Insalata amara

Con un’inflazione ufficiale al 4,4% e quella reale al 6%, con aumenti dei generi alimentari del 7%, la Grecia rischia di diventare il paese più caro dell’Unione europea. In crisi la maggior parte delle famiglie greche

06/06/2008, Gilda Lyghounis -

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"La Grecia il Paese più caro del mondo? Solite esagerazioni dei tg", continua a ripetere Christos Folias, ministro ellenico per lo Sviluppo Economico. Ma davanti all’ultimo bollettino Eurostat
(l’Istat dell’Unione europea) sui prezzi alimentari al dettaglio nell’UE, anche il partito di centro destra "Nuova democrazia", al potere dal 2004, ha dovuto ammettere che "se non corriamo davvero ai ripari, il nostro governo cadrà" come ha detto una folta pattuglia di deputati conservatori al primo ministro Kostantinos Karamanlis.

I numeri parlano chiaro: in Grecia le verdure sono, se non le più costose al mondo, al secondo posto nell’euroclub. La Grecia è al quinto posto nella classifica Eurostat del caro prezzi per il cibo, valutato nel periodo aprile 2007-aprile 2008, con il suo aumento della lista della spesa del 7%, contro la media del 6,2 della zona euro. Con l’aggravante che gli ateniesi e gli abitanti di Salonicco o Creta hanno stipendi più bassi rispetto ai loro colleghi di Paesi come la Germania, dove invece il costo sugli scaffali di pesche e pomodori freschi è calato, in media, del 2%, nonostante i tedeschi non siano esportatori di frutta e verdura come la Grecia.

La casalinga di Atene fa veramente fatica a mettere insieme il pranzo con la cena: comprare frutta in un supermarket ellenico è divenuto più caro del 6%, acquistare pane del 14,8%, verdura dell’11,4%, per non parlare del pesce (+ 4%), nella patria dei kaikia (i caicchi dei pescatori) e delle grigliate. Prima dell’Ellade, quanto ad aumento dei prezzi alimentari, nella zona euro ci sono solo la Slovenia (12% di aumento nell’ultimo anno), Malta (9%), Irlanda (8,7%) e Austria (7,6%). Persino Italia e Spagna, anch’essi tradizionali paesi dove l’agricoltura è forte, hanno avuto rincari minori.

"Purtroppo ci stiamo trasformando nel Paese più caro dell’Unione europea", ha dichiarato il capo dell’opposizione socialista, Ghiorgos Papandreu. "Siamo in uno stato di calamità nazionale, che mette a dura prova le famiglie".

Il governo ha presentato a fine maggio 41 provvedimenti che avrebbero dovuto correre in aiuto dei cittadini. Ma ha "dimenticato" di varare la misura più importante, efficace e attesa: la lista nera dei supermarket e rivenditori più cari. Lista aggiornata continuamente da un corpo di controllori sparpagliati sul mercato: anche di questa task force non si è vista l’ombra nel pacchetto anticarovita governativo.

"Manca un’attenta lotta antitrust", commenta il quotidiano riformista "Eleftherotypia". Invece di pubblicare "liste della vergogna", il ministro per lo Sviluppo Economico si è limitato a incontrare 43 produttori e industriali per chiedere loro "un’azione di responsabilità nei confronti del Paese".

Risultati? Pochi. Il signor Vghenopulos, degli omologhi ipermercati, ha promesso di limare il costo del latte e dei formaggi del tre percento, mentre la Nestlé ha bloccato fino alla fine dell’anno il prezzo del Nescafé, ingrediente principale del frappè, un miscuglio di acqua, caffè in polvere e zucchero shakerati che formano la bevanda nazionale. Un frappè di consolazione, insomma.

Con la conseguenza che i consumatori inferociti, riuniti dall’associazione Ekpoizo, sono scesi sul piede di guerra. Annunciando il boicottaggio del latte dal 9 al 14 giugno: "Noi possiamo vivere per 10 giorni senza latte" – ha detto la leader dell’Unione consumatori Panaghiota Kalapotharaku – "invece le aziende sono pressate dal boicottaggio di un prodotto che ha una data di scadenza, e quindi deve essere buttato".

Il prezzo del latte nei supermarket europei va da 0,70 a 1,30 euro al litro, mentre in Grecia arriva a quota 1,65. Non solo. Secondo un’indagine della società VPRC un greco su dieci ha grossi problemi a pagare l’affitto, 4 su dieci non possono permettersi di andare in vacanza e 2 su 10 fanno i salti mortali per rimborsare i debiti contratti con la carta di credito. Mentre in questo quadro tutt’altro che roseo la società pubblica che gestisce e produce l’energia elettrica, la DEI, chiede al governo di aumentare le bollette.

A patire di più sono ovviamente le famiglie meno abbienti. Se l’inflazione ufficiale è al 4, 4 percento (la più alta nell’UE), quella reale, che affligge le famiglie di ceto medio basso, ossia la maggioranza della popolazione, è sopra il 6 per cento, perché gli aumenti maggiori riguardano i dieci prodotti di prima necessità: pane, latte, gasolio per riscaldamento, formaggio, pollame, elettricità, ecc. Quelli che determinano al 70 per cento l’aumento dei prezzi negli ultimi mesi.

In questa crisi, c’è chi prospera: le ditte che producono e vendono alimenti hanno registrato nell’ultimo anno introiti maggiorati del 278 %. Pure i ristoranti hanno incassato il doppio. Morale? La greek salad tanto cara ai turisti, fatta di pomodori, cetrioli e feta, alcuni fra gli ingredienti i cui prezzi sono più di altri schizzati alle stelle, quest’estate rischia di diventare non più un gustoso contorno, ma un piatto unico.

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