Sulle montagne russe

La Macedonia è salita sulle montagne russe. Troppi eventi in poche settimane. Mentre a Vienna venivano presentate nuove proposte sulla questione del nome, il governo cadeva per poi risorgere. Ma il summit Nato di Bucarest è alle porte, e il tempo stringe

21/03/2008, Risto Karajkov - Skopje

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La Macedonia sembra essere salita sulle montagne russe. Troppe cose stanno accadendo in poche settimane. Anche il governo è caduto…o forse no? L’inviato speciale dell’Onu, Matthew Nimitz, ha reso pubbliche tre nuove proposte per trovare un compromesso con la Grecia sulla questione del nome… ma sono davvero proposte nuove? Il tempo a disposizione per affrontare questo nodo spinoso, ormai sta per scadere.

Mancano ormai pochi giorni al summit della Nato di Bucarest, che dovrebbe tenersi il prossimo 3 aprile, summit nel quale la Macedonia saprà finalmente se farà parte o meno dell’Alleanza Atlantica. Il prezzo del biglietto d’ingresso è un difficile compromesso con il governo di Atene. E se alla fine il paese dovesse restare alla porta, isolamento e tentazioni nazionaliste andranno di certo a braccetto (l’esempio della Serbia non deve essere dimenticato). La pressione diventa ogni giorno più insopportabile.

A Vienna, nell’ultimo round di frenetici negoziati, Nimitz ha sottoposto alle parti tre proposte sul nome: "Repubblica della Nuova Macedonia", "Macedonia Superiore (Upper Macedonia)" e la trascrizione letterale del nome dal cirillico "Republika Makedonija (Skopje)". Queste sono le uniche varianti che i greci sono disposti a prendere in considerazione, purché vengano utilizzate dal proprio vicino in tutti i propri rapporti internazionali.

Alla parte macedone non piace nessuna delle proposte avanzate. Skopje insiste sulla formula doppia: un nome da utilizzare nei rapporti bilaterali con la Grecia, e Repubblica di Macedonia per quelli con il resto del mondo. Questa è la posizione del governo macedone da almeno quindici anni, con pochi tentennamenti.

La Grecia usa questo argomento per denunciare i macedoni di inflessibilità. Atene sostiene di aver fatto una grande concessione, aprendo a Skopje sulla possibilità di usare il nome "Macedonia", che all’inizio veniva rigettata con forza.

La Macedonia potrebbe accettare di aggiungere al nome "Macedonia" un aggettivo che ne descriva l’ordinamento politico, come "Repubblica democratica di Macedonia", come il presidente Branko Crvenkovski ha fatto presente più volte nelle scorse settimane.

"Anche "Repubblica", nei fatti, potrebbe essere letto come una "specificazione", ha dichiarato lo stesso Crvenkovski.

Dal punto di vista di Skopje, l’aggettivo "democratica" non va a discapito dell’identità macedone, come invece farebbe quello "nuova", che andrebbe implicitamente a rafforzare l’idea che la Macedonia creata da Tito sia una creatura artificiale senza alcuna solida base etno-nazionale, e di conseguenza, che in fondo non esistano nemmeno i Macedoni.

La Grecia, da parte sua, ha già dichiarato che l’aggettivo "democratica" non è però accettabile.

"La nostra disponibilità ad accettare l’aggettivo ‘democratica’ non hanno portato ad alcun risultato", ha detto alcuni giorni fa il premier macedone Nikola Gruevski. "Atene ha reso noto di non considerarla un’opzione su cui discutere".

Forse, però, qualche passo in avanti a Vienna c’è stato. La delegazione greca non ha nascosto un certo ottimismo dopo l’incontro.

Gli Stati Uniti spingono con forza perché si trovi una soluzione. Per Washington la Macedonia nella Nato è uno dei tasselli del piano di stabilizzazione dei Balcani. L’Europa è più prudente e, naturalmente, divisa. Alcuni paesi appoggiano apertamente Skopje, altri Atene, altri ancora tentano di mantenere una posizione di equilibrio.

La Macedonia dovrà rendere pubblica la propria posizione sulle proposte presentate da Nimitz entro la fine di questa settimana. Nella prossima è previsto un ulteriore round negoziale e, secondo alcuni, lo stesso presidente americano Bush potrebbe decidere di intervenire in prima persona.

Né il premier Gruevski, né il presidente Crvenkovski sembrano ottimisti sulla possibilità di raggiungere un compromesso sulle proposte presentate, visto che non rappresentano alcuna vera novità, ma una riproposizione di idee già scartate negli anni ’90.

L’opposizione e vari analisti, mandano però segnali al governo perché si trovi una soluzione negoziale. Restare fuori dalla Nato, sostengono in molti, significa mettersi in una posizione critica.

Alcuni tra gli esperti hanno suggerito al governo di prendere in considerazione la proposta della trascrizione "Republika Makedonija (Skopje)". Questa versione del nome fu approvata in parlamento alla metà degli anni ’90, e quindi i politici macedoni, nell’accettarla, non dovrebbero preoccuparsi dalle accuse di aver "svenduto" il nome della patria.

Per rendere la situazione ancora più "interessante", la settimana scorsa la Macedonia è rimasta anche senza governo, quando Menduh Thaci, leader del Partito Democratico degli Albanesi (DPA) ha annunciato, come un fulmine a ciel sereno, che la sua formazione stava per abbandonare la coalizione oggi al governo a Skopje.

Thaci ha spiegato di non essere soddisfatto del trattamento riservato dall’esecutivo alla comunità albanese, visto che la lista di sei priorità, compreso l’uso della lingua, è rimasta solo sulla carta.

Il premier Nikola Gruevski sembra aver perso le basi per continuare a reggere le redini del paese. I leader di tutti i partiti, incluso Thaci, si sono incontrati, annunciando di voler offrire appoggio esterno ad un governo di minoranza, guidato dallo stesso Gruevski, almeno fino al summit di Bucarest. Il giorno dopo, però, Thaci ha fatto un passo indietro. I suoi ministri hanno disertato il consiglio, e lui è partito per un viaggio all’estero.

La gente comune ha cominciato seriamente a chiedersi se ci sia qualcuno al comando della nave.

Il premier greco Kostas Karamanlis ha dichiarato che la Macedonia non deve approfittare della confusione venutasi a creare come scusa durante i negoziati sul nome.

Gli analisti hanno iniziato a scrivere della "morte politica" di Gruevski, sostenendo che la situazione sia diventata troppo difficile da risolvere per le sue capacità, e che l’attuale primo ministro non abbia carisma politico a sufficienza per sopravvivere alla crisi.

Ma mentre questi commenti venivano pubblicati sui quotidiani, il governo è tornato a dare segni di vita. Thaci ha assunto toni più concilianti, facendo alcune lavate di capo in pubblico a uomini del suo partito che avrebbero agito senza il suo consenso, e sembra aver seppellito l’ascia di guerra nei confronti di Gruevski.

La sensazione è che l’intero caso sia stato gestito in modo maldestro. Forse gli unici a vederci chiaro sono stati quelli dell’Unione Democratica per l’Integrazione (DUI), partito albanese oggi all’opposizione, secondo cui quanto avvenuto è "un grosso imbroglio", e DPA e VMRO, il partito di Gruevski, hanno messo in scena un gioco delle parti.

Questa spiegazione non è da escludere, anche perché una cosa del genere è avvenuta nel 2006, quando l’obiettivo della manovra era tenere il DUI fuori dalla coalizione di governo. Ma è questo il momento giusto per un’azione di questo tipo?

Potrebbe forse far guadagnare un po’ di tempo nei negoziati, magari proprio le due settimane che restano fino al summit di Bucarest. Ma se il bluff viene scoperto, le conseguenze potrebbero essere molto gravi.

Il tempo di agire è adesso. E qualcuno deve prendersi la responsabilità di farlo. Forse restare fuori dalla Nato, per la Macedonia, non sarebbe quella sorta di inferno in terra di cui molti parlano in questi giorni. Ma, d’altra parte, anche un nome diverso con tutta probabilità non porterebbe alla cancellazione dell’identità macedone.

Ci sono decisioni da prendere. Sfuggire non è certo la soluzione al problema.

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