La bomba sociale
"La gente è esasperata. Se non fosse stata la morte di un adolescente, la miccia sarebbe stata un’altra. Ma la bomba sociale sarebbe comunque scoppiata.". Così sintetizza gli attuali disordini che sconvolgono la Grecia lo scrittore Nikos Themelis. Nostra intervista
Dopo l’uccisione del 15enne Alexis Grigoropulos, sabato 6 dicembre, da parte di un poliziotto, la Grecia si è incendiata. Migliaia di studenti, insegnanti e lavoratori sono scesi nelle strade a più riprese. Il Politecnico di Atene, simbolo di ogni protesta contro le autorità, perché da lì il 17 novembre 1973 scoppiò la rivolta che portò alla caduta della dittatura dei colonnelli, è occupato, come quasi tutti gli altri atenei e molti licei da Salonicco a Creta.
Il premier conservatore Karamanlis ha ordinato alla polizia di starsene sulla difensiva, per evitare che ci scappasse un altro morto. Tuttavia, negli scontri che ormai durano da sei giorni, più di 300 negozi e banche ad Atene, oltre 80 a Salonicco, sono stati presi d’assalto con le bottiglie molotov da parte di una frangia "anarchica" dei manifestanti. La capitale sembra una città bombardata.
Il governo vacilla, anche per le accuse di "immobilismo e debolezza" arrivate dagli stessi ministri di Karamnalis, che già prima della crisi si reggeva su una maggioranza di soli 154 deputati su un totale di 300. L’opposizione chiede elezioni subito.
In questo scenario di rabbia e macerie, abbiamo chiesto una riflessione a Nikos Themelis, uno dei più famosi scrittori greci: la sua trilogia "La Ricerca – La Svolta – L’Illuminazione (tradotti i Italia da Crocetti editore) ha venduto in patria oltre un milione di copie, in un Paese di dieci milioni di abitanti. Perché Themelis, nato ad Atene nel 1947, è stato anche il braccio destro e portavoce dell’ex primo ministro socialista Kostas Simitis fino alla vittoria dei conservatori nel 2004. Ed è stato lui, dietro le quinte, il maggior fautore della politica dello scongelamento fra Atene ad Ankara. Un protagonista a tutto campo della vita politica e culturale ellenica. Un intellettuale con antenne finissime per i cambiamenti della società.(g.l.)
Si poteva prevedere un’esplosione di simili dimensioni?
Non era mai successa una rivolta di questa portata, dal dopoguerra prima e dalla caduta dei colonnelli a oggi. Le cosiddette frange "anarchiche" finora erano considerate gruppetti isolati di 150-200 persone in tutto. Ora si parla di 3000 individui. A scagliare pietre, ormai, accanto a loro sono gli stessi liceali, coetanei di Alexis, il ragazzo ucciso. Siamo davanti a una nuova realtà. A una delusione generalizzata, che si sfoga nell’ira.
Eppure Alexis non è stato il primo studente ucciso dalla polizia negli ultimi anni: per rimanere nel quartiere "difficile" di Exarchia un altro quindicenne, nel 1985, epoca del governo Pasok (Movimento socialista panellenico), aveva fatto la stessa fine.
Sì, ma ora anni di scandali accumulati hanno raggiunto il colmo. E riguardano ogni aspetto della vita pubblica: l’Istruzione, con una nuova riforma che premia le università private (e chi se le può permettere) a scapito di quelle pubbliche, che diventeranno di serie B. La corruzione: dal 2004 a oggi siamo precipitati dal 47esimo al 56esimo posto nella graduatoria di Transparency International, l’osservatorio internazionale e super partes. E ricordate l’impotenza del governo Karamanlis a gestire, nell’estate 2007, gli incendi dei piromani che hanno ridotto in cenere mezzo Paese, addirittura sfiorando lo stadio di Olimpia?A ciò aggiungiamo la crisi economica, che in Grecia ha preceduto lo scoppio dell’attuale "bolla" finanziaria. La gente è esasperata. Se non fosse stata la morte di un adolescente, la miccia sarebbe stata un’altra. Ma la bomba sociale sarebbe comunque scoppiata.
Lei ha parlato di scandali favoriti non solo dall’attuale governo conservatore di Nuova democrazia, ma anche a quelli del passato. Come le malversazioni di cui si era macchiata l’amministrazione del Pasok, al potere in 23 sui 30 anni di rinata democrazia in Grecia?
Certo. Gli scandali c’erano anche nell’era di Andreas Papandreu, padre di George Papandreu, attuale leader dell’opposizione. Basta ricordare l’incredibile scalata del finanziere Koskotas, che si era mangiato i risparmi di tanti cittadini. O la gestione clientelare delle assunzioni nel pubblico impiego che c’erano allora come oggi. Senza contare che la Grecia, negli anni Novanta, nel mondo si faceva ridere dietro per le imprese di Mimì, la seconda moglie di Andreas Papandreu. Ma durante il governo di Kostas Simitis il Paese aveva ritrovato la propria dignità: siamo entrati nell’euroclub nel 2001, dopo una "cura" economica di lacrime e sangue la cui necessità abbiamo spiegato ai greci, abbiamo organizzato per l’estate 2004 le migliori Olimpiadi della storia dei giochi, migliaia di tecnici e operai hanno lavorato nelle grandi opere come la nuova metropolitana, il ponte di Rio che collega il Peloponneso all’Ellade continentale, per finire la ripresa economica è ripartita anche grazie a nuovi accordi commerciali con i Balcani e la Turchia.
E adesso dove va la Grecia? Pensa che il governo Karamnalis sia arrivato al capolinea?
La fiducia dei greci verso lo Stato è arrivata a un punto di scollamento. Qualsiasi cosa faccia Karamanlis, le ferite sono troppo profonde. Certo, nemmeno l’opposizione è compatta: all’interno dello stesso Pasok ci sono diverse correnti, mentre i comunisti del KKE accusano la Coalizione della Sinistra Radicale "Syriza" di "accarezzare le orecchie" ai vandali in passamontagna nero.
Se dovesse descrivere in un suo romanzo l’attuale dramma greco, che trama sceglierebbe?
Sicuramente non parlerei delle saghe politiche familiari che occupano da decenni la storia ellenica: a sinistra la dinastia Papandreu, a destra quella dei Karamanlis (l’attuale premier è nipote dell’omonimo zio Kostas Karamanlis, il primo ministro che avviò la stagione della rinata democrazia dopo la caduta dei colonnelli ndr.) e dei Mitsotakis (l’attuale potente ministra degli Esteri Dora Bakojannis, di cui si parla per un eventuale cambio della guardia con Karamanlis, è figlia dell’ex premier di centro destra Kostas Mitsotakis, al potere dal 1990 al 1993 ma parlamentare fin dagli anni Sessanta). Queste cose non interessano ai greci: a loro, più che un cognome, importano i risultati di una gestione governativa. Se dovessi scrivere un romanzo, mi soffermerei su una famiglia qualsiasi, di quelle che in questi giorni assistono attonite agli scontri e alle devastazioni, e magari fanno fatica a pagare il mutuo e a mettere insieme il pranzo con la cena. Forse una famiglia discendente da immigrati greci dall’Anatolia, arrivati per cercare una vita migliore dopo il crollo dell’impero ottomano, come quelle di cui parlo nella mia trilogia. Riflettere sui drammi del passato, fa capire meglio le origini del presente.