Georgia, il caso Gogashvili
Soso Gogashvili, ex vice capo dei servizi di sicurezza georgiani – e un tempo molto vicino al partito di governo Sogno georgiano – ha dichiarato di avere raccolto prove sui brogli elettorali di quest’ultimo durante le ultime presidenziali. Ora è in carcere e teme per sé e per la propria famiglia
Il 16 luglio con una operazione speciale le forze di sicurezza georgiane hanno fatto irruzione in un bell’appartamento in via Avto Varazi 91 a Tbilisi. Una scena che supera un film d’azione, da come è stata descritta dalla moglie dell’arrestato che sostiene anche che le prove contro il marito che sono state raccolte durante il blitz siano state portate proprio dalle forze di sicurezza: armi e schede di memoria. È stato un arresto eccellente perché si parla di una figura che ha fatto parte dello stato profondo, e di Sogno Georgiano: Josef “Soso” Gogashvili.
Fino alla salita al potere di Sogno Georgiano i Gogashvili vivevano di sussidi, ma con l’arrivo del partito di Ivanishvili la famiglia ha fatto un salto di qualità nel tenore di vita. Soso ha fatto carriera negli organi si sicurezza del paese e dal 2015 al 2018 è stato vice capo del Servizio di sicurezza dello Stato, vice dell’attuale ministro degli Interni. Ha poi diretto il dipartimento di monitoraggio e analisi del Sogno e ha lasciato questa posizione nel 2020.
Il giorno prima di essere arrestato, e aggredito, Soso Gogashvili aveva scritto su Facebook di essere in possesso delle prove di brogli elettorali fatti da Sogno georgiano. Da allora è in carcere e le modalità del suo arresto sono divenute a loro volta fonte di indagini. I Servizi per le indagini speciali hanno aperto un’indagine per abuso di potere e violenza durante l’arresto di Gogashvili da parte degli agenti delle forze dell’ordine.
Le accuse
In sintesi: Gogashvili è accusato di aver raccolto e diramato dati non autorizzati; lui e le ONG accusano il governo di frode elettorale; le forze dell’ordine sono accusate di essere parte di questa frode, oltre che di aver compiuto l’arresto di Gogashvili stesso con modalità illegali. Da luglio Gogashvili è in stato di detenzione preventiva.
Nel periodo in cui si aggirava nel palazzi ministeriali e del potere, Gogashvili avrebbe raccolto prove incriminanti di brogli, soprattutto relativi alle elezioni presidenziali del 2018 e locali del 2020.
La sua ricostruzione del meccanismo che garantisce un alto numero di voti al Sogno trova eco anche in un recente report di varie organizzazioni non governative che hanno messo nero su bianco come, in Georgia, le elezioni vengano truccate.
Secondo le ONG ci sarebbe uno schema su larga scala di mobilitazione di voti a favore del Sogno attraverso mezzi illegali che "molto probabilmente conferma l’uso delle agenzie statali (comprese le forze dell’ordine) per scopi elettorali / di partito". Il documento sottolinea che i rappresentanti del partito al governo avrebbero offerto in cambio del voto vari vantaggi come la revoca dei domiciliari, il rilascio anticipato dagli istituti penitenziari, il ripristino del diritto alla guida sospeso o confiscato, l’allentamento delle accuse nei procedimenti penali in corso, il miglioramento delle condizioni di coloro che scontano la pena, e il rinvio degli obblighi di servizio militare dei coscritti.
Il quadro che è emerso è un ampio meccanismo di voto di scambio documentato attraverso fonti fra cui compare Gogashvili. Secondo quest’ultimo il Sogno epura anche chi non lo vota, una sorta di ritorno informale al reato di opinione, tipico dei regimi dittatoriali. Si legge nel documento delle ONG che all’autunno 2020 all’agosto 2021 il ministero dell’Istruzione e della Scienza non ha riconfermato almeno 112 dirigenti di scuole pubbliche dopo la scadenza del loro mandato, di questi 95 sono nomi di presidi citati nei documenti forniti da Gogashvili.
Dal carcere Gogashvili teme per sé e per la sua famiglia. Da ex insider che ha "parlato", sostiene che Ivanishvili gliela ha giurata e che è stato chiamato a colloquio telefonico con il ministro degli Interni per ritrattare le proprie accuse e “dire le cose giuste”. Questi colloqui si sarebbero tenuti nell’ambiente delle docce del carcere, ripetutamente. Le docce sono un’area del carcere in cui le telecamere di sorveglianza non sono installate. Durante queste telefonate le guardie si sarebbero allontanate.
In una occasione Gogashvili, che è del mestiere, prima di essere accompagnato avrebbe messo dello scotch nell’interno della mano per raccogliere le altre impronte digitali presenti sul cellulare con il quale ha parlato con il ministero degli Interni. Questa prova è stata depositata per testimoniare che è stato oggetto di pressioni durante il periodo di detenzione. Il suo avvocato e le ONG sostengono anche che il carcere avrebbe dovuto fornire i tracciati degli spostamenti del detenuto nei giorni in cui lui sostiene che ci sono state queste telefonate, ma il carcere n. 12 in cui è detenuto sostiene che le telecamere non erano in funzione. Questo fatto getta nuova benzina sul fuoco sui dubbi che circondano il caso.
L’affare Mukhtarli
Gogashvili punta il dito direttamente contro Ivanishvili che ritiene diretto responsabile non solo delle minacce alla sua persona, delle frodi ma anche di una serie di altri cupi episodi, fra cui l’assalto del 2017 all’ex viceministro dell’Interno Gela Khvedelidze e il rapimento, sempre nello stesso anno, del giornalista azero Afgan Mukhtarli. Khvedelidze sarebbe stato picchiato per aver insultato Ivanishvili al telefono, mentre per Mukhtarli Tbilisi avrebbe ricevuto una tangente di 3 milioni di dollari dal governo azero perché il rapimento avvenisse e la pressione sarebbe arrivata da circoli di affari che non gradivano l’immagine che il giornalista dava del paese.
Mukhtarli – che ha trascorso tre anni in carcere in Azerbaijan dopo esservi stato forzosamente trasportato dalla Georgia – questa estate ha risposto alla dichiarazione di Gogashvili in un post su Facebook e ha detto che avrebbe esortato l’ufficio del procuratore della Georgia a interrogare Gogashvili in relazione al proprio rapimento.
Il primo ottobre la tv georgiana Pirveli, non vicina al Sogno, ha confermato che Mukhtarli ha riconosciuto fra i suoi rapitori il capo del controspionaggio georgiano. Tre giorni dopo, dal carcere, Gogashvili ha ricostruito i giorni del rapimento confermando il ruolo diretto delle forze di sicurezza georgiane e riconoscendo il proprio nel processo di distruzione delle prove. Mukhtarli sarebbe dovuto essere rapito a Marnueli, e rimpatriato. Invece la squadra incaricata l’ha prelevato a Tbilisi, ed è stato poi necessario rimuovere le tracce dell’intero episodio dalle videocamere di sorveglianza e cambiare le targhe delle auto coinvolte. Gogashvili dice di ricordare distintamente i dialoghi e i protagonisti di quei giorni e riconosce le proprie responsabilità in questa ultima fase dell’operazione dell’affare Mukhtarli, l’occultamento delle prove.