Vita, morte e nessun miracolo dell’ultimo re di Grecia
Si sono svolti lo scorso 16 gennaio ad Atene i funerali dell’ultimo re di Grecia Konstantinos II. Da oltre 50 anni ormai privato cittadino, l’ex monarca aveva fatto ritorno in Grecia nel 2013
C’era una medaglia d’oro olimpica accanto al feretro dell’ex sovrano di Grecia Konstantinos II presso la cattedrale ateniese dell’Annunciazione lunedì 16 gennaio. L’allora principe ed erede al trono l’aveva conquistata nella vela ai Giochi di Roma del 1960 . Giovane e benvoluto, Konstantinos sembrava destinato a regnare con il vento a favore. E invece a Roma sarebbe tornato sette anni più tardi in circostanze assai meno gloriose, dopo aver perso il trono e contribuito a far deragliare la Grecia verso la dittatura dei colonnelli.
L’esperienza monarchica della Grecia moderna si è conclusa una volta per tutte nel 1974, quando il 70% circa dei cittadini ha votato a favore della repubblica e contro il ritorno di Konstantinos, che sarebbe rientrato in patria – da privato cittadino – solo nel 2013.
Per rendere l’ultimo omaggio al sovrano senza corona da ormai oltre 50 anni, tuttavia, si è riversato la scorsa settimana ad Atene il sangue blu di mezza Europa, in un ultimo colpo di coda – clamorosamente fuori tempo – di un’istituzione che non c’è più. Tra i circa 200 invitati al funerale c’erano membri delle famiglie reali di Regno Unito, Spagna, Svezia, Norvegia, Danimarca, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Serbia e Principato di Monaco. Le autorità elleniche hanno messo in atto misure straordinarie per accogliere in sicurezza i reali arrivati nella capitale con aerei privati; il traffico del centro è stato deviato già dal giorno precedente al funerale; 1000 poliziotti sono stati mobilitati, con tanto di elicotteri e droni, per il trasferimento del feretro verso la tenuta di Tatoi, 15 km a nord di Atene, dove Konstantinos ha ricevuto sepoltura lontano dalle telecamere.
Dal braccio di ferro con Papandreou ai carri armati in città
Salito al trono ventitreenne dopo la morte del padre Pavlos, Konstantinos si è trovato al centro di sviluppi che non aveva lo spessore politico per gestire. Nel 1964, Georgios Papandreou era stato nominato primo ministro forte del 53% ottenuto alle urne. I rapporti tra il leader centrista e il giovane re, inizialmente promettenti, si deteriorarono molto in fretta. Quando Papandreou decise di assumere personalmente il controllo del ministero della Difesa per fare luce sulle presunte macchinazioni dell’ASPIDA, una formazione di ufficiali dell’esercito tendente a sinistra, il sovrano si oppose. Andreas, figlio di Georgios, era infatti nella lista dei sospettati.
Le conseguenti dimissioni di Papandreou aprirono una fase di instabilità a cui misero fine altri ufficiali dell’esercito con idee decisamente più reazionarie. La mattina del 21 aprile 1967, gli ateniesi si svegliarono con i carri armati in città: era l’inizio della dittatura militare.
Dopo aver aperto la strada ai colonnelli, Konstantinos si rese responsabile anche della loro legittimazione ufficiale e simbolica, ratificando il nuovo governo e facendosi fotografare con gli autori del colpo di stato. Il successivo, tardivo tentativo di riprendere il controllo dell’esercito da parte del sovrano si concluse con l’esilio, anche se Konstantinos mantenne formalmente il trono fino al 1973.
La disputa su Tatoi
Le vicende che riguardano il passato monarchico causano sempre un dibattito acceso in Grecia, come se toccassero una ferita mai completamente rimarginata. Eppure non esiste – non è mai esistita, dal referendum in poi – alcuna formazione politica monarchica. Le manifestazioni di cordoglio e gli applausi scroscianti della folla durante il funerale dell’ex sovrano sono il prodotto della nostalgia di una piccola minoranza più che di una coscienza politica degna di questo nome.
Dalla morte di Konstantinos, si è discusso soprattutto della tenuta di Tatoi, situata ai piedi del monte Parnitha e un tempo residenza estiva della famiglia reale. La proprietà è stata per lungo tempo al centro di una disputa legale tra lo stato greco e il detronizzato Konstantinos. Nel 2002 la Corte Europea di Strasburgo ha condannato lo stato a pagare all’ex monarca circa 13 milioni di euro – una minima frazione di quanto Konstantinos chiedeva. Già dieci anni prima, una parte delle proprietà di Tatoi era stata trasportata in Inghilterra in gran segreto con il benestare del primo ministro Konstantinos Mitsotakis, il cui governo si è mostrato particolarmente conciliante con l’ex famiglia reale.
Quando l’attuale primo ministro Kyriakos, figlio del premier di allora, ha deciso di rimettere mano ai piani di sviluppo di Tatoi c’è chi ha intravisto una nuova beffa a danno dello stato greco. In realtà, la proprietà era già da diversi anni nella lista dei beni statali da privatizzare a seguito della crisi economica. Il governo di Nea Dimokratia ha semplicemente deciso di passare all’azione dopo anni di tentennamenti: Tatoi sarà in parte data in gestione a privati, diventando una meta lussuosa per turisti abbienti.
Incidenti dell’estate del 2021 hanno però devastato parte della tenuta, e il restauro sta procedendo a rilento. La morte di Konstantinos ha quindi costretto a una settimana di lavoro febbrile in vista dell’arrivo a Tatoi dei reali di tutta Europa.
I media nazionali e internazionali, che hanno seguito i preparativi del funerale minuto per minuto, hanno senz’altro contribuito a spettacolarizzare l’evento. Anche le tante personalità presenti e le misure di sicurezza straordinarie hanno attribuito alla morte dell’ex sovrano una dimensione pubblica, nonostante il governo avesse deciso di non concedere i funerali di stato, inviando un messaggio chiaro: Konstantinos era un privato cittadino, e come tale sarebbe stato commemorato. Ora che la vita nella capitale è tornata alla normalità e l’ultimo re è sepolto accanto ai genitori Pavlos e Frederica, il filo rosso che legava i greci al passato monarchico è rescisso.