Georgia, al voto per le amministrative
Il prossimo 2 ottobre in Georgia 64 municipalità andranno al voto, compresa la capitale Tbilisi. Nella crisi politica georgiana queste amministrative potrebbero aprire a una nuova tornata di elezioni politiche, motivo per cui sono particolarmente importanti. Un’analisi
Il voto del 2 ottobre prevede il rinnovo di 64 municipalità. Gli elettori dovranno scegliere i sindaci e i consigli comunali (Sakrebulo) di 5 città – fra le quali Tbilisi – e 59 altri comuni. Nella precedente tornata di elezioni amministrative il Sogno Georgiano si era imposto in 62 su 64 sindaci eletti, e 63 su 64 consigli comunali.
Le amministrative si tengono ogni 4 anni, e si voterà con una nuova legge elettorale: nelle 5 città capoluogo con un rapporto di 4 seggi a uno stabiliti con il metodo proporzionale, e 2 a uno per i 59 comuni. La soglia di ingresso è il 3% per tutti i consigli comunali, salvo quello di Tbilisi dove si ottiene almeno un seggio con il 2.5%. Per i seggi attribuiti con il sistema maggioritario, si passa il primo turno con il 40% dei voti, altrimenti si va al ballottaggio. Per i sindaci, vince chi ha superato il 50% delle preferenze, in caso non si ottenga questo risultato al primo turno si va al ballottaggio entro 4 settimane fra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze.
Un voto sicuramente importante perché si ridefiniscono le amministrazioni di buona parte del paese, ma non solo per questo. Per uscire dalla crisi che aveva seguito le elezioni politiche del 2020 si era arrivati a un complicato compromesso, frutto di un accordo secondo il quale l’opposizione avrebbe smesso di boicottare il nuovo parlamento, di cui non riconosceva la legittimità per presunti brogli elettorali, se fossero stati liberati i prigionieri politici, si fosse proceduto verso la riforma della giustizia, e se si fossero tenute elezioni anticipate qualora nelle prossime elezioni amministrative il Sogno Georgiano avesse ottenuto meno del 43% dei consensi.
Queste, quindi, potrebbero essere le elezioni che aprono a una nuova tornata di elezioni politiche, e per questo sono particolarmente importanti.
La peripezie dell’accordo mediato dall’UE
Il condizionale è d’obbligo perché le sorti dell’accordo, e anche i rapporti con chi ne aveva sollecitato l’approvazione, sono cambiate molto in questi mesi. L’accordo, sollecitato dal Presidente del Consiglio europeo Charles Michel era stato approvato dopo una difficile negoziazione ad aprile. A quel punto sei mesi di boicottaggio erano finiti, e l’opposizione aveva accettato di prendere posto in parlamento, ma i principali partiti di opposizione, fra cui il Movimento Nazionale Unito di Nika Melia, che era stato arrestato a febbraio, non avevano firmato l’accordo. La situazione intorno all’accordo è rimasta quindi tesa e ambigua.
Il 23 luglio Nika Melia ha presentato la propria candidatura come sindaco di Tbilisi. Quattro giorni dopo il Sogno Georgiano si è ritirato dall’accordo, dichiarando che l’accordo aveva ormai svolto la propria funzione e che comunque il fatto che fosse rimasto un impegno unilaterale della maggioranza, in assenza della firma delle principali forze di opposizione, lo rendeva uno strumento iniquo.
Ma la storia dell’accordo non finisce così, e per un continuo ribaltarsi delle parti, il documento arriva firmato al voto dall’opposizione e non dalla maggioranza. Il 2 settembre Melia ha dichiarato infatti che firmeranno l’accordo per mantenere i rapporti con l’Europa, facendo riferimento a ciò che considera un voltafaccia geopolitico del governo. In mezzo c’è stato infatti un evento non trascurabile nei rapporti fra Unione Europea e Georgia: Tbilisi ha rifiutato la seconda trance di un prestito europeo perché legato al principio di condizionalità.
A maggio 2020 il Parlamento Europeo aveva stanziato 150 milioni di euro a sostegno della Georgia per affrontare la crisi legata all’emergenza COVID. La prima trance è stata elargita a novembre, senza porre alcuna condizione. Ma di fronte a scelte del governo che mettevano in dubbio la volontà di seguire lo spirito dell’accordo di aprile, in particolare in tema di riforma della giustizia con la contestata nomina di giudici alla corte Suprema, l’UE ha imposto una condizionalità sulla seconda trance. A quel punto il primo ministro Irakli Garibashvili ha dichiarato che i 75 milioni di euro avevano perso rilevanza, che la Georgia deve ridurre il debito estero e le ingerenze esterne.
Si sono quindi ribaltate le parti, e l’accordo adesso impone obblighi all’opposizione e non alla maggioranza nell’ipotesi che si realizzi quanto previsto, cioè che il Sogno Georgiano resti al di sotto del 43% dei consensi, il che vorrebbe dire una perdita molto sostanziosa di voti rispetto alle amministrative precedenti per un partito che ha ottenuto 84 dei 150 seggi del parlamento non più tardi di una decina di mesi fa alle elezioni politiche.
La campagna elettorale
Quello del 2 ottobre è quindi un voto complicato per la Georgia. Rispetto alle elezioni politiche nulla è stato costruito per ristabilire la fiducia politica fra le varie forze, e non c’è motivo di ritenere che le accuse di brogli che hanno dato il via alla protratta crisi politica del post-voto non si ripetano. Anzi, già adesso sia il Movimento Nazionale Unito che la nuova forza in corsa per il voto, il partito Per la Georgia dell’ex Primo Ministro Giorgi Gakharia, lamentano intimidazioni e pressioni. Gakharia è stato oggetto di attacchi personali, e si è sottoposto al test dell’urina per dimostrare infondate le accuse mossogli dal suo ex partito, il Sogno Georgiano, di essere un cocainomane “come Saakashvili”.
Il test delle urine è stato argomento così dibattuto che qualcuno ha parlato di “guerra dell’urina”, con il parlamentare dell’opposizione Gubaz Sanikidze che ha constatato come il livello di dibattito nel paese sia ormai giunto al punto in cui i candidati si scrutano le reciproche urine.
Il candidato uscente sindaco di Tbilisi Kakha Kaladze ha esortato gli altri candidati a sottoporsi al test per dimostrare di non essere drogati, e Melia lo ha fatto.
Quanto a Saakashvili – il presunto drogato numero 1 secondo il Sogno Georgiano – non ha mancato di preannunciare un suo ritorno nel paese, ha definito pitecantropi i politici dell’attuale maggioranza, identificato la “calligrafia russa” dietro le accuse a Gakharia. Ma per il momento è tornato solo il suo volto, in una serie di cartelloni comparsi di notte nelle vie di Tbilisi, in cui è al centro di un gruppo di politici e giornalisti vicini all’opposizione avvolti nel sangue.
Una campagna che aggiunge benzina al fuoco della polarizzazione georgiana.
E si conta già un ferito: un cameraman della tv di opposizione Mtavari Arkhi con l’anca rotta, spinto giù da un ufficio del Sogno Georgiano.