Kosovo | Pedakos | Cooperazione, Diritti, Politica
Kosovo: nidi e scuole dell’infanzia non sono ancora una priorità
Non tutti i comuni del Kosovo hanno una propria scuola dell’infanzia e le risorse pubbliche investite nel settore sono minime. Ma alla Facoltà di Scienze della formazione di Pristina si lavora per formare insegnanti che mettano al centro le esigenze dei bambini. Un’intervista
Abbiamo parlato con Majlinda Gjelaj, professoressa presso la facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Pristina e coinvolta nel progetto Pedakos dedicato alla prima infanzia in Kosovo.
Ci può fornire una panoramica generale sull’educazione prescolare in Kosovo?
Anche se l’educazione prescolare è considerata il pilastro che determina il successo degli studenti nel loro percorso educativo, in Kosovo non è oggi tra le priorità delle politiche dell’educazione.
Questo risulta evidente dalla distribuzione sbilanciata delle istituzioni prescolari sul territorio – solo 23 delle 34 municipalità del Kosovo hanno almeno una scuola per l’infanzia per bambini fino ai sei anni – e dal numero esiguo di asili nido pubblici, solo 42 nell’intero paese.
Mancano poi infrastrutture adeguate per bambini di quell’età e mancano materiali didattici adeguati.
Quali sono le sfide principali che il settore della prima infanzia in Kosovo si trova ad affrontare?
Spesso i bambini che vivono in aree rurali non hanno accesso ad un’educazione prescolare istituzionalizzata. Anche gli insegnanti che vivono in zone rurali hanno un percorso professionale meno approfondito rispetto a quelli delle aree urbane.
Per gli insegnanti dei bambini 0-3 anni non è previsto alcun percorso formativo specifico e basta essere diplomati in infermeria.
Inoltre il budget destinato al settore da parte dei vari comuni è spesso molto limitato e solo la città di Pristina, negli ultimi anni, lo ha aumentato.
Infine nonostante siano stati definiti in questi anni standard e politiche specifiche, il Kosovo rimane uno dei paesi d’Europa con il tasso inferiore di inclusione dei bambini 0-6 anni nell’educazione prescolare. Su questo mi preme sottolineare che spesso ci si riferisce con “inclusione” alla sola presenza fisica dei bambini, senza alcun legame alla qualità dei servizi offerti, che non sono ancora a livello soddisfacente.
Quali invece i punti di forza del sistema prescolare in Kosovo?
L’attuale normativa si assicura che gli insegnanti che lavorano con i bambini di fascia prescolare siano in possesso di una laurea e ci sono cinque università pubbliche in Kosovo a fornire questo tipo di formazione.
Altri aspetti positivi sono rappresentati dal fatto che attualmente molte ong stanno cercando di sostenere il settore e che la mentalità dei genitori è cambiata molto in questi anni. In passato non esisteva l’abitudine di mandare i bambini alla scuola materna se le madri non lavorano. Ora è diverso e si ritiene che i bimbi possano avere accesso a maggiori opportunità per il loro sviluppo se frequentano.
Gli attuali insegnanti lavorano in base a standard e direttive contenute in un documento del 2006. Quale l’elemento più superato di quest’ultimo?
Non concordo sul fatto che nell’educazione dei bimbi nei loro primi anni di età si faccia riferimento, come indicatore, sempre all’età. Preferirei venissero definiti obiettivi più ampi da raggiungere attraverso una metodologia che mette al centro il bambino, basata sui suoi interessi, le sue potenzialità, i suoi bisogni.
Nel 2011-12 ho condotto uno studio sulla preparazione per la scuola primaria dei bimbi che terminavano la fase prescolare ed è emerso che non erano ancora pronti dal punto di vista cognitivo e dello sviluppo, ma anche in altri campi, come quello motorio e dello sviluppo del linguaggio.
Ritengo che ci sia molto da fare nel preparare gli insegnanti e l’intero sistema promuovendo un approccio che metta al centro il bambino ed una pedagogia integrata che promuova un’educazione olistica.
In Kosovo è oggi attivo un numero consistente di nidi e scuole dell’infanzia privati. Quanto a suo avviso questi riescono a fornire un’educazione adeguata?
Gli asili privati sono spesso attrezzati meglio di quelli pubblici e in generale presentano condizioni di lavoro e materiali didattici migliori. Tuttavia, in molti casi, mancano di una pedagogia adeguata e si concentrano nel pubblicizzare la presenza di mobilio costoso, piuttosto che la qualità dell’istruzione fornita.
I bambini hanno bisogno di un luogo che assomigli al loro ambiente familiare, caldo e accogliente, ma anche motivante. Devono avere la possibilità di scegliere le attività in base ai loro interessi e prendere decisioni da soli.
Le istituzioni pubbliche, dal canto loro, sono generalmente poco attrezzate. Non c’è poi alcun sistema di monitoraggio o tutoraggio. Non esiste quindi un sistema di garanzia della qualità: spesso ci sono classi con un numero di bambini troppo elevato, personale anziano oppure personale non qualificato che lavora con i bambini da zero a tre anni.
Restando sul tema del monitoraggio e del tutoraggio, non esiste proprio alcun sistema di controllo?
Il ministero ha a disposizione un certo numero di ispettori, ma questi non hanno un background professionale adeguato. Potremmo avere ad esempio come ispettore un ex insegnante di matematica, che entra in asilo ed esprime il proprio giudizio senza essere in grado di applicare strumenti adeguati a misurare la qualità del lavoro che viene lì svolto.
Per questo gli ispettori si concentrano principalmente su questioni burocratiche relative alle rigide procedure del ministero, ma non sono in grado di fornire consigli pedagogici in grado di aiutare il personale a riflettere sul proprio lavoro e sulle proprie esigenze professionali.
Il mondo dell’università potrebbe dare un contributo importante in questa direzione?
L’università potrebbe avere una partnership migliore con le parti interessate come nidi e scuole per l’infanzia, soprattutto nel tutoraggio, più che nel monitoraggio .
Mandiamo i nostri studenti a fare pratica di insegnamento e quindi i loro supervisori universitari potrebbero svolgere anche il ruolo di consulenti degli insegnanti, e non solo degli studenti.
Dal canto loro gli insegnanti potrebbero dare un feedback alle facoltà sulle abilità, conoscenze e valori che agli studenti mancano o che dovrebbero a loro parere essere affrontati in modo più approfondito attraverso i nostri programmi.
Come facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Pristina, negli ultimi anni abbiamo rivisto il nostro programma due volte in base al quadro europeo per una formazione di insegnanti di qualità. Miriamo a preparare insegnanti competenti che siano pronti a implementare un curriculum incentrato sul bambino e in grado di affrontare i cambiamenti nella società.
Ci può raccontare il ruolo della facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Pristina all’interno del progetto Pedakos?
Stiamo mettendo in campo un corso opzionale all’interno del programma dedicato all’educazione prescolare. È un corso che mira a formare gli studenti a lavorare secondo il cosiddetto Reggio Emilia Approach , sia a livello teorico che pratico, sulla fascia d’età 0-3 anni e 3-6 anni.
Gli studenti analizzeranno l’ambiente, gli strumenti, i materiali, il ruolo degli insegnanti, il ruolo dell’atelier, il ruolo dell’atelierista, la partecipazione delle famiglie e tutti gli altri elementi e valori costitutivi di questo approccio.
Gli studenti saranno poi aiutati nella costruzione di progetti educativi secondo l’approccio reggiano e nella comprensione della filosofia del lavorare con il bambino all’interno di questa cornice. Scopo del corso sarà anche applicare praticamente alcune parti del programma di lavoro in base alle reali condizioni di utilizzo di questa filosofia educativa nelle scuole d’infanzia del Kosovo coinvolte in PEDAKOS.
Il tutto verrà definito e portato avanti in stretta collaborazione e grazie allo scambio con il personale qualificato di Reggio Children .
Oggi in Kosovo esistono molte scuole straniere che offrono educazione prescolare, come ad esempio Finnish School, QSI, etc. Quanto loro metodologia e impostazione è conforme al sistema educativo del Kosovo e qual è l’approccio dello stato nei loro confronti?
In questa sede posso solo esprimere la mia opinione personale: penso che il nostro sistema educativo dovrebbe avere una propria identità e dovrebbe essere progettato per le nostre esigenze, piuttosto che limitarsi a imitare i modelli internazionali, spesso provenienti da stati e realtà che hanno ben poco in comune con il Kosovo.
Sono a favore di un allineamento generale del nostro sistema con i principi e standard dell’UE, ma credo che il contenuto educativo di base debba adattarsi alle caratteristiche e peculiarità del nostro paese.