Elezioni in Kosovo, vince ancora Thaci

Ha voluto le elezioni anticipate e, stando a dati ancora parziali, le ha vinte. Hashim Thaci, leader del PDK, ha reclamato la vittoria nelle prime elezioni del Kosovo indipendente. Numerose, però, le accuse di brogli. In aumento l’affluenza, anche tra i serbi, che restano divisi

13/12/2010, Francesco Martino - Pristina

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Hashim Thaci, leader del PDK

“Abbiamo vinto contro tutti, abbiamo vinto per il Kosovo”. Nella fredda notte di domenica, poche ore dopo la chiusura dei seggi, il premier uscente Hashim Thaci ha chiamato a raccolta i sostenitori del suo Partito Democratico del Kosovo per reclamare la vittoria nelle elezioni anticipate del 12 dicembre, le prime dalla dichiarazione di indipendenza del febbraio 2008.

“Questo è un voto per un Kosovo europeo”, ha esclamato Thaci alla folla festante accorsa nel centro di Pristina. “E’ un vero referendum sul buon governo del PDK. Un voto per un Kosovo euro-atlantico, per le riforme, per la liberalizzazione dei visti”.

I dati disponibili fino ad ora sono però ancora parziali e aspramente contestati dai partiti di opposizione, che nella serata di ieri hanno denunciato brogli e irregolarità in tutto il territorio del Kosovo.

Secondo la rete di Ong “Democracy in Action”, principale organo di monitoraggio del processo elettorale, allo spoglio del 50% delle schede il PDK avrebbe ottenuto il 30,7% dei voti, seguito dall’LDK di Isa Mustafa con il 26,2% e dal movimento Vetevendosje con il 12,8% dei consensi.

Oltre la soglia di sbarramento del 5% anche l’AAK, che nonostante l’assenza del leader Ramush Haradinaj avrebbe portato a casa un 10,9% e l’AKR del milionario Behgjet Pacollicol 7,8%, mentre a sorpresa la novità FeR si sarebbe fermata ad un risicato 2,4%.

La Commissione elettorale, comunque, non ha ancora comunicato alcun risultato ufficiale, se non quello dell’affluenza, attestatasi al 47,8%, in leggero aumento rispetto ai risultati del 2007.

Questo non ha impedito ieri sera a migliaia di sostenitori del PDK di festeggiare fino alle ore piccole con fuochi d’artificio e caroselli nelle strade di Pristina. Nelle strade della capitale kosovara si sono vissuti momenti di tensione quando non lontano dal Grand Hotel Pristina si sono fronteggiati sostenitori del PDK e dell’LDK, scesi in piazza anche loro per reclamare la vittoria.

Sospetti e denunce di brogli

L’LDK infatti, così come buona parte dei partiti di opposizione, ha denunciato brogli che avrebbero falsato il risultato finale della contesa elettorale. Il dato maggiormente contestato è quello dell’enorme affluenza registrata in due delle roccaforti del PDK nella regione di Drenica, Skenderaj e Gllogovc, rispettivamente il 94% e 87%.

“Quanto successo in queste circoscrizioni è illogico, politicamente inaccettabile e illegittimo”, ha dichiarato il portavoce della LDK Arben Gashi, facendo chiaro riferimento al sospetto che cifre così discordanti dalla media siano raggiungibili solo attraverso pesanti manipolazioni e annunciando reclami ufficiali

Forti le critiche anche sulla compravendita di voti e la scarsa efficacia delle misure per impedire voti multipli. Secondo Ilir Deda, uno dei leader e fondatori di FeR: “Queste elezioni sono state le più irregolari nella storia del Kosovo. E’ proprio il Kosovo il primo sconfitto in questa tornata elettorale”.

"A Skenderaj e Gllogovc il libero voto è stato manipolato e il processo elettorale ne è stato danneggiato", ha affermato in mattinata Ismet Kryeziu, portavoce di "Democracy in Action".

Diversa la posizione assunta ieri sera da Valdete Daka, presidente della Commissione elettorale, secondo cui il voto non sarebbe stato influenzato da incidenti e irregolarità in grado di falsarne l’esito.

La giornata nei seggi è trascorsa in modo piuttosto tranquillo. Molti elettori, nonostante una generale atmosfera di sfiducia nelle istituzioni hanno dichiarato di votare nella speranza di riuscire a cambiare in meglio.

“Vorrei un governo meno corrotto, un governo europeo, ma soprattutto maggiori opportunità lavorative per i giovani. Sono loro a soffrire di più per l’incapacità dei nostri leader di governare onestamente”, ha dichiarato a Osservatorio Balcani e Caucaso Nikqi Beke, pensionato, subito dopo aver votato in una sezione al centro di Peja/Pec, Kosovo nord-occidentale.

“La speranza è l’ultima a morire, ma non credo che queste elezioni cambieranno qualcosa per me, anche se sono le prime di un Kosovo indipendente”, ci ha detto Faik Gijokaj, disoccupato, nel seggio aperto nella scuola elementare "Frasheri" a Decan/Decani. “La mia sopravvivenza dipenderà sempre dai soldi che arrivano da mio fratello, emigrato negli Usa. Qui bisogna pagare mazzette anche per i servizi sociali di base. Ecco perché così tanti elettori restano a casa”.

Sono i giovani ad esternare maggiori speranze. “I giovani vogliono cambiare. Spero che il prossimo governo possa far ripartire economia e processo di integrazione europea, ma credo che, senza facce nuove, tutto resterà come prima”, afferma Bujan Muhaxheri, ieri impegnato a Pristina nelle operazioni di monitoraggio del voto.

Per molti giovani elettori la voglia di cambiamento si è concretizzata nel voto al movimento Vetevendosje, che pur presentandosi per la prima volta alle urne dovrebbe divenire la terza forza in parlamento. Per determinare il peso reale del movimento bisognerà aspettare i risultati definitivi, ma una cosa è certa o quasi: chiunque sarà al governo dovrà fare i conti con un’opposizione decisa e rumorosa, pronta a portare i propri sostenitori nelle strade di tutto il Kosovo.

Il voto serbo

Ancora una volta la comunità serba si è spaccata sul voto. A nord di Mitrovica nessuno o quasi si è recato a votare e in seguito ad alcuni incidenti le poche sezioni aperte in quest’area sono state chiuse anticipatamente intorno alle 16.

A sud dell’Ibar si è invece registrata un’affluenza significativa. “Credo che il numero di votanti serbi sarà alla fine di 15-16mila, circa tremila in più di quanto ci aspettavamo”, ha dichiarato a B92 Oliver Ivanović, segretario di stato del ministero per il Kosovo e Metohija di Belgrado.

Anche in campo serbo, però, il voto è stato accompagnato da incidenti e accuse di brogli, rivolte soprattutto verso il Partito Liberale Indipendente (Samostalna Liberalna Stranka – SLS), già partner di governo di Thaci, che ha dichiarato di aver raccolto la maggioranza relativa dei voti.

Rada Trajković, leader della concorrente Lista Serba Unita (Jedinstvena Srpska Lista) ha accusato gli avversari di brogli e compravendita dei voti, ma anche il governo di Belgrado di aver favorito lo SLS e ha chiesto una ripetizione del voto.

Se da un lato la partecipazione al voto può essere letta come un elemento positivo, e un tentativo di smarcarsi da logiche geopolitiche, mai come adesso la comunità serba nel Kosovo centro-meridionale sembra soffrire di spaccature interne, e della mancanza di una leadership locale in grado di pensare una strategia coerente sul lungo periodo.

A livello centrale è ancora presto per parlare di future coalizioni di governo. L’ipotesi più accreditata vuole il PDK insieme all’AKR di Pacolli, unica formazione a non aver esplicitamente escluso questa opzione in campagna elettorale, con il contributo sostanziale dei partiti delle minoranze.

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