Spaccatura in sordina
Anche in Kosovo, tradizionale roccaforte dei radicali, a un mese e mezzo dalla spaccatura del partito a livello centrale si assiste alle prime defezioni verso il nuovo Partito Progressista Serbo di Tomislav Nikolić. Una spaccatura in sordina, ma tutt’altro che indolore
Anche in Kosovo arrivano le prime defezioni dal Partito Radicale Serbo. Perché questo accadesse, però, è dovuto passare un mese e mezzo dalla spaccatura a livello centrale vissuta a settembre dal partito, fino a poco tempo fa ritenuto granitico per unità e disciplina interna. Risultato: anche in Kosovo si sono formate le prime cellule del nuovo Partito Progressista Serbo di Tomislav Nikolić e Aleksandar Vučić.
Alla fine di ottobre, tutti e dieci i consiglieri radicali di Leposavić, la più settentrionale delle municipalità del Kosovo, sono passati nelle fila del partito progressista.
Lo stesso giorno, sette degli undici consiglieri radicali di Vitina, municipalità del Kosovo meridionale, compreso il presidente del consiglio comunale, hanno abbandonato il partito guidato da Vojislav Šešelj per approdare a quello del suo ex delfino Tomislav Nikolić.
In una notizia breve, è comparsa la dichiarazione di uno dei consiglieri transfughi, secondo cui lui e i suoi colleghi si sono decisi a questo passo "a causa dell’errata politica condotta dalle spie di Vojislav Šešelj a Belgrado".
Gli ormai ex esponenti radicali non hanno perso l’occasione di ribadire che la politica condotta da Tomislav Nikolić continua ad essere rivolta alla lotta "per il progresso della Serbia, con il Kosovo come sua parte integrante".
La direzione politica del Partito Radicale Serbo non ha tardato a rendere effettive le dimissioni dei consiglieri transfughi.
La legge serba sulla amministrazione locale, infatti, prevede che i seggi al consiglio siano di competenza dei partiti, e non dei consiglieri. All’inizio del mandato i consiglieri firmano una lettera di dimissioni, insieme ad un "contratto" nel quale si ribadisce che il seggio occupato appartiene politicamente al partito di riferimento.
La procedura vuole che, in caso di "tradimento", il partito interessato sottoponga le lettere di dimissioni vidimate, i mandati e gli accordi coi vari consiglieri al consiglio comunale competente, che nella prima seduta utile constata la cessazione del mandato. Già ad ottobre i radicali hanno annunciato che le dimissioni pre-firmate sono state consegnate, e i relativi mandati annullati.
Tra l’altro, sebbene i radicali affermino che il consiglio comunale di Vitina abbia verificato le dimissioni presentate senza alcun problema, i nuovi seguaci di Nikolić sostengono di essersi rivolti al tribunale dopo che il presidente della municipalità, membro del partito dell’ex premier Koštunica, ha rifiutato di accettare il rapporto sul ritiro delle dimissioni già firmate in bianco.
Nella municipalità di Leposavić la situazione è ancora più complessa. Questa è l’unica municipalità del Kosovo nella quale, dopo le elezioni serbe delle scorso maggio, non si era giunti all’aspettata (e suggerita dall’alto) formazione di una coalizione di maggioranza tra i radicali e il Partito Democratico Serbo di Vojislav Koštunica.
Dopo l’abbandono del partito radicale da parte della sua intera rappresentanza al consiglio comunale di Leposavić, il leader della formazione in Kosovo, Ljubomir Kragović, ha assunto la funzione di presidente esecutivo del gruppo consiliare radicale, in qualità di coordinatore. Lo stesso Kragović ha dichiarato all’Osservatorio che si tratta di una misura temporanea, "finché il partito non si stabilizzerà di nuovo, dopo gli ultimi scossoni".
Kragović nega che l’intero gruppo consiliare radicale sia passato dalla parte di Nikolić, sostenendo che a farlo siano stati appena nove membri.
"Si tratta di un pugno di uomini, di fronte ai circa mille membri del partito in questa municipalità. Questi consiglieri, in quanto tali, non esistono più. Gli abbiamo ritirato il mandato, e abbiamo nominato nuovi rappresentanti", ha dichiarato ancora Kragović.
Anche in questa municipalità la procedura di accettazione delle dimissioni è finita nel tribunale locale, non essendo stata esaminata durante la seduta del consiglio municipale. La procedura prevede che la decisione del tribunale venga poi vidimata dalla Commissione Elettorale Repubblicana, che però, dopo un mese e mezzo, non ha ancora comunicato la propria decisione rispetto a questo caso.
La commissione ha tempo tre mesi per verificare le decisioni del tribunale. Nel frattempo, nella municipalità vengono prese misure temporanee. Kragović sostiene però di non temere che tutto questo possa succedere anche a Leposavić ad inizio 2009.
Nel frattempo, nonostante il Partito radicale abbia nominato come nuovi consiglieri i primi candidati non eletti, dieci consiglieri del nuovo Partito Progressista Serbo continuano ad esercitare le proprie funzioni, insieme al presidente di municipalità Vlasto Ratković.
Ratković ha dichiarato all’Osservatorio che, dopo l’elezione a presidente della municipalità, secondo la procedura, ha rinunciato al seggio di consigliere. E’ stato quindi eletto un sostituto, fatto che porta in realtà ad undici i membri del partito progressista nel consiglio municipale di Leposavić.
Ratković ha poi aggiunto che, nonostante si stia aspettando la risposta della commissione elettorale, ha avuto accesso all’informazione secondo cui questa avrebbe deciso di distribuire 12 seggi ai progressisti e 5 ai radicali. Secondo lo stesso Ratković il tribunale distrettuale di Leposavić sarebbe influenzato pesantemente dalla dirigenza del Partito Democratico Serbo, e che il suo ormai ex compagno di partito Kragović avrebbe fatto ulteriori pressioni sui giudici.
Mentre si aspetta la decisione della commissione, la municipalità di Leposavić viene governata da una coalizione di progressisti (ex radicali) e altri partiti del blocco nazionalista, Partito Democratico Serbo escluso. A questa coalizione, però, è necessario un voto ulteriore, che a detta di Ratković è già stato assicurato. Il presidente della municipalità non ha voluto scoprire le carte, ma a livello informale si dice che il supporto verrà assicurato dal Partito Democratico di Boris Tadić, nonostante le dichiarazioni pre-elettorali in cui entrambe le parti negavano la possibilità di collaborare.
Il leader dei progressisti di Leposavić ha poi annunciato che a partire dall’anno prossimo la coalizione allargherà i propri ranghi con altri 4-5 consiglieri, ma non ha voluto precisare quali formazioni sarebbero intenzionate a fornire ulteriore supporto.
Tradizionalmente i radicali segnano convincenti successi tra il corpo elettorale serbo del Kosovo, soprattutto grazie al forte sentimento nazionale che campeggia nel loro programma, e alla retorica di partito in cui il Kosovo recita la parte del leone. Nelle ultime elezioni serbe, tenute a maggio del 2008, il Partito radicale, pur subendo a livello generale una sconfitta da parte del blocco pro-europeo guidato dal Partito democratico, in Kosovo, come previsto, ha conquistato ben 23 municipalità su 26.
Buona parte del merito della popolarità del partito negli ultimi anni è stata senza dubbio dovuta a Tomislav Nikolić, personalità che ha riscosso grande fiducia nei serbi del Kosovo di tutte le generazioni. Anche se oggi tra i radicali continuano ad esserci molti estimatori di Nikolić, la maggioranza dei serbi del Kosovo parla poco delle prime spaccature all’interno del partito, e continua a considerare Vojislav Šešelj come un eroe.