Gorizia-Nova Gorica: l’utopia concreta e rivoluzionaria di Gect GO
Gect GO è un gruppo europeo di cooperazione territoriale: uno strumento condiviso tra comuni per vivere i territori, superando e trasformando i confini
Passare dai protocolli istituzionali alle sinergie concrete, dagli accordi politici ad una collaborazione quotidiana in un’area dove di rado si distingue tra un “al di qua” e un “al di là” del confine italo-sloveno: ecco l’evoluzione della cooperazione transfrontaliera per GECT, gruppo europeo di cooperazione territoriale. Per Tomaž Konrad, vicedirettore di GECT, e per Tanja Curto, esperta legale, il territorio è un unicum, a cavallo della frontiera e delle diversità linguistiche, culturali, amministrative. Li abbiamo incontrati per capire se sia sempre stato così e dove possano portare i nuovi sviluppi.
"Lungo il confine si è sempre collaborato, all’inizio a livello politico-amministrativo, tramite protocolli di intesa e tavoli di discussione. Noi poi siamo subentrati con l’intento di tradurre il tutto da un livello politico a un ambito più tecnico: una vera e propria delega a un soggetto “altro”, che fosse espressione di tutti, di entrambe le nazionalità, di tutti e tre i comuni, Gorizia, Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba. Prima non c’era un soggetto transfrontaliero: ogni comune faceva la propria parte, ma senza un coordinamento esterno. Mi ricordo le difficoltà iniziali, con la prima bozza di statuto del GECT nell’ottobre 2008, che è stata discussa, emendata, e poi approvata nel 2011, e con la nomina a presidente di Franco Frattini, allora parlamentare eletto in Friuli", introduce Tanja Curto.
Da dove è arrivata la spinta a creare un ente “terzo”, che solitamente è invece considerato un appesantimento burocratico?
Tomaž Konrad: Dal basso, senza dubbio, dai cittadini, dai comuni, dalle persone che allora ne hanno colto il valore strategico. Prima ogni partner aveva degli esperti interni che collaboravano su singoli progetti, quindi non si poteva parlare di vera e propria interazione. Ora invece il lavoro insieme è quotidiano. Noi come GECT abbiamo un’unica amministrazione composta da persone che vengono da entrambi i lati della frontiera, parliamo quotidianamente con persone di tutti e tre i comuni, e questo produce nuove idee, nuovi stimoli progettuali. Di qui la nostra visione dell’area come un unicum: per noi è “il territorio”. E se prima i sindaci si incontravano due-tre volte l’anno, ora si parlano anche tre volte al giorno. Ma ovviamente non sarebbe stato possibile senza la base normativa arrivata con il regolamento europeo del 2006 che ha istituito i gruppi di collaborazione territoriale transfrontalieri.
Come è stata e come è tuttora la ricezione sui media? Succede che si parli con diffidenza del GECT, magari in Slovenia come di iniziative italiane, e in Italia come di idee slovene?
Tanja Curto: No, non ci è mai successo. Semmai c’è qualche difficoltà a far cogliere tutti gli aspetti del nostro lavoro, che è molto tecnico e che si muove tra diversi livelli di legislazione e regolamenti, da quello europeo a quello locale. I nostri tecnici hanno comunque saputo trasformare la cooperazione transfrontaliera in qualcosa di pratico, di concreto a livello territoriale, e piano piano riusciamo a raccontarlo, ora che le idee progettuali si stanno concretizzando.
Tomaž Konrad: Per noi non esistono distinzioni né linguistiche né nazionali, non abbiamo mai contato quanti dei nostri 11 dipendenti sono sloveni e quanti italiani: non si tratta di personale dei tre comuni, ma di personale del GECT. Certo, teniamo conto degli interessi dei vari comuni, ma per noi il primo interesse è l’interesse di tutti e tre, non la somma ma la sinergia, che come sempre va oltre la somma dei tre comuni. E anche la stampa rispetta questa visione, i giornali scrivono che si tratta di opere del GECT, non degli italiani o degli sloveni.
Tanja Curto: Le quote esistono comunque per l’assemblea del GECT, dove i 14 membri sono metà italiani e metà sloveni, e quelli sloveni sono espressione dei due comuni (Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba) in base alla consistenza demografica. I comitati tecnici sono invece composti da persone proposte dai comuni, ma non è detto che in queste nomine si rispetti il criterio nazionale o linguistico, vale più la competenza. Diciamo che si tratta di un fifty-fifty (50-50) mescolato. Non è mio o tuo, è nostro, punto.
Tra le cose concrete che avete realizzato, il progetto Salute per l’integrazione di alcuni servizi sanitari, il parco transfrontaliero Isonzo-Soča per la mobilità ciclabile e il sostegno a Gorizia capitale europea della cultura 2025. Come è la risposta da parte del territorio?
Tanja Curto: Il coinvolgimento è sempre molto alto, anche perché i nostri obiettivi di volta in volta nascono da bisogni accertati. Basti guardare la grande partecipazione che stiamo riscontrando sui bandi dello “Small projects fu nd”, il fondo per i piccoli progetti a supporto di Gorizia 2025: vogliamo creare un substrato culturale, logistico, economico, che possa continuare nel tempo. E qui c’è molta voglia di fare. Abbiamo riempito i teatri durante gli info-day e ora stiamo raccogliendo le candidature per distribuire i primi 3 milioni di euro premiando piccole iniziative tra i 30mila e i 200mila euro. In questo caso, il territorio cui ci rivolgiamo è più ampio e include cinque regioni in Slovenia, tutto il Friuli-Venezia Giulia e la provincia di Venezia.
Quando parlate di territorio, si intuisce come la frontiera sia per voi davvero invisibile…
Tanja Curto: Con l’entrata della Slovenia nell’area euro ogni barriera si è dissolta, e non c’era più nessun segno tangibile della frontiera, se non nella memoria delle persone e di chi aveva vissuto tempi più complicati. Ma i giovani ormai non dicono più “vado di là”, semmai vado in quel tal locale, vado in quel tal negozio: dicono il nome del posto, non “in Italia” o “in Slovenia”.
Tomaž Konrad: La dimostrazione di quanto le città siano collegate si è avuta durante la pandemia. Quando la Slovenia ha brutalmente chiuso il confine da un giorno all’altro, c’è stata una sollevazione generale sia di qua che di là. Tutti i legami consolidati negli ultimi vent’anni, scambi, contatti, e così via, sono stati interrotti: genitori che portano i bambini a scuola dall’altra parte, o per attività sportive, e famiglie che vivono un po’ di qua un po’ di là. Ecco, con quella chiusura abbiamo capito quanto ci fossimo dimenticati del confine. D’altra parte purtroppo abbiamo anche notato come tutto quello che era stato fatto di buono in tanti anni, si potesse cancellare con politiche così ottuse, in un baleno. Per fortuna non è successo, ma ci siamo andati vicini.
Se doveste spiegare il vostro lavoro con un esempio concreto, quale progetto scegliereste?
Tanja Curto: Il nostro ruolo tecnico si scontra con le difficoltà burocratiche complicate dalla stratificazione normativa degli enti e degli stati, quindi anche una piccola opera per noi è una grande opera. Sto pensando alla passerella ciclo-pedonale sul fiume: un’infrastruttura in Slovenia, realizzata applicando il codice dei contratti sloveno, ma fatta da noi che siamo un ente di diritto pubblico italiano. Un piccolo esempio, ma per noi significativo.
Tomaž Konrad: Io penso a quanto abbiamo realizzato col bike sharing in città: si può noleggiare la bici nella parte slovena e restituirla nella parte italiana, un’unica tessera, un unico tariffario, il tutto bypassando le complicazioni che ci sarebbero state avendo due gestioni nazionali diverse e separate. Questo per me rappresenta quello che potremmo ottenere per altri servizi, applicando una reale cooperazione transfrontaliera: il mio sogno è riuscire ad arrivare ai servizi pubblici congiunti transfrontalieri, con un unico gestore che copre il territorio, al di qua e al di là del confine.
Il Gect GO
Il GECT GO è un ente pubblico italiano con personalità giuridica, fondato dai comuni di Gorizia, Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba nel 2011 per individuare e affrontare sfide comuni che possano rendere più competitivo ed attrattivo il territorio transfrontaliero. Il GECT GO ha competenza sul territorio delle tre città: può spingersi oltre i confini e affrontare, per la prima volta, le sfide di una cooperazione che pianifica e realizza insieme, pensando non più a tre Comuni distinti, ma ad un’unica città transfrontaliera, senza più divisioni.