Georgia, una settimana Pride di sangue
Violenza inaudita in Georgia nella settimana dedicata a sensibilizzazione e informazione sui diritti LGBT. Si indaga sulla morte di un cameraman, nei giorni scorsi era stato violentemente picchiato assieme a decine di colleghi
Più di vent’anni di storia repubblicana per lasciarsi alle spalle la vecchia Georgia. E poi accade che uffici e sedi di associazioni ed ong vengono messi a ferro e fuoco, disordini, aggressioni a turisti stranieri, giornalisti assaliti. Il 2021 ripiomba la Georgia nel buio. Nelle settimane scorse era stata la sede del Movimento Nazionale Unito – principale partito d’opposizione – ad essere vandalizzata in un blitz per arrestarne il segretario, ora la violenza inaudita contro la Pride Week.
Il Pride
E’ dal 2013 che non si teneva più un Pride in Georgia nella data internazionale del 17 maggio che lo vede celebrare in 130 paesi. Il Pride del 2013 era stato infatti teatro di violenze provocate da parte di una folla conservatrice ed omofoba, con in prima linea membri del clero ortodosso. Nel 2019 gli organizzatori del Pride hanno deciso di riprovarci ed hanno proposto un evento nazionale, una Tbilisi Pride Week, una settimana di eventi e spazi di informazione dedicata alla sensibilizzazione dei diritti delle minoranze LBGTQ+, la comunità arcobaleno del paese che è tutelata sulla carta ma non nella vita reale . E quanto questo sia vero lo ha dimostrato tragicamente la Tbilisi Pride Week del 2021, una pagina vergognosa nella storia della difesa dei diritti del paese, e nella gestione dell’ordine pubblico.
Si sarebbe dovuta tenere da giovedì 1 luglio a lunedì 5 luglio, data designata per chiudere l’evento con la Marcia della Dignità. L’evento è iniziato come previsto, e da subito gruppi organizzati omofobi hanno preso di mira i partecipanti, con lancio di oggetti, uova e bottiglie già dalla prima serata. Fra i colpiti anche i rappresentanti di ambasciate che hanno attivamente sostenuto l’evento. A seguito della prima serata, che partiva con la proiezione di un film, ci sono stati 23 arresti.
La retorica omofoba è continuata a montare. Il 3 luglio la Chiesa ortodossa georgiana ha denunciato la propaganda di “stili di vita pervertiti”, chiamando a raccolta i parrocchiani per una massiccia contro-manifestazione e ammonendo le rappresentanze diplomatiche straniere, e specificatamente l’Europarlamento, di non interferire nella vita pubblica e spirituale del paese.
Il 5 la Marcia della Dignità è stata cancellata di fronte a una montante violenza e minaccia alla vita dei partecipanti. La richiesta della cancellazione è arrivata agli organizzatori dal ministero degli Interni, che per legge dovrebbe garantire la sicurezza di tutte le manifestazioni di libera espressione del pensiero e il diritto ad associarsi e manifestare. L’inadeguatezza delle misure adottare dal governo si evincono dai drammatici eventi del 5. Evento cancellato, uffici degli organizzatori assaltati da una folla omofoba e feroce. Un vero e proprio pogrom. Un turista straniero – identificato come omosessuale dal suo aggressore perché aveva un orecchino – è stato accoltellato in pieno giorno .
L’aggressione all’informazione
Il bilancio è pesantissimo anche per quanto riguarda gli organi di stampa. I badge di accreditamento non hanno tutelato operatori dell’informazione, giornalisti, cameraman, ma piuttosto li hanno trasformati in target. Il bilancio è di un numero mai visto di feriti ed aggrediti fra giornalisti e operatori di TV, giornali, siti di informazione: 53 in totale.
L’11 luglio è poi stato rinvenuto morto nel suo appartamento il cameraman della TV Pirveli Aleksandre (Lekso) Lashkarava. Così la collega Miranda Baghaturia descrive il suo pestaggio : “Per venti minuti è stato picchiato senza pietà. Una quindicina di uomini mi tenevano lungo una ringhiera delle scale mentre gridavano "Non uccidetelo"… 20 uomini hanno trascinato giù Lekso dove non potevo vederlo".
Lashkarava è stato portato in ospedale con varie lesioni, tra cui commozione cerebrale, fratture ossee facciali e contusioni. Ha subito un intervento chirurgico ed è stato in seguito dimesso continuando a seguire le cure a casa. Ora si indaga sulle cause della morte.
Il governo non di tutti i georgiani
Hanno fatto attivamente parte dei gruppi organizzati che hanno preso parte alle violenze oltre che prelati e parrocchiani anche movimenti e partiti di estrema destra e ultra conservatori. Fra questi Guram Palavandishvili, fondatore della Società per i Diritti dei Bambini, tra i principali gruppi ad aver alimentato l’odio contro il Pride.
E’ stata la sua organizzazione ad aver allestito tende contro la "propaganda LGBT" nei pressi della stazione della metropolitana Rustaveli. Alcune tende di manifestanti anti-governativi situate presso il Parlamento sono invece state distrutte e vandalizzate.
Si è distinto anche l’oligarca Levan Vasadze e il suo neonato partito di estrema destra, i cui membri la notte del 5 luglio hanno abbassato la bandiera europea che sventolava sul Parlamento. Il giorno dopo la bandiera è stata re-issata, ma di nuovo presa e bruciata il 7 luglio durante una nuova contromanifestazione organizzata dagli stessi gruppi, in reazione alla “Manifestazione del silenzio” tenuta dagli organizzatori e simpatizzanti del Pride.
Si era espressa a tutela del diritto di tenere il Pride e della libertà di espressione la Presidente della Repubblica Salomè Zurabishvili, che ha subito visitato i giornalisti in ospedale e duramente condannato le violenze.
Al contrario, in questo quadro drammatico con altissimo rischio per la sicurezza e l’ordine pubblico, il governo nella figura del primo ministro ha preso posizione con una delle parti. Il 5 luglio, quando gli eventi stavano precipitando, ha accusato gli organizzatori del Pride di stare compiendo una provocazione, di essere degli estremisti, e che l’intero evento era un piano orchestrato da Mikhail Saakashvili dall’esilio per seminare instabilità.
Gli organizzatori, attoniti davanti a questa accusa, hanno sottolineato come queste parole, pronunciate da una delle principali cariche del paese, li avrebbero esposti ulteriormente al rischio di violenza. Anche il partito di governo nella persona del suo segretario Irakli Kobakhidze è rimasto nel solco della polarizzazione, nonostante le violenze fossero già in corso e fosse necessario stemperare i toni. Kobakhidze ha dichiarato il 5 luglio che "qualunque cosa stia accadendo nelle strade di Tbilisi va nell’interesse dell’opposizione radicale, del il Movimento Nazionale Unito e i suoi partiti partner. Vi sono loro dietro al Pride".
Tbilisi è quindi ripiombata in una realtà di violenza che non si vedeva da tempo, e mai vista con questi numeri specificatamente contro l’informazione. Si fa ora una triste conta: danni materiali, un morto e numerosi feriti, una società ancora più divisa, e una pioggia di accuse al governo georgiano da parte di partner e organizzazioni internazionali. Critiche rivolte a chi ha commesso le violenze, ma anche nei confronti di chi avrebbe dovuto impedire che avvenissero.
L’eurodeputata Viola von Cramon ha twittato : “Quando gruppi di violenti picchiano giornalisti e membri della comunità LGBT e il governo sta a guardare è un segno dello sgretolarsi dello stato di diritto”.
Denis Krivosheev, vicedirettore di Amnesty International per l’Europa orientale e l’Asia centrale, ha sottolineato che “il governo ha schierato un numero inadeguatamente piccolo di agenti di polizia che hanno solo reagito agli attacchi violenti, piuttosto che fornire una protezione organizzata per gli attivisti LGBTI”.