Kosovo, PDK e AAK insieme al governo?
Chiuse le urne, nonostante numerose accuse di brogli, in Kosovo già si cercano formule per la nuova maggioranza di governo. Secondo l’analista Genc Krasniqi, quella più probabile vede insieme gli avversari di sempre, Hashim Thaci e Ramush Haradinaj. Nostra intervista
Hashim Thaci e il suo PDK escono vincitori da queste elezioni nonostante la forte disaffezione verso il governo. Quali gli elementi alla base di questa vittoria?
Alla base della vittoria di Thaci c’è innanzitutto una campagna elettorale estremamente “aggressiva” in termini di copertura mediatica e promesse elettorali. Il motivo più profondo risiede però nella proliferazione di proposte alternative, che hanno disperso il voto di opposizione. Per tutta la durata del precedente mandato, soltanto l’AAK di Ramush Haradinaj ha esercitato una vera opposizione al governo. A queste elezioni, invece, c’erano più formazioni, anche su piattaforme politiche molto diverse, a presentarsi come “alternativa” a Thaci.
Queste consultazioni sono state segnate da numerose denunce di brogli e manipolazioni. Ritiene che siano state ben organizzate?
Bisogna tenere presente che la Commissione elettorale ha avuto pochissimo tempo, circa 45 giorni, per organizzare il processo elettorale. In questo contesto, e considerando che si è riusciti ad evitare un pericoloso vuoto istituzionale, credo che il giudizio debba essere sostanzialmente positivo. Riguardo ai presunti brogli, relativi soprattutto alle circoscrizioni di Skenderaj e Gllogovc, tradizionali roccaforti del PDK, le accuse devono essere portate alla Commissione entro le 19 di oggi (ieri per chi legge N.d.R.) e circoscritte: solo osservando le procedure legali i partiti che si ritengono danneggiati possono esercitare i propri diritti.
L’altro vincitore di oggi è il movimento Vetevendosje che, presentatosi per la prima volta al vaglio delle urne, sarà la terza forza nel prossimo parlamento…
Vetevendosje è riuscita a capitalizzare le crescenti frustrazioni della società kosovara. Con l’attuale situazione economica, oggi in Kosovo il benessere dipende soprattutto dai legami con le istituzioni e con chi amministra la cosa pubblica. Questo ha fatto crescere a dismisura la sensazione che “i politici sono ladri e corrotti”, e Vetevendosje ne ha approfittato, portando avanti una campagna dai toni populisti. A dare poi ulteriore spinta al movimento di Albin Kurti c’è anche l’inefficienza dimostrata fino ad oggi dalla missione Eulex nell’affrontare i problemi di governance che affliggono il Kosovo.
I media internazionali hanno dato molto risalto alla retorica nazionalista di Vetevendosje e alla proposta di unione tra Kosovo e Albania…
Anche nel processo di costruzione dello stato indipendente, in Kosovo sono state accumulate molte frustrazioni. Il pacchetto Ahtissari è stato per i kosovari un compromesso doloroso, anche se necessario. Anche qui Vetevendosje ha fatto leva sull’insoddisfazione, catalizzando il voto soprattutto dei giovani, ma anche di elettori delusi del PDK. C’è da dire però che, a differenza dell’indipendenza, l’unione con l’Albania non è un obiettivo comune e indiscusso all’interno della società kosovara, oltre ad essere a mio modo di vedere del tutto irreale.
Dopo l’elezione di Isa Mustafa, l’LDK sembrava sul punto di riuscire a superare gli ex alleati del PDK. Come giudica il risultato elettorale del partito?
Visti i risultati che davano l’LDK testa a testa col PDK, il partito di Mustafa va sicuramente considerato come uno dei grandi sconfitti di queste elezioni. Dopo aver abbandonato il governo, e con l’elezione di un nuovo leader, l’LDK è riuscito a ricollocarsi in modo abbastanza credibile come partito di alternativa, ma non è riuscito ad concretizzare questa strategia al momento del voto. Per la prima volta l’LDK sembra destinato a finire all’opposizione, e io credo che questo sia un bene per il funzionamento della democrazia in Kosovo.
Perché?
Il precedente parlamento era inefficiente. La coalizione tra i due maggiori partiti, PDK ed LDK, garantiva sempre al governo una comoda maggioranza parlamentare, impoverendo il dibattito e il confronto di idee. Con l’LDK all’opposizione, quale che sia la prossima maggioranza dovrà fare i conti con un controllo politico molto più attivo ed efficace.
Perché l’altra novità di queste elezioni, il movimento Fryma e Re (FeR), non è riuscito a passare la soglia del 5%?
A differenza di Vetevendosje, che ha una lunga storia come organizzazione non governativa sul territorio, FeR è nato poco prima delle elezioni, e non ha avuto il tempo materiale per potersi preparare alla sfida elettorale. Credo che in condizioni normali, e senza elezioni anticipate, sarebbe riuscito senza problemi ad entrare in parlamento.
Quale partiti formeranno la prossima coalizione di governo?
Ci sono varie ipotesi possibili. Credo però che la coalizione più probabile sia quella tra il PDK e l’AAK di Haradinaj, nonostante la forte rivalità tra quest’ultimo e Thaci, a cui dovrebbero poi aggiungersi rappresentanti delle minoranze nazionali. Se basata su un patto programmatico e su chiari obiettivi da raggiungere, questa coalizione godrebbe di una solida maggioranza in parlamento e della forza politica per intraprendere decisioni e riforme anche impopolari.
Crede che questa soluzione sarebbe supportata dalla comunità internazionale, anche in vista della ripresa di negoziati con la Serbia?
La comunità internazionale ha alcune evidenti priorità in Kosovo. La prima è il mantenimento della stabilità. Ci sono poi la creazione di un’economia funzionante e il rafforzamento dello stato di diritto. In questa prospettiva penso che la comunità internazionale non avrebbe nulla da ridire su un’alleanza di governo PDK-AAK. Rispetto ai negoziati con Belgrado e ad una possibile soluzione della questione del Kosovo settentrionale poi, a contare non sarà tanto il governo, quanto il parlamento nel suo complesso. Nessuna decisione potrà essere implementata senza prima passare al vaglio del parlamento.
Cosa chiederebbe l’AAK come contropartita politica all’ingresso nella maggioranza?
Innanzitutto una delle alte cariche dello stato. Considerato che la presidenza del parlamento va di diritto al partito di maggioranza relativa, e che per Thaci non avrebbe molto senso rinunciare al posto di premier, non resta che la carica di presidente della Repubblica. Con Haradinaj all’Aja, sono due i nomi papabili per la carica, Bujar Bukoshi e Blerim Shala. Rispetto ai ministeri, credo che l’AAK sarebbe interessato soprattutto a quelli di energia, salute ed economia.
L’AAK non sembra aver sofferto più di tanto l’assenza di Haradinaj, in attesa di giudizio all’Aja. Come giudica i risultati elettorali del partito?
L’AAK aveva alte aspettative, e dopo essere stata l’unica vera opposizione nello scorso mandato si aspettava un risultato vicino al 20%. C’è però da dire che, nonostante l’assenza di Haradinaj, che secondo me è costata all’AAK un paio di punti percentuali, il partito ha quasi raddoppiato i voti rispetto al 2007.
L’affluenza, anche in queste elezioni, è stata bassa e si è assestata al 47,5%. Questo dato è sintomo di sfiducia cronica verso le istituzioni?
In realtà credo che queste cifre debbano essere riviste sostanzialmente verso l’alto. Le liste elettorali in Kosovo non corrispondono alla realtà. Dal 1981 non è stato effettuato alcun censimento, e il numero degli elettori è basato su proiezioni. Vista l’enorme diaspora, il numero reali dei residenti in Kosovo ad essersi recati alle urne si aggira secondo me intorno al 65-70%.