Skopje, la čaršija degli albanesi

E’ un vero e proprio barometro socio-culturale nel cuore di Skopje, capitale della Macedonia. E’ il suo antico mercato ottomano, che negli ultimi 20 anni da luogo malfamato sta diventando più trendy che mai. Un nuovo contributo per il nostro dossier dedicato ai mercati ottomani nei Balcani

29/12/2010, Marjola Rukaj - Skopje

Skopje-la-carsija-degli-albanesi

Skopje, la čaršija (Foto Panoramas, Flickr)

Antico capoluogo ottomano

Skopje era il capoluogo di uno dei pasaluk (unità amministrativa ottomana) dei Balcani. Questo suo passato è ancora evidente nella sua “Stara Čaršija”, una delle meglio conservate dei Balcani. Strade ampie e facciate neoclassiche mescolate all’architettura ottomana è quel che rimane dell’antico capoluogo ottomano, punto di contatto tra il mondo d’oriente e quello d’occidente.

La “Stara Čaršija” è ancora al centro della città, separata dalla parte moderna dal fiume Vardar e da un ponte storico detto il “Ponte di pietra”. In passato il ponte univa e separava la parte a maggioranza musulmana della città, dove ora si trova la čaršija *, e quella ortodossa dove oggi domina la modernità dei boulevard mitteleuropei rivisitati in chiave balcanica.

Quella di Skopje non è una çarshija come tutte le altre. Per capire gli stati d’animo di macedoni, albanesi, turchi e tutti gli altri che compongono il ricco ventaglio etnico della Macedonia, occorre tuffarsi tra i suoi vicoli. Quest’ultima è infatti un vero e proprio barometro socio-politico, le sue trasformazioni seguono pari passo i cambiamenti di un Paese: la Macedonia.

La çarshija degli albanesi

Oggi gli abitanti la chiamano “Stara Čaršija”, la vecchia čaršija, ma in passato veniva anche chiamata la çarshija turca, poiché la maggior parte della gente che vi lavorava era di religione musulmana. Ora gli studiosi in gergo la chiamano “la çarshija degli albanesi”. Difatti sono numerosi gli appartenenti a questa comunità che vi abitano e lavorano. Le bandiere rosse e nere e i simboli albanesi si vedono ovunque, non mancano neppure i graffiti fatti da qualche simpatizzante dell’UCK e i manifesti che invitano gli albanesi a lottare per la formazione dell’Albania etnica, che secondo le ambizioni dei nazionalisti albanesi includerebbe anche Skopje.

Nel bazar vive una delle comunità albanesi più povere e più tradizionaliste di tutti i Balcani. Qui l’Islam è visto come baluardo della propria identità, spesso infatti i suoi abitanti si dichiarano anzitutto musulmani. L’accento più frequente è quello delle montagne di Tetovo e delle regioni al confine con il Kosovo, l’accento albanese di Skopje è una rarità.

Dicono di stare nella čaršija da più di 20-25 anni. Sono loro infatti i protagonisti dell’albanizzazione della çarshija, a seguito di un ennesimo processo di etnicizzazione dello spazio urbano nei Balcani. Un processo iniziato negli anni ’80, mentre la Jugoslavia sprofondava nella crisi economica e le differenze economiche e sociali tra le etnie diventavano sempre più pronunciate, i gruppi etnici sempre più distinguibili. I macedoni lasciavano i loro negozi ai nuovi arrivati, spostandosi nella parte nuova della città. La čaršija si etnicizzava, diventava albanofona, e perdeva la sua multi-etnicità. Albanesi e macedoni inauguravano delle società parallele, una a fianco all’altra, tollerandosi ma evitandosi.

E’ negli anni ’90 che la çarshija di Skopje raggiunge il massimo del suo isolamento. Era il periodo in cui gli analisti politici scommettevano su una Macedonia che avrebbe fatto la stessa fine della Bosnia Erzegovina. Mentre la distanza psicologica tra le etnie cresceva, aumentava anche la loro separazione geografica. Nessun macedone passava all’epoca per le strade della čaršija che, nonostante fosse un patrimonio culturale e architettonico della città, decadeva e si emarginava diventando zona malfamata. Negli anni ’90 la çarshija era un quartiere da evitare, persino gli albanesi dell’Albania che visitavano spesso la Macedonia ne tornavano con dei pessimi ricordi. Solo qualche gruppo di artisti alternativi vi aveva stabilito il proprio punto di ritrovo.

Da marginale a trendy

Il ponte di pietra sul Vardar (Foto Darko Hristov, Flickr)

The stone bridge on the Vardar (Photo Darko Hristov, Flickr)

Ora la situazione sta nuovamente mutando, per il meglio. Nella Stara Čaršija si sente parlare sempre più spesso il macedone. Dopo i pochi artisti alternativi, che si sono stabiliti nella zona, dando vita a dei caffè dall’atmosfera stimolante, la čaršija è diventata di moda, da alternativa sta diventando trendy ed ora è una attrattiva non indifferente della capitale macedone, che torna ad essere frequentata. Anche il grande regista macedone Milcho Manchevski vi ha girato alcuni spot pubblicitari destinati a promuovere la Macedonia di fronte al pubblico occidentale.

Sono ormai pochi, però, gli artigiani che continuano a svolgere le proprie attività nella Stara Čaršija. Qualche calzolaio, qualche sarto, qualche trattoria tradizionale. Nel resto dei negozi si vendono prodotti importati dalla Cina o dalla Turchia, non sempre di qualità ed estetica apprezzabili, mentre la maggior parte dei locali non differiscono da quelli che si possono trovare in qualsiasi altra capitale balcanica. Se non fosse per l’architettura ottomana, sarebbe difficile distinguere la Stara Čaršija dalla parte moderna al di là del Vardar.

E’ inoltre difficile capire come verrà integrata questa parte della città nel nuovo volto che Skopje avrà nel 2014. E’ infatti in quell’anno che dovrà arrivare a termine un ambizioso e altrettanto costoso progetto di rinnovamento architettonico e culturale della capitale macedone, voluto dall’attuale governo Gruevksi. Alle porte della çarshija stanno già sorgendo nuovi edifici dallo stile barocco e neoclassico.

Un progetto architettonico tutto improntato in chiave nazionalista, difficilmente conciliabile con il patrimonio storico della città, tanto dal punto di vista estetico quanto da quello politico, dato che lo spazio urbano a Skopje ha quasi sempre una valenza multiculturale.

AAA cercasi artigiani

Ciononostante la čaršija sta iniziando a ritrovare un suo spazio nell’identità dei cittadini di Skopje, a prescindere dalla nazionalità o dalla religione. Sono molte le Ong impegnate nella sua rivitalizzazione. Nel suo cuore è stata creata una scuola per formare nuovi artigiani. I giovani apprendisti che vi stanno imparando un mestiere sono tutti giovani, appartenenti a tutte le comunità etniche della Macedonia e mediamente bene istruiti.

Nei prossimi anni il potenziale turistico della Stara Čaršija verrà sicuramente valorizzato. E forse, grazie al nuovo clima politico che si sta diffondendo nei Balcani, anche le distanze tra le comunità che hanno da sempre condiviso questo spazio urbano diminuiranno. Sempre più spesso gli albanesi e i macedoni della çarshija iniziano a parlare gli uni degli altri, ricordando come si stava bene quando la čaršija era il punto di riferimento della città, e quando Natale, Pasqua, e Bajram erano delle occasioni per incontrarsi e festeggiare insieme senza distinzione di nazionalità o religione.

* Per facilitare la lettura si è scelto di usare il termine in versione ‘bchs’ (čaršija) nei testi riguardanti la Bosnia Erzegovina e la Serbia; in quelli sull’Albania, l’ortografia albanese (çarshija); invece per i bazar in Kosovo e Macedonia vengono usate indifferentemente entrambe le diciture.

Commenta e condividi

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta