criminalità organizzata, ma rifiuta pubblicamente di essere d’accordo con la Commissione europea quando sostiene che nella lotta a questi problemi difetti volontà politica.

Nel frattempo l’amministrazione montenegrina sta diligentemente compilando i questionari consegnati dalla Commissione europea. Quattromila domande a cui occorre dare risposta e che qualcuno non ha esitato a definire "il lavoro della vita" dell’amministrazione montenegrina.

Nessuno sa ancora con quale esito. I deputati dell’opposizione nella commissione parlamentare per le relazioni internazionali e l’integrazione europea, dopo aver preso visione di una parte delle risposte, hanno reso noto che rappresentano "una falsa presentazione della realtà". "Se lo stato dei fatti fosse veramente così come è rappresentato dal nostro governo, anche le democrazie con tradizione pluricentenaria potrebbero provare invidia per noi", ha precisato il vicepresidente del "Movimento per i cambiamenti" Branko Radulovć.

Per ora il governo non bada molto alle osservazioni dell’opposizione ed ha reso noto che sono già pronte le bozze delle risposte e che si è già iniziato con la loro traduzione in inglese. La Commissione europea a breve ceerà un gruppo di lavoro interministeriale – che raggrupperà gli esperti di tutti i direttorati della Commissione – per verificare le risposte al Questionario che riceverà da Podgorica.

Il parere della Commissione è atteso per febbraio o marzo del prossimo anno, mentre, così afferma il premier Ðukanović, alla fine del 2010 il Montenegro potrebbe ottenere lo status di paese candidato.

Le cose però non sembrano così semplici. La decisione dei più forti partiti di opposizione di boicottare le imminenti elezioni amministrative in alcuni comuni montenegrini, la mancanza di accordi sulla rappresentanza delle minoranze al parlamento, lo scarso numero di condanne per corruzione e criminalità organizzata, le lente riforme nella magistratura, il coinvolgimento di cittadini montenegrini vicini al potere in numerosi scandali, indicano infatti che dovrà passare ancora un po’ di tempo prima che il Montenegro si avvicini agli standard dell’Unione.

Gli analisti di Podgorica concordano sul fatto che questa "sbrigativa promessa di velocità", è soprattutto una risposta all’attesa e al desiderio di cittadini impoveriti che vorrebbero vedere il prima possibile il proprio Paese nell’Unione.

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