Tra i torbeshi della Macedonia
Un viaggio in Macedonia alla ricerca dei torbeshi, comunità slava di religione islamica. Con un’identità fluida e alla ricerca di un riconoscimento istituzionale. La prima di due puntate di un nostro reportage
La comunità dei "torbeshi" discende da slavi cristiani della regione geografica della Macedonia, islamizzati poi durante la dominazione ottomana.
Secondo l’etnografo bulgaro Yordan Ivanov i torbeshi discenderebbero dalle popolazioni cristiane interessate dalla corrente eretica dei bogomili. Nel suo "I bulgari in Macedonia", Ivanov inserisce nello stesso gruppo sia i pomacchi dei monti Rodopi, in Bulgaria, che i torbeshi della regione di Debar, Kicevo e Skopje. "Il nome ‘torbeshi’ è estremamente antico, e risale a prima della dominazione ottomana – scrive lo studioso – discende dai ‘torbeshi’ bogomili, che hanno poi accolto la religione islamica. I bogomili erano usi portare con se una borsa (‘torba’) per le elemosine. I bulgari ortodossi presero allora a chiamarli ‘torbeshi’ in segno di denigrazione".
Circa un secolo fa anche l’etnologo Vasil Kanchov ha descitto questa popolazione di montagna (da lui definita di ‘bulgari islamizzati’) fornendo dati e statistiche sui loro villaggi. Oggi i torbeshi abitano ancora gli stessi villaggi e le stesse aree descritte allora da Kanchov. Si tratta della parte occidentale della Repubblica di Macedonia, la città di Debar con i villaggi circostanti, così come i villaggi di Oktisi, Podgorci, Labunista, Borovec e Jablanica nei dintorni di Struga e l’area storica detta Torbesija, non lontano dalla capitale macedone Skopje.
I torbeshi che oggi vivono in Macedonia sono definiti dagli studiosi locali come "macedoni musulmani". Una parte di questa comunità si autodefinisce esclusivamente come "torbeshi", altri invece come "macedoni di religione islamica", parte del popolo macedone. Una minoranza ha richiesto il passaporto bulgaro, ma è piuttosto insoddisfatta dell’atteggiamento di Sofia, scettica nei loro confronti a causa della loro fede islamica.
Nonostante le dispute identitarie, i torbeshi tra di loro si chiamano "nashentzi" (‘i nostri’) mentre chiamano la loro lingua "nashenski" (‘la nostra lingua’), e presentano numerose affinità negli usi e costumi, così come nel dialetto parlato sia con i pomacchi dei Rodopi che con i gorani di Albania e Kosovo. I torbeshi, ad esempio, rispettano le festività islamiche, ma celebrano anche festività cristiane, come "Djurdjovden", "Mitrovden", "Leten den", "Ilinden".
Tra i torbeshi ci sono moltissimi "pechalbari", emigranti che lavorano soprattutto come operai edili in tutta Europa. Durante l’estate i loro villaggi si riempiono, al rientro degli emigranti, e le strade sono piene di bambini. Agosto è il mese dei matrimoni, che secondo l’antica tradizione si festeggiano per tre giorni e tre notti al suono di "zurni" e "tapani" (flauti e tamburi). Dall’inizio di settembre, però, i villaggi si svuotano, e i "pechalbari" tornano al lavoro in paesi lontani. Una delle mete principali dell’emigrazione dei torbeshi è l’Italia, e più precisamente il Veneto. L’emigrazione verso l’Italia è stata così massiccia, che la lingua italiana è largamente diffusa nelle regioni della Macedonia abitate dai torbeshi.
Mezza Oktisi con i passaporti bulgari
Yovan è un macedone ortodosso, vive nel cetro del villaggio di Oktisi (nella regione di Struzhki Drimkol). Nel quartiere cristiano le case, alcune delle quali con la bandiera macedone sull’uscio, sono minute, e ben diverse da quelle, grandi e spaziose, del quartiere dei torbeshi. Qui i torbeshi rappresentano il 95% della popolazione, mentre le case ortodosse non sono più di 80. Metà villaggio lavora in Svizzera, Austria, Slovenia, Grecia ed Italia.
Yovan ha quattro figli e lavora a Treviso, grazie al suo passaporto bulgaro. Uno dei suoi bisnonni fuggì in Bulgaria perché aveva problemi con le autorità serbe, e per questo Yovan ha parenti a Chirpan, in Bulgaria orientale. Suo nonno Hristo è però rimasto in Macedonia. Come i compaesani musulmani, anche gli abitanti ortodossi di Oktisi lavorano in massa all’estero.
I musulmani vivono nel quartiere in alto (‘Gorno maalo’). Nei pressi del cantiere dove si costruisce una grossa costruzione, mi fermo a chiacchierare con una ragazza del posto, che non porta il velo. Subito però interviene suo fratello, Sinan Saloski. I torbeshi sono molto ospitali, ma il loro sistema di valori è patriarcale, e gli uomini hanno diritto a prendere la parola al posto delle donne. Sinan lavora anche lui in Veneto. Ortodossi e musulmani convivono senza problemi a Oktisi, ma in una cosa sono diversi: i musulmani costruiscono da soli le proprie moschee, mentre gli ortodossi esigono fondi dallo stato per costruire le chiese.
"A Oktisi ci sono già due chiese, ma gli ortodossi vorrebbero costruirne ancora un’altra. Vorrebbero avere cinque chiese per trecento abitanti, mentre noi per cinquemila ci accontentiamo di due moschee. Questo crea tensioni, incomprensioni. Quante chiese ci vogliono per trecento persone?", chiede Sinan.
Per assistere ad un matrimonio tradizionale ci spostiamo dai vicini, che guradano un video alla tv con donne vestite dei costumi tradizionali torbeshi e antichi canti. "Noi siamo macedoni musulmani, non parliamo né albanese né turco, ma macedone, ‘nashenski’", mi spiega Irmiska, 60 anni. Un secolo fa il suo bisnonno Zekirov lavorava come muratore in Bulgaria, dove ha lasciato fama di grande lavoratore. Irmiska è molto interessata alle modalità per ottenere un passaporto bulgaro, e racconta che a Oktisi un forestiero offriva passaporti per duemila euro l’uno. Secondo Sinan, già metà del paese ha in tasca un passaporto bulgaro, col quale può lavorare sul mercato europeo.
Fijat Canovski, i torbeshi nella costituzione
Fijat Canovski è il "torbesh" più ricco e famoso della Macedonia. Tutti conoscono la sua lussuosa dimora sulle rive del lago di Ohrid nei pressi di Struga. Durante i mesi caldi dell’estate è possibile incontrarlo nel camping "Livadista", l’ultimo dei suoi progetti imprenditoriali. Il businessman, 49 anni, originario di Oktisi, ha creato la prima università privata della Macedonia, che conta oggi 4mila studenti. Per rendere più accessibile l’istruzione ai ragazzi torbeshi, oltre alla sede centrale dell’università a Skopje ha aperto una filiale a Struga, e elargisce 150 borse di studio a giovani delle regioni di Reka e Struzhki Drimkol. Canovski è anche il leader del Partito per il futuro europeo (PEI) e deputato dal 2006.
"Quando nel 2006 abbiamo creato il partito, abbiamo messo sulla tavola la nostra identità di torbeshi. Di fatto facciamo parte dello stesso gruppo dei gorani, dei pomacchi e dei traci, abbiamo conservato sia la nostra lingua che i nostri costumi. Tra di noi ci chiamiamo ‘nashentzi", sostiene Canovski.
Il PEI sostiene la presa di consapevolezza dell’identità dei torbeshi in Macedonia, e il loro inserimento come gruppo culturale particolare all’interno della costituzione macedone, anche perché chi ne fa parte possa accedere ad una quota riservata di posti all’interno dell’amministrazione pubblica. Secondo Canovski in Macedonia ci sono 120-150mila torbeshi, che avrebbero diritto a 8-9mila posti di lavoro nell’amministrazione. Il PEI è in diretta concorrenza con i partiti albanesi in Macedonia. "Gli albanesi ricevono posti di lavoro a partire da una supposto peso nella società macedone del 25%. In questa cifra, però, entra anche la nostra percentuale. Sono sicuro che al prossimo censimento del 2011 la maggioranza dei nostri si dichiarerà ‘torbesh’. Allora lo stato dovrà garantire il nostro diritto di definirci come comunità culturale all’interno del popolo macedone".
Fidanzamento a Gorno Kosovrasti
Il villaggio di Dolno Kosovrasti si trova a 800 metri d’altezza, all’inizio della pittoresca valle del fiume Radika. Ci vivono circa 650 persone, ma nei mesi invernali è quasi vuoto, perché tutti o quasi sono all’estero a lavorare. "Qui ci sono solo sassi, non cresce niente", racconta Akija Ilazoski, la cui casa si trova nella zona più alta del paese. Akija ha 60 anni, e lavora come elettrotecnico a Debar. Nel villaggio, spiega ancora Akija vivono macedoni musulmani. "Nashentzi", precisa sua moglie Fikrija.
Qui è tempo di matrimoni, un piacere costoso. Fatto secondo tradizioni antiche, un matrimonio può costare anche 10mila euro. I "zurni" e i "tapani" vengono suonati da artisti rinomati di Lazaropole, che prendono 1500 euro per due giorni, e 4-500 euro per suonare qualche ora appena.
Il vicino villaggio di Gorno Kosovrasti è ancora più isolato, tanto da sembrare alla fine del mondo. D’inverno rimane del tutto isolato, visto che non ci sono strade con cui raggiungerlo. Secondo i dati di Vasi Kanchov, nel 1900 qui vivevano 180 bulgari ortodossi. All’ultimo censimento del 2002 sono risultati 818 abitanti, 578 macedoni, 222 turchi e alcuni rappresentanti di altre etnie. Situato a 820 metri d’altezza, Gorno Kosovrasti ha 120 abitazioni, una scuola e un ambulatorio. In questo villaggio non c’è la tradizione dell’emigrazione all’estero, e la maggior parte degli abitanti lavora a Debar o nel vicino Dolno Kosovrasti. Gli uomini lottano con la montagna, a cui hanno strappato piccoli appezzamenti su cui coltivano mais, zucche, piselli, patate e pomodori.
Alla fine del villaggio incontro Rufija, 50 anni, il cui marito l’anno scorso ha lavorato all’ambasciata macedone a Sofia. Rufija canta di gioia per il fidanzamento di suo nipote. I "zurni" già risuonano nel centro del villaggio, vicino alla moschea, e dei bambini mi guidano verso lo "svarsheneto" (fidanzamento) di Samel e Zamira. Le danze sono iniziate, le donne indossano i vestiti tradizionali, arricchiti di collane d’oro.
Tra le donne che danzano c’è Shekirija, che mi presenta suo figlio, Salem Muslioski, architetto di talento, laureato in Turchia, che ha lavorato in molti paesi, tra cui la Bulgaria ma anche il mondo arabo. Salem, pur venendo da un villaggio sperduto e senza connessioni, fa oggi parte senza difficoltà di un mondo nuovo, globale. Al momento lavora in Bielorussia, mentre in passato ha gestito una ditta a Plovdiv, in Bulgaria.