La verità sta nel mezzo

La questione dei diritti umani in Georgia è fortemente politicizzata. Governo e opposizione sembrano parlare di due Paesi diversi. Il nuovo ombudsman Tugushi ha una strada tutta in salita per dimostrare la propria indipendenza

12/01/2010, Tengiz Ablotia - Tbilisi

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A fine dicembre, il nuovo portavoce per i diritti umani georgiano Giorgi Tugushi ha presentato il tradizionale rapporto annuale al parlamento. Il suo intervento sullo stato dei diritti umani in Georgia nel 2009 si è rivelato piuttosto duro, e ha confermato il persistere di numerose problematiche legate al rispetto dei diritti fondamentali della persona. L’ombudsman si è soffermato in particolare sulle numerose violazioni ai diritti umani registrate durante le proteste messe in atto dall’opposizione la scorsa primavera. Inoltre, Tugushi ha denunciato lo scarso rispetto dei diritti fondamentali all’interno del sistema carcerario e giudiziario georgiano.

La questione dei diritti umani occupa in Georgia un ruolo di primo piano. È infatti opinione diffusa che il paese potrà finalmente intraprendere un processo di reale sviluppo e ricevere il pieno riconoscimento in qualità di stato sovrano da parte della comunità internazionale soltanto se riuscirà a rispettare appieno le regole della democrazia. La Georgia è infatti priva di risorse naturali come gas e petrolio che altri Paesi sfruttano per essere riconosciuti dalla comunità internazionale anche in presenza di un sistema politico autoritario. La presenza di una reale democrazia è percepita dunque come l’unico tratto distintivo che consentirebbe alla Georgia di distinguersi dagli stati dell’ex-Unione Sovietica e, in generale, dagli altri stati della regione.

Se si considera tale assunto, non è difficile comprendere come la figura dell’ombudsman, o difensore civico, svolga un ruolo fondamentale sulla scena politica georgiana.

L’ex ombudsman Sozar Subari

La carica di "difensore civico" è stata introdotta per la prima volta in Georgia nel 1997; tuttavia, l’ombudsman è divenuto una figura particolarmente autorevole e rispettata a partire dal 2003, anno in cui Sozar Subari è stato nominato a questa carica in seguito alla "Rivoluzione delle Rose".

Subari ha però esercitato le proprie funzioni in maniera spesso controversa.

È tradizione infatti che in Georgia l’ombudsman instauri un rapporto particolare con l’opposizione, poiché si reputa che la funzione stessa dell’ombudsman sia, di per sé, un’attività di opposizione. Se il difensore civico non riesce ad attirare le simpatie di chi si oppone al potere, viene considerato un fantoccio filo-governativo. L’opinione pubblica sarà in questo caso probabilmente molto scettica circa le reali intenzioni dell’ombudsman di denunciare le violazioni dei diritti umani commesse delle autorità statali.

Sozar Subari ha rapidamente fatto passi da gigante in questa direzione: nel 2006-2007 Subari si trovava già a metà tra il ruolo di ombudsman e quello di leader dell’opposizione, e la sua metamorfosi si faceva ogni giorno più evidente.

Era infatti palese che Subari non riusciva a rapportarsi in alcun modo alle autorità, che attaccava in modo molto più duro e molto più frequentemente di quanto il suo ruolo istituzionale in realtà gli consentisse.

Si pensi ad esempio che Subari ha definito i funzionari del ministero degli Interni "un clan criminale" e il ministro stesso "il capo-cosca della Georgia". Tutto questo il 6 maggio, giorno in cui si sono verificati disordini tra i manifestanti e le forze dell’ordine nei pressi della centrale di polizia di Tbilisi. La responsabilità di questi disordini non deve essere cercata in una sola direzione: l’opposizione non è certamente meno responsabile del verificarsi degli scontri rispetto al governo.

Vista la situazione, i partiti al potere non hanno mai considerato Subari quale vero e proprio mediatore, equidistante sia dal potere che dagli attivisti.

Petre Tsiskarishvili, capogruppo parlamentare del partito di governo, ha affermato all’epoca: "La Georgia non ha un vero ombudsman. Sozar Subari deve decidere cosa vuole fare nella vita: difendere i diritti umani o esercitare attività politica d’opposizione".

I rapporti tra il governo e l’ombudsman sono degenerati a tal punto che il partito al potere non ha mai dato ascolto neppure alle osservazioni più obbiettive e condivisibili di Subari. I rapporti annuali al parlamento sulla situazione dei diritti umani sono sempre stati presentati in un’aula lasciata vuota in segno di protesta.

Allo scadere del mandato da ombudsman, Subari si è unito al partito d’opposizione "Alleanza per la Georgia" e ha dichiarato di volersi candidare alle elezioni comunali per la carica di Segretario del consiglio comunale della città di Tbilisi, che si terranno in maggio.

Il nuovo ombudsman Giorgi Tugushi

Il nuovo ombudsman si trova a fronteggiare un compito molto difficile. Ampia parte della società si aspetta che anche il nuovo difensore civico abbia un atteggiamento di opposizione al governo, e vorrebbero che anche Tugushi chiamasse il ministro degli Interni un "capo-cosca", che paragonasse la Georgia al Turkmenistan, che si pronunciasse a livello politico… in breve, ci si aspetterà da lui tutto ciò che faceva Subari quando era in carica.

Tuttavia, il trascinarsi oltre di questa situazione non farebbe che inasprire il conflitto tra il difensore civico e il governo. Ciò provocherebbe una sclerotizzazione delle funzioni dell’ombudsman e svuoterebbe la figura stessa del difensore civco del suo significato, dandole una forte connotazione politica.

Il primo rapporto di Tugushi è stato piuttosto duro, ma il governo ha reagito positivamente.

Secondo quanto dichiarato dal deputato del partito di maggioranza David Darchiashvili, due sono le caratteristiche che distinguono il nuovo ombudsman dal suo precedessore:

"Tugushi nel suo rapporto non prende in esame le violazioni dei diritti umani da un unico punto di vista. È evidente che il nuovo ombudsman si sforza di analizzare il problema anche da un’altra angolazione. Inoltre, Subari interpretava le violazioni dei diritti umani come un’espressione della cattiva fede del governo. Nel rapporto di Tugushi non c’è traccia di questa presa di posizione".

L’opposizione per ora attende e non ha ancora espresso nessun giudizio sull’attività del nuovo ombudsman.

I diritti umani in Georgia

Attualmente, non è purtroppo ancora possibile fornire un quadro d’insieme preciso e oggettivo della situazione.

Il tema dei diritti umani ha forti connotazioni politiche in Georgia. Non esiste nessuna associazione per la difesa dei diritti umani totalmente svincolata da simpatie e antipatie politiche varie. Apparentemente, ogni valutazione e giudizio circa i diritti umani in Georgia è fortemente influenzata dal rapporto con il potere di chi esprime tale giudizio, e proprio per questo sembrano più affidabili i report prodotti da organizzazioni internazionali. Tuttavia, le analisi effettuate da queste organizzazioni non sono sufficienti a formare un quadro d’insieme esaustivo e spesso si limitano a denunciare le violazioni dei diritti umani più immediatamente evidenti, come quelle perpetrate all’interno del sistema carcerario, nella sfera dei mass media e della politica ad alto livello.

Purtroppo, molte tra le reali problematiche del Paese non vengono menzionate in questo tipo di report; il rapporto tra il potere e il mondo degli affari, il forte impatto che la burocrazia tuttora esercita sulla vita quotidiana dei georgiani, la pressione dello stato sulle associazioni di cittadini, la situazione in cui versa il sistema giudiziario georgiano spesso sono solo alcuni degli importanti elementi che non vengono inclusi nei rapporti di ONG internazionali.

Anche gli schermi televisivi sembrano rimandare ai cittadini georgiani l’immagine di due Paesi diversi.

Sugli schermi dei canali vicini all’opposizione, la Georgia viene assimilata al Turkmenistan, cioè a un Paese dove gli uomini d’affari vivono in uno stato di t[]e, la polizia spadroneggia per le strade, tutti i telefoni sono sotto controllo, non esiste la libertà di parola, i politici dell’opposizione vengono picchiati in strada da brutti ceffi di dubbia provenienza: in poche parole, la Georgia viene rappresentata come un regime totalitario.

I canali governativi trasmettono invece un’immagine diametralmente opposta: la Georgia è un paese dove il governo non interviene direttamente nella sfera degli affari, la polizia rispetta scrupolosamente le leggi, non esiste la corruzione, ad essere sotto controllo sono soltanto i telefoni delle persone socialmente pericolose, la libertà di parola non viene messa in discussione e l’opposizione può esprimere liberamente il proprio dissenso.

Ma le cose non stanno in nessuno dei due modi. Entrambe le parti hanno torto e ragione al tempo stesso.

I diritti umani in Georgia costituiscono davvero una questione irrisolta. A volte, a confermare quello che ormai è un dato di fatto sono gli eventi più inaspettati. Ad esempio, i rappresentanti dell’opposizione nel 2005 hanno denunciato l’allora ministro degli Interni Irakli Okruashvili, accusandolo di avere sottratto a un uomo d’affari la sua quota societaria nella compagnia di telefonia mobile "Geocell". Il governo ha naturalmente subito respinto le accuse. Ma non appena Okruashvili è passato all’opposizione è stato arrestato proprio con questa accusa.

D’altra parte, anche l’opposizione si è più volte dimostrata decisamente abile nel manipolare a proprio piacimento la realtà dei fatti. Ne è prova il fatto che l’arresto di un qualsiasi membro dell’opposizione, persino il meno in vista, viene immediatamente bollato come un atto di repressione politica, anche quando esistono prove lampanti di colpevolezza. Si prenda ad esempio il caso di Levan Gogichaishvili: non sembrano esserci dubbi riguardo al fatto che il giovane attivista dell’opposizione abbia ferito un ragazzo di 19 anni in occasione del compleanno di amici comuni, e che sia stato arrestato proprio per questo. Ciononostante, l’opposizione insiste nel definire l’arresto un atto politico.

Come sempre, la verità sta nel mezzo.

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