Georgia, la lenta riforma della giustizia
In Georgia la recente riforma della giustizia, e il tema dell’indipendenza della magistratura, ha giocato un ruolo importante nella soluzione della crisi politica tra governo e opposizione, grazie anche alla mediazione UE
La necessità di riformare la giustizia caratterizza tutta la storia repubblicana della Georgia indipendente. Il paese era uscito infatti dal periodo sovietico con il peso di un sistema disfunzionale in cui i diritti dell’accusato non erano garantiti. I giudici raramente osavano contraddire i capi d’accusa mossi dal pubblico ministero, che in Georgia è l’ufficio del Procuratore della Repubblica. La “Prokuratura”, nel regime sovietico, era l’organo incaricato di vigilare sulla “legalità socialista”, fondamento dello stato, e quindi – di fatto – era un organo di partito.
Questo legame fra controllo delle corti via ufficio del Procuratore e conseguente influenza sui giudici da parte del partito al potere non è mai stato del tutto reciso. Formalmente scorporato dal ministero della Giustizia nel 2018, l’ufficio del Procuratore della Repubblica rimane uno di quelli più problematici sotto il profilo dell’indipendenza dall’esecutivo. Altrettanto si può dire anche per i giudici. Nel rapporto di Freedom House per il 2020, l’indipendenza della magistratura è valutata 2 su 4 (0 il minimo, 4 il massimo), e il paese nel suo insieme considerato parzialmente libero. L’organo responsabile delle carriere dei magistrati, e quindi di chi siederà in tribunale e dovrà esercitare il proprio giudizio privo da ogni interferenza, è l’Alto Consiglio di Giustizia.
Dall’Alto Consiglio Alla Cassazione: chi e come sceglie i giudici
Sempre secondo la riforma della giustizia del 2018 è l’Alto Consiglio e non più il Presidente della Repubblica a presentare i candidati giudici della Corte Suprema – la Cassazione georgiana – al parlamento. Un ulteriore tentativo per sottrarre il controllo della magistratura della corte di ultima istanza all’esecutivo, che però non è parso di pieno successo. Da subito una coalizione di ONG ha contestato i metodi di selezione delle candidature operati dal Consiglio, la scarsa trasparenza dei parametri di scelta, la non ineccepibilità dei profili dei candidati. La questione ha portato alle dimissioni del presidente della Commissione per gli Affari Legali del Parlamento.
Ciononostante nel dicembre 2019, il parlamento ha infine confermato 14 giudici della Corte suprema, senza i voti dell’opposizione e nonostante le critiche del Consiglio d’Europa, che soprattutto attraverso la Commissione di Venezia è attivamente coinvolto nei processi di democratizzazione delle istituzioni georgiane. Di nuovo nel 2020 il parlamento ha approvato ulteriori riforme giudiziarie nel mese di settembre, priam che la Commissione di Venezia emettesse un parere in merito, di nuovo attirando le critiche del Consiglio d’Europa .
La giustizia e la crisi
Nella protratta crisi politica georgiana, che è giunta recentemente a conclusione con l’ingresso in parlamento di tutte le forze politiche elette, la giustizia ha giocato un ruolo importante. Non per nulla nell’accordo firmato il 19 aprile per far ripartire la legislatura un intero punto è dedicato alla riforma della giustizia e all’imparzialità della magistratura. Il testo è stato ritweettato recentemente dall’Ambasciata americana per richiamare il governo a un impegno che si era assunto. Infatti il governo aveva chiesto un’opinione della Commissione di Venezia con carattere di urgenza, su un progetto per emendare la legge sulle corti che riguarda la trasparenza e i criteri di scelta delle candidature avanzate dal Consiglio di Giustizia per la Corte Suprema. Il problema nonché l’evidente discrepanza fra quanto dichiarato e quanto sta succedendo è che il processo di selezione dei nuovi giudici – che sono nominati a vita – è già in corso.
L’accordo del 19 aprile prevede che le procedure in corso vengano sospese in attesa che entrino in vigore le nuove regole. Il 2 aprile, con ancora il parlamento boicottato dall’opposizione e di nuovo senza aspettare l’opinione della Commissione di Venezia (poi emessa il 28 aprile), la maggioranza ha passato gli emendamenti alla legge che sta venendo applicata nella selezione.
La Commissione di Venezia ha suggerito, a fronte dell’adozione degli emendamenti di legge prima della propria opinione che “le autorità georgiane desiderano mantenere il concorso in corso, che sarà poi condotto secondo le nuove regole. Ciò significa che i primi colloqui avranno già avuto luogo secondo le vecchie regole e le nuove regole si applicheranno ai colloqui successivi. Questo deve essere gestito con grande cura, poiché solleva una grande preoccupazione per la parità di trattamento dei candidati. Per questo motivo, potrebbe essere necessario riavviare la procedura.”
Il Segretario Generale del Sogno Georgiano ha difeso la selezione in corso sostenendo che non ci sia motivo per fermare le candidature, che il testo di aprile incorpora già le raccomandazioni della Commissione.
Si è dichiarata profondamente delusa l’ambasciatrice statunitense Kelly Degnan della decisione di portare avanti il processo di nomina di ben 9 giudici su 28.
L’UE nel dibattito
L’Unione Europea ha giocato un ruolo fondamentale nella stesura dell’accordo del 19 aprile e nella mediazione che vi è seguita. L’UE è tornata a farsi sentire in questi giorni attraverso un inedito formato diplomatico.
In previsione dell’Eastern Partnership summit del prossimo dicembre l’Alto Rappresentante/Vice Presidente della Commissione Josep Borrell ha incaricate tre ministri degli Esteri di paesi membri dell’Unione – Alexander Schallenberg, Austria, Gabrielius Landsbergis, Lituania e Bogdan Aurescu, Romania – di fare quello che il ministro rumeno ha indicato con l’Hashtag #SouthCaucasusTour . I tre ministri hanno incontrato le massime cariche politiche di Azerbaijan, Armenia e Georgia, concludendo il viaggio con una conferenza stampa a Tbilisi . La conferenza è stata occasione per illustrare una sorta di manifesto della visione dell’UE sulla regione e sul ruolo che l’Unione vede per sé nella regione.
In Georgia i tre ministri hanno incontrato il Primo Ministro Garibashvili e il ministro degli Esteri David Zalkaliani. Si sono espressi anche sulla firma di Georgia, Ucraina e Moldavia, lo scorso maggio, della “Trio Association ” con lo scopo di avanzare più efficacemente nell’avvicinamento all’Unione, all’interno dell’Eastern Partnership.
Nella conferenza stampa l’Unione prende atto di questa eventualità, di creare un canale accelerato. Ma il chiaro messaggio di Bruxelles è stato quello che l’Eastern Partnership, per cui tanto l’Unione si è spesa, va applicata come concordato. Come ha richiamato il ministro austriaco le parti coinvolte “devono giocare secondo le regole, non con le regole”. Ci sono dei passaggi necessari, come ha detto il ministro lituano, dei passiche la Georgia non può evitare, e fra questi una efficace riforma della giustizia. Le sue parole sono state riprese dal ministro rumeno che ha esplicitamente richiamato a rispettare le raccomandazioni della Commissione di Venezia.