La crisi greca vista da Skopje

Nella vicina Macedonia, la tempesta su Atene produce strane rimozioni. Censura soft della notizia sui media, le autorità ostentano sicurezza, preoccupazione contenuta anche tra le migliaia di occupati in aziende elleniche. E non manca chi specula sul cambio euro-dollaro. Fino a quando?

12/05/2010, Risto Karajkov - Skopje

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Il quartiere turco, a Skopje (by Panoramas / Flickr)

Con tempismo perfetto le autorità finanziarie macedoni, confortate dai rappresentanti del Fondo monetario internazionale (Fmi), una settimana fa, lo scorso 5 maggio, hanno presentato le previsioni di crescita dell’economia nazionale per il 2010: il Pil macedone dovrebbe toccare il 2%. Una conferenza stampa in piena crisi finanziaria, ad appena pochi giorni dal declassamento del rating della Grecia al livello di ‘spazzatura’.

Le due maggiori autorità finanziarie di Skopje, il ministro delle Finanze Zoran Stavrevski, e il governatore della Banca centrale, Petar Gosev, erano seduti al tavolo, a fianco del nuovo capo missione Fmi in Macedonia, Wes McGrew, dichiarando che tutto andava bene.

A domanda dei giornalisti, se la tempesta greca avrebbe potuto estendersi alla Macedonia, McGrew ha dichiarato di non essere preoccupato: “Le banche macedoni –ha spiegato- comprese quelle a capitale greco, Stopanska Banka e Alpha Bank, non possiedono titoli di Stato greci e non sono dipendenti dalla casa madre ellenica per la liquidità”. I tre hanno quindi ribadito con determinazione che la crisi di Atene non dovrebbe avere serie ripercussioni su Skopje. Una rassicurazione sottile e tempestiva, tutt’altro che inutile.

Crisi greca in secondo piano sulla stampa

Anche sui titoli della stampa macedone, la crisi che infiamma la Grecia sembra per ora di scarso interesse. Se è positivo che il panico non oltrepassi i confini, tuttavia è piuttosto singolare –e per alcuni versi preoccupante- che il fatto del giorno da settimane in apertura dei servizi Cnn e dei media europei, goda di così poco interesse proprio nel Paese immediatamente confinante.

Skopje è ad un passo da Salonicco, una delle maggiori città elleniche del nord. E Atene è il maggior investitore estero in Macedonia, con decine di migliaia di persone impiegate presso compagnie greche.

Certo, i media hanno riferito le news provenienti dalla Grecia, ma prevale l’interesse, ad esempio, per la sistemazione di due monumenti sulla piazza centrale, ultimamente tra i temi più in voga nei notiziari.

Atene è il maggior

investitore estero in Macedonia.

Decine di migliaia di persone

lavorano per compagnie greche

in tutto il Paese.

Tuttavia mancano analisi ufficiali

su come la crisi potrebbe

coinvolgere le loro aziende

L’attenzione sorprendentemente scarsa potrebbe dipendere dalla difficoltà di prevedere il corso di un eventuale contagio. E anche se non mancano preoccupazioni per le conseguenze dei risparmi depositati nelle banche di proprietà greca, si ha l’impressione di timori facilmente tenuti a bada.

Occhi puntati sul cambio euro-dollaro

Quanto alle implicazioni più strettamente finanziarie, sembrano appena in vista. Solo da pochi giorni, i media sembrano aver messo a fuoco che la caduta dell’euro potrebbe far lievitare i prezzi dei carburanti (almeno finché il gas viene acquistato in dollari), avviando una spirale di inflazione.

Così buona parte dei commenti su stampa e tv sono dedicati al possibile andamento del cambio euro-dollaro, e in questo modo l’esile mercato finanziario macedone si associa alla fiducia globale nell’euro. I quotidiani riferiscono però anche che i macedoni esitano se restare al fianco dell’euro o cominciare a convertire i loro risparmi in dollari. Molti sono tentati di frazionare il rischio, diversificando i risparmi, tra quelli in euro –dalla sua nascita, divisa di riferimento per il risparmio domestico- e quelli in altre valute.

Come dappertutto, nessuno sa quale sarà il destino della moneta unica. “Ritengo che la fase di turbolenza sia finita, l’euro dovrebbe stabilizzarsi presto” ha commentato l’ex ministro delle Finanze macedone, Nikola Popovski, all’indomani del salvataggio congiunto deciso dall’Unione europea a favore della Grecia.

Il dinaro macedone è ancorato all’euro e dunque ne condivide il destino. Con il calo della moneta unica, anche quella nazionale perde valore. L’Eurozona è il primo partner commerciale di Skopje, ma tuttora un’ampia quota dell’import viene pagata in dollari. Così non mancano aziende che speculano sulla situazione (specie quelle che importano in euro ed esportano in dollari), mentre altri operatori vanno incontro a perdite inevitabili. Per ora, il timore di una possibile spirale inflazionistica è ancora lontano: nell’opinione pubblica, molti non hanno messo neppure in relazione i recenti rialzi del greggio con la crisi greca. Ma se il petrolio continuerà a salire, le cose potrebbero cambiare.

Il dinaro macedone è

ancorato all’euro e

dunque ne condivide il destino.

Ma i macedoni esitano

se restare al fianco

della moneta unica

o cominciare a convertire

i loro risparmi in dollari

Tutti gli scenari restano dunque aperti. E si rifletteranno sulla Macedonia così come sugli altri Paesi europei. Difficile prevedere se gli effetti della tempesta greca si fermeranno o no al confine. Alcuni osservano che potrebbero influire sugli scambi commerciali gli scioperi in atto in Grecia, nel pubblico impiego, in particolare tra doganieri e agenti di frontiera.

Mancano dati ufficiali sulle conseguenze per le aziende greche

La verità è che mancano analisi ufficiali su come la crisi potrebbe coinvolgere le attività di tante aziende private greche, attive in Macedonia. Nell’ultima ondata della crisi finanziaria globale, che ha colpito il settore privato, migliaia di dipendenti hanno perso il posto di lavoro, mentre le società hanno delocalizzato, spingendosi oltre confine in cerca di manodopera a basso costo, o di un incremento degli ordinativi. Se infatti la crisi attuale è generata dal debito pubblico, tuttavia non risparmia l’impresa privata, che è tra i maggiori creditori del governo. In questo modo, dopo mesi di attesa per i pagamenti di forniture statali, ora le aziende sono costrette a tagliare i costi ovunque, pur di sopravvivere.

Infine, a Skopje non manca chi se la ride sulle disgrazie del potente vicino. La Grecia è stata la nemesi della Macedonia nelle relazioni internazionali, specie sul fronte dell’integrazione euro-atlantica, da quando Skopje dichiarò l’indipendenza nel 1991. La maggior parte dei Paesi membri dell’Unione europea hanno sostenuto invariabilmente Atene nella sua bizzarra disputa sul nome con la Macedonia, per pura solidarietà tra pari, in quanto membri Ue. “La crisi potrebbe colpire anche noi, tuttavia sono contento –ha commentato un analista che ha chiesto di restare anonimo- L’Europa potrà finalmente riconsiderare il suo appoggio incondizionato alle politiche di chi si è comportato da monello viziato”.

L’argomento potrebbe avere una sua validità, ma la Grecia non è sola nella tempesta. Altri Paesi europei stanno lottando per venirne fuori. E sebbene tenti di nasconderlo, anche la Macedonia è tutt’altro che al riparo. Ora il governo ha ottenuto denaro per pagare i salari, attraverso emissioni regolari di bond statali, con pesanti tassi d’interesse.

Il primo ministro Nikola Gruevski e la massima autorità del suo governo in materia, il ministro dell’Economia Stavrevski, hanno respinto l’idea di un accordo con l’Fmi, dal momento che ridurrebbe la loro autonomia finanziaria. Ma secondo alcuni osservatori, potrebbe essere solo questione di tempo.

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