Sul treno del nazionalismo?

Dopo la sconfitta del summit Nato di Bucarest, la Macedonia si avvia ad elezioni anticipate, volute da Gruevski per rafforzare la propria posizione politica. Sulle consultazioni, però, grava la tentazione dei blocchi politici di sfruttare il forte sentimento di risentimento nazionalista anti-ellenico

18/04/2008, Risto Karajkov - Skopje

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In Macedonia ci saranno elezioni anticipate. Le consultazioni sono state fissate per il prossimo 1 giugno. Si tratta, almeno per il momento, del primo impatto visibile dell’umiliazione subita dal paese al summit Nato all’inizio di aprile a Bucarest, dovuta al mancato invito ad unirsi all’Alleanza Atlantica.

Dopo un lungo e duro dibattito, il parlamento si è sciolto poco dopo la mezzanotte di venerdì 11 aprile. Il voto del parlamento è arrivato solo dopo la decisione del Primo Ministro Nikola Gruevski di accettare la mozione presentata dal Partito Democratico degli Albanesi (DUI) di Ali Ahmeti, oggi all’opposizione, di indire elezioni anticipate.

Ma il ruolo del DUI nella crisi, in fondo, non è determinante. Piuttosto, è stata la pressione politica esercitata dal suo stesso alleato di coalizione, il partito dei Nuovi Socialdemocratici (NSDP) di Tito Petkovski, a spingere Gruevski all’azione. Lo NSDP è stato per molto tempo un alleato piuttosto recalcitrante nella coalizione di governo guidata dal VMRO Organizzazione Rivoluzionaria Interna Macedone, ndt di Gruevski.

In una sentita apparizione in diretta sul canale d’informazione filo-governativo "TV Sitel", la scorsa settimana, Gruevski si è lamentato delle richieste inutili del NSDP, come quelle riguardanti l’assunzione per membri del partito, che hanno bloccato il lavoro del Parlamento ostacolando le riforme.

"Hanno condizionato il loro voto sulla nuova proposta di legge con l’assunzione di alcune persone, e in più, ci hanno informato di questo con un messaggio scritto", ha affermato Gruevski. "Ne abbiamo abbastanza. Vogliamo nuove elezioni e un parlamento stabile che possa attuare le riforme".

Se da una parte non ci sono dubbi sul fatto che questa è stata la causa scatenante che ha spinto il primo ministro a fare le dichiarazioni, dall’altra è chiaro che queste sono state esternate in una condizione di forte stress politico. Se Gruevski fosse tornato vittorioso da Bucarest, con in tasca un invito della NATO, sicuramente non si sarebbe affrettato a proclamare elezioni anticipate una settimana più tardi.

La mossa non è politicamente irrazionale, ma sfortunatamente arriva nel momento sbagliato, almeno per quanto riguarda gli interessi nazionali.

Gruevski gode di un sostegno molto alto secondo i sondaggi. Allo stesso tempo, la principale forza di opposizione in Macedonia, il Partito Socialdemocratico (SDSM), è ai minimi storici. Lo stesso vale per l’NSDP, alleato di Gruevski, .

Probabilmente il fiasco di Bucarest non ha danneggiato più di tanto la credibilità di Gruevski. Avendo assunto una posizione rigida sul compromesso con la Grecia riguardo al nome – voleva sottoporre la questione a referendum – sarà nelle condizioni di poter beneficiare della rassegnazione e dell’irritazione nazionali.

Probabilmente Gruevski suppone che, dati i suoi alti consensi, è in grado di colpire i suoi oppositori politici in elezioni immediate, e ottenere una più larga maggioranza al parlamento, che gli darebbe stabilità al potere per i prossimi quattro anni.

Questo è lo scenario largamente atteso. Le reazioni dell’opposizione confermano i timori di una possibile "debacle" elettorale. L’SDSM è fortemente contrario alle elezioni anticipate, così come altri partiti minori in Macedonia. "Siete l’unica opposizione al mondo che non vuole le elezioni", hanno commentato cinicamente i membri del VMRO in parlamento.

Ma se il momento scelto per andare alle urne è buono per il VMRO, non lo è per il paese.

Rassegnazione e irritazione sono cresciute nel periodo successivo al summit di Bucarest. La Macedonia, come mai prima, è sopraffatta dall’irritazione nei confronti della Grecia. Catene di e-mail che invitano al boicottaggio di prodotti greci hanno iniziato a circolare in internet. Le notizie riportano che il commercio transfrontaliero è precipitato. La Grecia ha detto che boicotterà l’agnello macedone (è il secondo maggior importatore di questo prodotto dopo l’Italia) durante le festività della Pasqua ortodossa. La politica ha finalmente trovato un modo per colpire i legami economici che si erano moltiplicati negli anni scorsi.

Le prossime elezioni si trasformeranno probabilmente in un’esplosione della frustrazione nazionale. Daranno impulso al nazionalismo e promuoveranno sentimenti anti-Grecia tra i principali temi elettorali. Se prima di Bucarest la Macedonia sembrava davvero pronta per un compromesso – la Grecia ha respinto l’ultima proposta "Repubblica di Macedonia (Skopje)" – probabilmente lo sarà molto meno dopo la "scarica" nazionalista che si addensa sul paese.

Questa campagna rafforzerà probabilmente lo scontro tra i blocchi politici sul possibile compromesso con la Grecia. In ogni caso, il suo significato sarà molto più ampio. La Grecia è ritenuta in Macedonia la porta per l’integrazione europea. Il governo greco ha ripetuto più volte che l’unica via per l’integrazione nella Nato e nell’UE passa per Atene.

Dal compromesso con la Grecia dipende il futuro accesso a Unione Europea e Nato. Ma tanto i cittadini della Macedonia vogliono entrare in UE e nella Nato, quanto proprio ora la loro irritazione e la loro frustrazione li spingeranno a votare contro la Grecia. Automaticamente, questo voto contro la Grecia significherebbe un voto per l’auto-isolamento. Si tratta della maggiore minaccia che gravea su queste elezioni anticipate.

Al tempo stesso, lo scioglimento del parlamento ha ridotto la capacità del governo di prendere decisioni importanti, in quanto legalmente non c’è una camera che eserciti il potere di controllo sul governo. Ciò diminuisce le speranze per una possibile soluzione sulla questione del nome nell’immediato periodo post-Bucarest.

In seguito al fallimento al summit Nato, gli Stati Uniti hanno invitato a continuare le trattative con la Grecia per trovare una soluzione alla questione del nome nell’arco di settimane o addirittura giorni. Battere il ferro finché è caldo, come dice l’antico detto. L’inviato delle Nazioni Unite, Matthew Nimitz, in queste settimane è in visita a Skopje e ad Atene per appurare la preparazione per procedere con i negoziati.

Esisteva una piccola speranza che, dato il dinamismo e l’energia dispiegate prima di Bucarest, la soluzione fosse a portata di mano. In ogni caso, lo sviluppo degli eventi in Macedonia fa sfumare tale speranza. In primo luogo il governo è ridotto ad un ruolo di controllore; e poi i negoziati nel mezzo di una campagna elettorale sono semplicemente inconcepibili.

Il presidente Branko Crvenkovski ha seriamente messo in guardia sui rischi di indire le elezioni. Crvenkovski spingeva per un compromesso con la Grecia, sostenendo che la Nato costituiva un’opportunità storica da non perdere. Alcune voci dicono che dovrebbe farsi carico della situazione attuale come fece il presidente Boris Trajkovski, che si assunse la responsabilità di decidere al tempo dell’Accordo quadro di Ohrid (OFA) che pose fine alla guerra del 2001.

Sembra che non ci sia tempo. La campagna elettorale è già iniziata, come di solito accade, prima della data ufficiale, fissata per l’11 maggio. Molto presto, se non già adesso, i leader politici avranno una sola cosa per la testa.

Alcuni di loro dovranno almeno prendere il treno nazionalista. Soltanto che questa volta, diversamente dal passato, la sua tariffa è internazionale.

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