L’esitazione di Skopje

Nonostante la pressione della comunità internazionale, la Macedonia indugia nel riconoscimento del Kosovo. Skopje teme la reazione di Belgrado, suo maggior partner economico, e il conseguente rischio di rovinare le relazioni commerciali

03/10/2008, Risto Karajkov - Skopje

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Branko Crvenkovski e Boris Tadic

47 paesi dei 192 membri delle Nazioni Unite hanno riconosciuto il Kosovo dal giorno della dichiarazione della sua indipendenza, il 17 febbraio 2008. Di questi, 21 sono membri dell’UE. Nelle sue immediate vicinanze il Kosovo è stato riconosciuto da Albania, Bulgaria, Croazia e Turchia. La Grecia ha relazioni troppo strette con la Serbia per farlo. Gli altri due stati confinanti con il Kosovo, Macedonia e Montenegro, sono in stallo.

Alla Macedonia è stato recentemente ricordato da alcuni suoi partner della comunità internazionale e forti sostenitori dell’indipendenza del Kosovo, che si attende il suo riconoscimento di Pristina. L’ambasciatore britannico a Skopje, Andrew Key, ha detto chiaramente che il suo paese si aspetta che questo avvenga in tempi brevi. Fonti non ufficiali dicono che Washington abbia avanzato la stessa richiesta a Skopje. Questo non dovrebbe cogliere nessuno di sorpresa.

Anche i partiti politici albanesi della Macedonia, sia quelli al governo (DUI) che quelli all’opposizione (DPA), hanno fortemente sollecitato il riconoscimento del Kosovo.

Ma il governo sembra indugiare. Nessun altro argomento dell’agenda politica è mai stato commentato con così poche parole. "Agiremo nell’interesse della nazione", questo è quanto affermano da mesi i funzionari macedoni.

La ragione è più che ovvia. Skopje teme la reazione di Belgrado. Più volte la Macedonia è stata avvisata dai suoi vicini settentrionali che il suo riconoscimento del Kosovo comporterebbe seri rischi nelle relazioni bilaterali con la Serbia.

Il presidente serbo Boris Tadić il mese scorso ha incontrato Branko Crvenkovski agli incontri laterali dell’Assemblea ONU a New York. In quell’occasione, Tadić ha chiesto al presidente macedone di non procedere al riconoscimento di Pristina, altrimenti Belgrado avrebbe agito di conseguenza. "Questo interferirebbe con i nostri affari interni e peggiorerebbe decisamente i nostri rapporti", ha affermato Tadić.

"Ci aspettiamo che la Macedonia continui la sua politica di neutralità", ha dichiarato l’ambasciatore serbo a Skopje, Zoran Popović, alla televisione A1 TV a fine agosto, "se la Macedonia riconoscerà l’indipendenza del Kosovo, ciò si rifletterà seriamente sui nostri rapporti".

Data la fragilità della Macedonia nelle relazioni internazionali, e la disputa – recentemente aggravatasi – con la Grecia, l’ultima cosa di cui il paese ha bisogno è una rottura con la Serbia.

Non vi è alcuna forte opposizione al riconoscimento del Kosovo all’interno dell’opinione pubblica macedone. Un Kosovo stabile è nell’interesse del paese, ma non lo è una Belgrado adirata.

La Serbia è il maggior partner economico della Macedonia, e si teme che il riconoscimento possa rovinare le relazioni commerciali. Inoltre i possibili ostacoli ai trasporti al confine con la Serbia (che non sono difficili da immaginare) potrebbero pesare enormemente sull’economia del paese.

Il ministro macedone delle Finanze Trajko Slavevski ha cercato recentemente di scacciare queste paure. "La risposta della Serbia probabilmente non influirebbe sulle relazioni economiche. Ci sono altri modi di esprimere il proprio scontento".

Alcuni uomini d’affari macedoni seguono lo stesso ragionamento, sostenendo che gli affari hanno una propria logica separata dalla politica.

Forse questo, in parte, è vero. I governi non possono dettare una linea di pensiero al mondo degli affari, ma possono chiudere i confini (anche se temporaneamente) con diverse scuse. La Grecia lo ha dimostrato di recente in più di un’occasione.

Dall’altro lato, alcuni sostengono la tesi che il riconoscimento del Kosovo migliorerebbe di gran lunga gli scambi economici tra Skopje e Pristina. Il commercio ora ha già un suo peso, e la Macedonia trae un notevole guadagno dagli scambi con il Kosovo.

Alcuni analisti ritengono che un eventuale tentativo di Belgrado di bloccare la Macedonia non avrebbe successo. "Ci sono già stati dei tentativi di blocco ai tempi di Milošević, ma non hanno funzionato", ha affermato Dimitar Mircev, professore universitario ed ex diplomatico.

A fine giugno la Macedonia e il Kosovo hanno finalmente iniziato il lavoro di demarcazione del loro confine comune. In passato la questione del confine è stata occasionalmente causa di tensioni sia a Skopje che a Pristina. In base agli accordi, la Macedonia avrebbe contemplato il riconoscimento solo una volta demarcato il confine. Entro la fine di settembre gran parte del lavoro sul campo è stato fatto e la demarcazione dovrebbe essere ormai finita. Subito dopo l’inizio di questo processo, ai primi di luglio, Belgrado ha emesso una nota di protesta all’ambasciatore macedone nel paese.

Una volta iniziata la demarcazione, con alcuni segnali diplomatici Skopje ha tentato di negoziare il riconoscimento del Kosovo con il reciproco riconoscimento del nome "Macedonia" da parte di Pristina. Ma il presidente kosovaro Fatmir Sejdiu non sembra disposto ad accettarlo.

Anche se i funzionari politici sono stati estremamente cauti nel far riferimento ad un possibile riconoscimento, l’impressione tra i cittadini e tra gli analisti politici è che il governo stia indugiando e considerando seriamente il riconoscimento. Diverse volte, l’ultima volta la seconda metà di settembre, si è detto che il riconoscimento sarebbe avvenuto in pochi giorni. Ogni volta il governo ha smentito tempestivamente.

Ci sono state alcune accuse, anche se mai particolarmente forti, per il fatto che ci si sta sforzando di sincronizzare il riconoscimento con la cronica questione legata alla disputa con la Grecia sul nome del paese: la Macedonia si aspetta un maggiore sostegno per risolvere la questione, ed in cambio riconoscerebbe prontamente il Kosovo. Questo ha un suo filo logico. Una volta risolta la questione del nome, la Macedonia entrerebbe automaticamente nella NATO, e potrebbe decidere più facilmente sul riconoscimento. Purtroppo le cose non hanno funzionato nonostante il forte sostegno degli Stati Uniti e dello stesso presidente Bush al summit NATO di Bucarest di quest’anno. Ci si stupirebbe se le cose funzionassero adesso.

Belgrado sta diventando particolarmente tesa per l’importante voto dell’Assemblea ONU, dove la Serbia spera che il suo caso venga portato davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, così da ottenere un parere consultivo sulla legalità dell’indipendenza.

Il ministro degli Esteri serbo Vuk Jeremić ha specificamente ammonito i paesi della regione contro ogni mossa che in questo periodo potrebbe compromettere le speranze della Serbia all’ONU.

"I paesi della regione hanno una particolare responsabilità per la pace e la stabilità di questi luoghi. Di conseguenza, ci aspettiamo che non intraprendano alcuna azione prima del voto delle Nazioni Unite sul Kosovo, cosa che comporterebbe pace e stabilità", ha dichiarato Jeremić.

Per ora il fattore politico albanese in Macedonia si è dimostrato comprensivo. "Non insistiamo su una data di riconoscimento, preferiamo avere un clima politico favorevole", ha affermato il primo ministro Abdulakim Ademi, del DUI.

Date le circostanze, la politica del governo macedone di "aspettare e vedere" non è del tutto sbagliata. La prudenza è necessaria. Il governo dovrebbe fare del suo meglio per favorire buoni rapporti con il Kosovo. Poi, il riconoscimento seguirà con buone probabilità. Nel frattempo, ci sono almeno 140 paesi per cui il riconoscimento del Kosovo ha un rischio politico decisamente inferiore rispetto alla Macedonia.

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