Tensione prima del voto
In un’atmosfera da referendum suscitata dai forti messaggi della campagna elettorale, anche il Kosovo si prepara al voto di domenica 11 maggio. L’UNMIK contrario alla tenuta delle amministrative, giudicate illegali e prive di valore
"L’11 maggio è un giorno decisivo per i serbi del Kosovo e decideranno se rimanere o andare via dalla provincia. Quello sarà il giorno del cambiamento serbo, quando tutte le forze nazionali e patriottiche andranno al potere in Serbia con l’intento di lottare per il rinnovamento e il rafforzamento dello stato serbo" , ha detto il leader più influente in Kosovo, Marko Jaksic al meeting dell’altro ieri a Mitrovica.
In Kosovo i partiti politici e le associazioni serbe si preparano frettolosamente per le elezioni politiche e amministrative di domenica 11 maggio. Questa è la quarta volta che in Kosovo si tengono le elezioni politiche, e le prime amministrative dal 2000. La Serbia in questo periodo ha organizzato in tutto 7 tornate elettorali, comprese le presidenziali.
Nei 26 comuni del territorio kosovaro, secondo i dati della Commissione elettorale della Repubblica (RIK), hanno diritto al voto 91.639 elettori. Eccetto i candidati per il parlamento della Serbia, gli elettori potranno scegliere tra oltre 100 partiti politici e associazioni di cittadini, tante quante saranno presenti sulle liste elettorali del Kosovo. Oltre ai comitati locali dei principali partiti serbi, a queste elezioni si registra anche un alto numero di associazioni politiche e partiti autoctoni.
In una dichiarazione per Osservatorio, il coordinatore della RIK in Kosovo Veljko Odalovic ha detto che le liste elettorali sono grosso modo simili a quelle delle precedenti elezioni. Odalovic aggiunge che sono state ulteriormente aggiornate, e che non sono "molto peggio di quelle della Serbia centrale". Gli aggiornamenti delle liste, secondo Odalovic, si riferiscono prima di tutto alle persone sfollate del Kosovo, alle quali è stata resa più facile la presenza alle urne elettorali. Per la prima volta potranno votare in seggi appositi creati per loro; nella Serbia centrale in 141 seggi elettorali, mentre per il Kosovo è prevista l’apertura di 16 seggi appositi.
Nonostante alle elezioni organizzate dalla Serbia gli albanesi kosovari non votino già da due decenni, questi continuano ad essere presenti in determinato numero sulle liste elettorali. Si tratta soprattutto di quegli albanesi che hanno la residenza registrata in quei comuni in cui dal 1999 vive la maggioranza della cittadinanza serba, benché molti di loro da tempo non risiedano più a quegli indirizzi.
Giustificando la bassa affluenza alle urne in Kosovo nelle precedenti elezioni, i leader serbi del Kosovo dicevano che le liste elettorali non erano aggiornate, perché vi si trovava anche la maggior parte degli elettori albanesi che boicottano le elezioni serbe. A prova di questo è stata l’evidente affluenza di massa dei serbi kosovari alle scorse elezioni, motivo per cui la matematica elettorale non ha potuto rispecchiare la reale situazione sul terreno.
Veljko Odalovic aggiunge che gli albanesi durante gli scorsi anni non hanno rispettato gli inviti degli organi ufficiali della Serbia di registrare e verificare i cittadini sulle liste elettorali, e crede che siano questi i motivi per cui i nomi di questi cittadini non compaiono più sulle liste. Ciò nonostante sulle liste continuano a figurare quegli albanesi la cui residenza continua ad essere registrata nella maggior parte dei luoghi abitati dai serbi.
I preparativi per le elezioni si svolgono all’ombra della contrarietà dell’UNMIK e delle istituzioni kosovare alla tenuta delle elezioni locali. I rappresentanti dell’UNMIK, e altri funzionari internazionali, hanno dichiarato che con lo svolgimento delle elezioni amministrative serbe si viola la risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, mentre i kosovaro albanesi dicono che "su un territorio sovrano e indipendente non possono tenersi le elezioni di un paese confinante".
Il capo del Distretto kosovaro Goran Arsic, alla metà di aprile per la radio locale KIM, ha espresso il timore che alcuni rappresentanti serbi possano dover rispondere penalmente per la diffusione di materiale elettorale che è vietato.
I doganieri kosovari il 1° maggio, nella parte meridionale di Mitrovica, hanno sequestrato una parte del materiale elettorale destinato a due comuni al sud del Kosovo. Materiale che dalla Serbia centrale, attraverso il nord del Kosovo, è arrivato fino al sud. Il materiale è stato quasi tutto restituito.
Il portavoce dell’UNMIK, Russell Geekie, ha detto che il fermo di materiali in effetti è un’attività regolare della polizia kosovara e della dogana UNMIK nel controllo delle importazioni di merce in Kosovo.
"L’UNMIK non parteciperà all’organizzazione delle elezioni politiche in Kosovo, ma non le ostruirà. L’UNMIK e il Gruppo di contatto ritengono invece che le elezioni locali siano illegali e per noi non avranno alcun valore. È di Belgrado la decisione se condurre queste elezioni oppure no, noi speriamo che decideranno per non organizzare le amministrative in Kosovo", così Geekie riporta la posizione ufficiale dell’UNMIK avuta fino ad ora.
Precedentemente il direttore della sezione per l’informazione pubblica dell’UNMIK, Aleksandar Ivanko, durante la consueta conferenza stampa aveva detto che l’UNMIK impiegherà tutti i mezzi diplomatici per far sapere a Belgrado che le elezioni amministrative in Kosovo sono illegali.
Il funzionario dell’UNMIK in quella occasione ha detto anche che alcuni leader politici serbi "inviano segnali che possono essere interpretati come prontezza a rinunciare alle elezioni amministrative".
Commentando per Osservatorio questa affermazione, Veljko Odalovic dice che non è esatto.
"La RIK ha terminato la preparazione e tutto va secondo i piani, quindi non vedo alcun motivo per far sì che una cosa del genere accada. Nessun politico serio in Serbia chiederebbe una cosa del genere", ha affermato con convinzione Odalovic.
Alcuni giorni prima delle elezioni locali e politiche della Serbia, la situazione nella indebolita comunità serba del Kosovo è ulteriormente tesa, aggravata dalle divisioni e dalla campagna elettorale dei partiti politici.
L’atmosfera da referendum, incandescente e pericolosa, nella Serbia centrale sulla scelta della futura strada che dovrà prendere il paese influisce direttamente anche sulle zone serbe del Kosovo. Qui si distingue solo per il fatto che la campagna elettorale delle cosiddette forze filo europee è molto più discreta, quasi invisibile rispetto alla campagna aggressiva condotta sui media e al monopolio del marketing elettorale condotto dalle forze cosiddette popolari.
Pertanto nella via principale di Mitotica, eccetto i manifesti, su tutti i pali della luce sono stati affissi dei lussuosi striscioni con lo slogan elettorale "Sostieni la Serbia" della coalizione popolare (DSS-NS), guidata da Vojislav Kostunica. Per lo stesso tipo di reclame ha optato anche il Partito radicale serbo (SRS), mettendo gli striscioni nella via parallela.
Sui locali media elettronici dominano i messaggi della coalizione dei popolari, del Consiglio nazionale del Kosovo settentrionale (SNV), organizzazione sorella della coalizione di Kostunica, ma anche del neoformato gruppo dei cittadini di Kosovska Mitrovica.
Per il momento non ci sono annunci del Partito democratico e del Partito radicale.
Il candidato locale del Partito democratico (DS), Dragisa Djokovic, in una dichiarazione per Osservatorio ha detto che c’è più di un motivo per cui le cose stanno così.
"Noi non utilizziamo i mezzi finanziari del budget e non facciamo un cattivo uso della posizione statale in quanto individui, e non abbiamo nemmeno dei magnati che finanziano la nostra campagna. Ecco perché sarebbe un bene che l’SNV e il DSS ci spiegassero da dove gli viene tutto quel denaro per la campagna elettorale".
Djokovic critica i media locali per l’informazione selettiva, ma aggiunge che "il pagamento per pubblicità così costose è un buttare via i soldi", e poi che il Partito democratico a Mitrovica ha basato la sua campagna elettorale sui contatti diretti con gli elettori, cosa che presuppone un’azione "porta a porta" e un "voto d’amicizia".
"Dopo tutto, sui media principali della Serbia il Partito democratico fa pubblicità, quindi tutti sanno cosa è il DS e cosa è il DSS", dice Djokovic.
Alcuni membri di questo partito in una conversazione non ufficiale per Osservatorio hanno riportato l’impressione di "una pericolosa intolleranza in città nei confronti di tutti quelli che pubblicamente e semi pubblicamente non si dichiarano a favore della politica dei due Vojislav Kostunica e Seselj", e che i motivi del perché il DS non si fa sentire più forte vanno ricercati in questo.
Marko Jaksic, seguace di lungo corso della politica di Vojislav Kostunica, ha definito l’attuale presidente della Serbia e leader del DS Boris Tadic "il più grande traditore nella nuova storia serba", mentre il presidente dell’SNV Milan Ivanovic alcuni giorni fa a Belgrado ha detto che questa organizzazione a breve denuncerà il presidente della Serbia Boris Tadic, il vice premier Bozidar Djelic e il capo della diplomazia serba Vuk Jeremic.
"Avanzeremo una denuncia penale in nome del popolo, per responsabilità penale, per alto tradimento, per l’accettazione del furto e della distruzione del paese, e contro quelli che con la loro firma sull’Accordo di associazione e stabilizzazione hanno danneggiato l’integrità territoriale e la sovranità del paese e hanno compiuto un atto anticostituzionale e un atto penale", ha precisato in quella occasione Ivanovic.
La serie di visite dei funzionari di Belgrado in Kosovo prosegue con la visita di oggi di Vojislav Kostunica nel comune settentrionale di Zubin Potok.
Boris Tadic ha partecipato alla liturgia pasquale nel monastero di Decani. Numerosi ministri serbi, funzionari istituzionali di quasi tutti i partiti più importanti e vari artisti visitano il Kosovo.
Queste visite sono solo un trucco di marketing nella lotta delle élite politiche per l’acquisizione dei 70.000 voti dei serbi del Kosovo, per i quali alcuni analisti stimano che potrebbero essere l’ago della bilancia che farà vincere l’una o l’altra delle opzioni in Serbia, oppure si tratta di responsabilità statale? Il dilemma rimane tra gli inquieti serbi del Kosovo.
È così vera la minaccia che con l’11 maggio decideranno se andare o restare, oppure nella accesa campagna elettorale non bisogna badare al significato delle parole dei leader serbi del nord?
Dopo la dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo e il riconoscimento giunto da parte dei paesi più potenti, dopo la proclamazione della Costituzione del Kosovo il 17 marzo scorso, i serbi credono che un forte e prolungato sostegno di Belgrado sia la chiave per la loro permanenza.