Kosovo: targhe per la sovranità

Il confronto di queste settimane tra il governo di Albin Kurti e Ue e Stati Uniti non è niente di nuovo. Vetëvendosje tra gli ostacoli alla sovranità del Kosovo ha sempre visto tanto la Serbia che i partner occidentali. Un commento

02/12/2022, Vjosa Musliu -

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Illustrazione di Kosovo 2.0

(Pubblicato orginariamente da Kosovo 2.0 il 23 novembre 2022)

Il problema delle targhe delle auto è tornato ancora ad esemplificare le tensioni in corso tra Kosovo e Serbia. Una decisione recente del primo ministro Albin Kurti, definita da lui stesso “una graduale attuazione delle politiche per le targhe illegali” ha implicato che dal primo novembre la polizia kosovara abbia il diritto di comminare multe a chi guida su auto con targhe rilasciate dalla Serbia per auto del Kosovo. A partire dal 1 aprile 2023 poi, le auto avrebbero potuto circolare solo se in possesso di una targa kosovara.

La decisione non è per nulla piaciuta al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Giorni prima dell’attuazione, l’ambasciatore statunitense del Kosovo Jeff Hovenier aveva dichiarato che il suo paese avrebbe preferito la questione fosse rimandata, per evitare inutili tensioni.

Quando Kurti è andato avanti con i suoi piani, il Dipartimento di Stato ha inviato una lettera di disappunto e preoccupazione per il fatto che il governo del Kosovo non stesse facendo quanto richiesto. Il malcontento è diventato evidente il 10 novembre scorso, quando è stata bruscamente rinviata una visita ufficiale negli Stati Uniti del ministro della Giustizia e del ministro degli Affari Interni del Kosovo, prevista per dicembre.

Il 21 novembre è stata rinviata al mittente da parte del governo kosovaro un’altra richiesta proveniente dai partner internazionali per un rinvio di un mese di alcune parti del provvedimento  adottato – che prevedeva l’emissione di multe per i conducenti con targhe illegali a partire dal 22 novembre e che ha provocato le dimissioni di massa di serbi del Kosovo dalle istituzioni kosovare. L’alto rappresentante dell’Unione Europea Joseph Borell ha espresso parole particolarmente dure per il Kosovo, affermando che il governo ha mostrato una “mancanza di rispetto per gli obblighi internazionali”. All’ultimo momento gli Stati Uniti sono intervenuti proponendo un rinvio di 48 ore, accettato subito da Kurti.

Kurti aveva iniziato ad affrontare il problema delle targhe nel settembre 2021. Fin dall’inizio era chiaro che la questione andava oltre le targhe e che si trattava di dimostrare e rafforzare la sovranità del Kosovo di fronte all’intransigenza serba. Vetëvendosje si è a lungo concentrato come movimento nel dare sostanza al vuoto di sovranità del Kosovo.

Vetëvendosje cerca di recuperare potere dai sostenitori internazionali del Kosovo

Vetëvendosje, e soprattutto Kurti, sono consapevoli che la sovranità del Kosovo non è solamente ostacolata dalla continua intromissione della Serbia. Come movimento di sinistra impegnato nella critica decoloniale delle relazioni di potere, il partito cerca di recuperare potere dai sostenitori internazionali del Kosovo. A tale scopo, la recente decisione di Kurti sulle targhe automobilistiche mira a ridefinire, se non ad affrontare, il rapporto peculiare del Kosovo con gli Stati Uniti e i paesi del cosiddetta Quint (Francia, Germania, Italia e Regno Unito). La ridefinizione di questi equilibri, tuttavia, è complicata.

La sovranità del Kosovo, seppur incompleta a livello internazionale, è garantita dagli Stati Uniti e dall’Europa occidentale. Allo stesso tempo, sono questi paesi, con continue interferenze nella politica quotidiana del Kosovo, a rappresentare i maggiori ostacoli alla piena sovranità del Kosovo. Se il confronto di Kurti con questo paradosso sta certamente conquistando il sostegno interno, non rischia di distrarre il suo governo dall’affrontare altri problemi urgenti di disfunzione e degrado in tutto il paese?

Da salvatori ad ostacoli 

Nel 1999, insieme alle forze alleate, gli Stati Uniti hanno avviato i bombardamenti della Nato contro la Serbia per fermare la pulizia etnica nei confronti della comunità albanese del Kosovo. Nel 2008, gli Stati Uniti sono stati determinanti nel coordinare, pianificare e coreografare la dichiarazione di indipendenza del Kosovo e nell’ottenere il conseguente riconoscimento internazionale. La gratitudine e l’adorazione che la maggior parte degli albanesi kosovari nutre per gli Stati Uniti è evidente nel modo in cui le truppe statunitensi sono state accolte nel 1999, nel posizionamento delle statue dell’allora presidente Bill Clinton e della Segretaria di Stato Madeleine Albright, ma anche dal modo in cui gli albanesi kosovari celebrano il compleanno di Bill Clinton.

Considerato questo sentimento pubblico, le élite politiche del dopoguerra in Kosovo – in gran parte ex leader della guerriglia – hanno stabilito una relazione accogliente, dipendente e servile con l’ambasciata statunitense a Pristina.

A causa della posizione ostruzionistica della Serbia e dell’impegno letargico – se non omissivo –  dell’Unione Europea nei confronti del Kosovo, sembrava che la scelta migliore per l’élite kosovara fosse quella di lasciare che fossero gli attori internazionali – idealmente gli americani – a gestire anche gli affari correnti. Per questo motivo, nel corso di due decenni, si è creata una narrazione in cui l’essere “yes-man” nei confronti dell’ambasciata americana è stato presentato come sinonimo di protezione degli interessi del Kosovo.

Interventismo liberale 

A differenza dei suoi predecessori, che hanno agito come obbedienti e acritici esecutori delle politiche spesso discutibili degli amministratori internazionali, Vetëvendosje ha a lungo criticato i paradossi della costruzione statale del Kosovo, spesso mettendo in risalto i tratti neocoloniali dell’interventismo liberale occidentale.

Ad esempio, dopo l’insediamento della Missione di amministrazione provvisoria delle Nazioni Unite in Kosovo (UNMIK) ad inizio 2000, Vetëvendosje non ha tardato a bollarla  come antidemocratica e non orientata agli interessi dei cittadini del Kosovo. Gli attivisti di Vetëvendosje si sono spesso scontrati con gli agenti di polizia dell’UNMIK e hanno vandalizzato le loro auto.

Nel 2007, Vetëvendosje ha organizzato una campagna a livello nazionale per boicottare le elezioni organizzate dall’UNMIK in Kosovo. Sostenendo che le elezioni erano mere simulazioni di democrazia, Vetëvendosje ha ricoperto il paese di graffiti con l’acronimo UNMIK, che in albanese va inteso come “Unë Nuk Merrem Me Interesat e Kosovës” (“Non mi interessano gli interessi del Kosovo”).

Sebbene il movimento non fosse contrario a una presenza internazionale nel paese, era però contrario all’UNMIK, diventata essa stessa potere sovrano. Nello stesso periodo, gli attivisti di Vetëvendosje hanno dipinto i muri appena eretti intorno all’edificio dell’UNMIK a Pristina, con graffiti che recitavano “UNMIK COLONIALISM”, come commento ad un’amministrazione internazionale fortificata e distaccata.

Nel 2008 il Kosovo ha dichiarato la propria indipendenza con l’aiuto degli alleati occidentali. La Costituzione kosovara, l’inno e la bandiera nazionale sono stati pensati seguendo i rigidi dettami dell’Ambasciata americana e degli altri partner occidentali, che hanno deciso quali fossero i valori e le estetiche adeguate. All’epoca, Vetëvendosje considerava vuota la dichiarazione di indipendenza. Ridicolizzarono la bandiera in quanto non rappresentativa del popolo del Kosovo e dissero, “l’attuale costituzione è per il Kosovo, ma non è del Kosovo… il Kosovo dovrebbe avere una costituzione sovrana, storica, nazionale, civica e democratica. Quella attuale non è nulla di tutto ciò”.

Inoltre, Vetëvendosje, all’epoca un movimento politico e non ancora un partito, aveva un rapporto con l’Ambasciata statunitense che non era né amichevole né servile. Nei documenti diplomatici rilasciati da Wikileaks a partire dal 2007, l’ambasciatrice americana di Pristina Tina Kaidanow scrisse che l’arresto di Kurti – avvenuto in seguito alle violente proteste del 10 febbraio 2007, quando la polizia rumena delle Nazioni Unite uccise due manifestanti di Vetëvendosje – era “una buona notizia per il Kosovo” e che Kurti era a “rischio di fuga [e] un pericolo per la sicurezza pubblica”.

Nel 2011, Vetëvendosje si è trasformato in un partito politico e ha partecipato alle elezioni dello stesso anno. Il giorno prima delle elezioni, l’ambasciatore statunitense a Pristina Christopher Dell ha visitato le sedi dei partiti politici per augurare a tutti un procedimento equo e democratico. Quando i giornalisti gli chiesero se avesse intenzione di visitare anche Vetëvendosje, Dell dichiarò bruscamente “non li ho mai incontrati e non li incontrerò”, inviando un chiaro messaggio agli elettori del Kosovo su quali partiti politici avessero il supporto degli Stati Uniti, un tentativo implicito di influenzare gli elettori.

I tentativi di Vetëvendosje di ridefinire il rapporto tra Kosovo e Stati Uniti sono stati resi difficili da questa relazione passata e dall’interferenza americana a lungo termine nella governance del Kosovo, compresa la scelta di un presidente kosovaro attraverso una busta sigillata e la destituzione di vari governi.

Nell’ottobre 2019, Vetëvendosje, in coalizione con la Lega democratica del Kosovo (LDK), è salito al potere per la prima volta dopo aver vinto le elezioni nazionali con il 26% dei voti. All’inizio del 2020, proprio in concomitanza con l’inizio della pandemia, gli Stati Uniti e altri partner internazionali hanno riesumato un accordo che prevedeva lo scambio di territori per risolvere le questioni in sospeso tra Kosovo e Serbia, sostenuto non-ufficialmente anche dall’ex Alto rappresentante dell’Unione Europea, Federica Mogherini. L’accordo prevedeva tra le altre cose che il Kosovo eliminasse le tasse doganali sui prodotti serbi. Dopo che Kurti si è opposto in modo netto all’ipotesi, l’LDK ha promosso un voto di sfiducia che ha portato alla fine del governo.

Il voto di sfiducia dell’LDK è stato architettato direttamente dall’amministrazione Trump, in particolare da Richard Grenell, Inviato speciale del Presidente degli Stati Uniti per i negoziati di pace tra Serbia e Kosovo. A soli due mesi dal voto di sfiducia, il capo del gruppo parlamentare della LDK, Arben Gashi, ha dichiarato che Grenell aveva dato un ultimatum di sette giorni alla LDK per far cadere il governo guidato da Kurti. “Ci sono state date chiare istruzioni su ciò che doveva essere fatto nel giro di sette giorni. E ogni giorno che trascorreva ricevevamo un promemoria” ha dichiarato Gashi a Kanal 10, emittente del Kosovo.

Ma le elezioni successive – nonostante l’interferenza dell’amministrazione Trump e la sua chiara avversione per Vetëvendosje – con sorpresa di molti gli elettori kosovari sono andati contro le preferenze politiche del governo statunitense. Il 14 febbraio 2021, Vetëvendosje guidata da Albin Kurti, in coalizione con il partito scissionista dall’LDK “Lista Guxo”, guidato dall’attuale presidente del Kosovo Vjosa Osmani, ha raddoppiato i propri voti e vinto le elezioni con una maggioranza schiacciante di oltre il 50%.

Vetëvendosje, non ancora allineata

I risultati hanno dimostrato che, anche se la schiacciante maggioranza degli albanesi kosovari considera gli americani come liberatori e adora Clinton e Albright, sono però consapevoli delle interferenze antidemocratiche avvenute. Vetëvendosje è riuscito a salire al potere e raddoppiare la sua base elettorale, nonostante l’antipatia del Dipartimento di Stato americano, senza ricorrere ad una servile condiscendenza.

Kurti non è certo il primo leader che tenta di rafforzare la sovranità del Kosovo di fronte all’ostruzione della Serbia, anche se i tentativi passati sono stati sporadici e di breve durata. Nel 2011, ad esempio, le tensioni tra Kosovo e Serbia sono aumentate quando il governo kosovaro ha cercato di prendere il controllo di due valichi di frontiera nella parte settentrionale del paese, a Jarinje e a Brnjak. Nelle tensioni armate avvenute con i serbi locali rimase ucciso in servizio l’ufficiale di polizia kosovaro Enver Zymberi.

A differenza dei suoi predecessori, che erano suscettibili di condizionamenti da parte degli organismi internazionali a causa di accuse di corruzione e per gli affari criminali del dopoguerra, Kurti non può subire le stesse pressioni. Finora non ci sono state accuse credibili di corruzione legate alla sua leadership e i commentatori in Kosovo scrivono che è riuscito a creare attorno alla sua persona un mito di suprema autorità morale. Questo lo ha evidentemente messo in posizione privilegiata nei confronti dei partner internazionali.

Oltre alla ridefinizione delle relazioni con gli Stati Uniti, sembra che Kurti stia anche rinegoziando le relazioni del Kosovo con l’Unione Europea. Mentre era all’opposizione, ha respinto qualsiasi nuovo accordo con la Serbia, sostenendo invece la necessità di fare un punto sugli accordi precedenti, molti dei quali a suo avviso attuati parzialmente o per niente. In campagna elettorale ha dichiarato più volte che il dialogo tra Serbia e Kosovo, facilitato dall’Unione Europea, sarebbe stato la sua sesta o settima priorità. In realtà, quello che andava segnalando, non erano tanto le sue priorità, quanto piuttosto il suo approccio al dialogo.

Da quando Kurti ha ripreso il suo incarico da primo ministro a febbraio, abbiamo visto che, come i suoi predecessori, si reca spesso a Bruxelles. Durante queste visite, tuttavia, ha insistito su misure di reciprocità con la Serbia e ha evidenziato la necessità che il Kosovo potesse parlare e agire come stato sovrano legittimo. Ha anche messo a nudo le relazioni di potere asimmetriche tra i due paesi, insite nella formula dell’UE per la gestione del dialogo.

Anche se non guida più campagne di graffiti contro UNMIK o EULEX, il rapporto di Kurti con l’Unione Europea e gli Stati Uniti, ora che è al potere, riflette le radici di Vetëvendosje come movimento di sinistra fondato sulla critica decoloniale. Sia che il movimento dipinga con lo spray “EULEKSPERIMENT” nei luoghi pubblici di Pristina, sia che agisca in modo indipendente nella diplomazia internazionale un decennio più tardi, Kurti ha dimostrato l’intenzione di smascherare le modalità con cui gli interventisti liberali occidentali sperimentano nuovi modelli di intervento politico ed economico in Kosovo.

Le targhe non sono tutto 

Con la vittoria senza precedenti di Vetëvendosje alle elezioni del 2021, sono nate grandi aspettative su ciò che avrebbe potuto realizzare. L’orribile eredità dei governi precedenti, segnati da corruzione e nepotismo su larga scala per oltre 20 anni, ha solo accresciuto le già grandi speranze e aspettative.

Tuttavia, per molti in Kosovo, i progressi previsti tardano ad arrivare. I settori dell’istruzione e della sanità restano afflitti da problemi strutturali e le speranze di miglioramento sono scarse. In effetti, le targhe, il dialogo con la Serbia e le relazioni di Kurti con gli Stati Uniti sono da mesi al centro del dibattito pubblico in Kosovo. Questo ha distolto l’attenzione dalle questioni dell’inquinamento atmosferico, dell’inflazione, delle tanto necessarie riforme nel settore sanitario e della crisi energetica sempre più incombente.

Con EULEX, il Kosovo ospita la più grande missione di politica estera e di sicurezza comune dell’UE al mondo, eppure i kosovari non sono i benvenuti nell’UE. È l’unico paese in Europa oltre a Russia, Turchia e Bielorussia, a non godere dell’esenzione dal visto per l’UE, nonostante abbia soddisfatto le condizioni per la liberalizzazione dei visti già nel 2016. E nonostante la tangibile presenza degli Stati Uniti nella politica quotidiana del Kosovo, i kosovari non godono nemmeno dell’esenzione dal visto Usa.

Per oltre due decenni, gli alleati occidentali hanno dato lezioni ai kosovari su come diventare uno stato secondo i principi occidentali. Ai kosovari è stato chiesto di accogliere acriticamente le idee liberali occidentali sulla costruzione di uno stato. Allo stesso tempo, per più di due decenni, i kosovari sono stati evitati dagli stessi alleati e sono stati messi ai margini come “Altri”.

Sulla scia di questa umiliazione, molti kosovari vedono un barlume di dignità nei principi che Kurti fa valere davanti alla comunità internazionale. Ma fino a che punto questa posizione nei confronti degli attori internazionali compensa i problemi strutturali e quotidiani interni? 

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