I soldati del Daghestan morti per la guerra di Putin

Molti giovani della repubblica caucasica del Daghestan chiedono di entrare nell’esercito spinti dalla propaganda russa e dalla necessità di trovare un lavoro. Inviati a combattere in Ucraina, molti sono tornati a casa in una bara. Le loro storie

22/04/2022, Vladimir Sevrinovsky -

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Una parente mostra gli attestati di premi guadagnati di un militare morto nel confitto in Ucraina (Foto di Vladimir Sevrinovsky)

(Pubblicato originariamente dal portale Meduza *, 11 aprile 2022)

Nella Repubblica russa del Daghestan, nel Caucaso settentrionale, molti giovani sono ansiosi di arruolarsi nell’esercito. Non solo è considerata la cosa giusta – e virile – da fare, è anche una delle uniche possibilità di migliorare il proprio stato economico. In passato, le quote federali hanno posto un limite al numero di soldati che possono arrivare da ciascuna regione russa, portando alcuni uomini del Daghestan ad arrivare al punto di corrompere il consiglio di leva per arruolarli. Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, tuttavia, il governo ha reclutato attivamente soldati del Daghestan e molti sono già tornati a casa nelle bare. Secondo una fonte dell’ufficio di arruolamento della Repubblica, sono morti oltre 130 soldati del Daghestan. Il giornalista Vladimir Sevrinovsky si è recato in Daghestan per scoprire come i residenti vedono la guerra e come piangono i loro figli e nipoti perduti.

“Non siamo persone libere”

“Ho avuto paura di sentire la parola ‘Fratello!’ sin da quando ero un ragazzino”, dice un insegnante di un villaggio del Daghestan che ha chiesto di rimanere anonimo. “Ho sempre pensato che se qualcuno si avvicinava a me e diceva: ‘Fratello!’ significava che voleva truffarmi o derubarmi. E ora, sentendo così tanto parlare di “popolo fratello” ho capito che funziona esattamente allo stesso modo".

Di recente, gli studenti di una delle sue classi hanno scritto la lettera Z alla lavagna e con aria di sfida hanno smesso di fare i compiti. Quando hanno ricevuto voti bassi come risultato, sono andati dalla preside della scuola e le hanno detto che il loro insegnante si era vendicato contro di loro per aver mostrato "patriottiZmo". Per fortuna, quella sera, alcuni studenti che “vedono e capiscono tutto” gli fecero visita e lo confortarono.

Gli studenti che hanno disegnato la Z hanno detto al loro insegnante che Putin è potente, la Russia avrebbe presto vinto la guerra e che lui stesso sarebbe stato dichiarato "nemico del popolo" e mandato in prigione per 15 anni "come Navalny". Inizialmente voleva dimettersi, ha rivelato a Meduza, ma ha cambiato idea a causa degli altri suoi studenti.

La guerra in Ucraina ha diviso la società daghestana. Come ovunque in Russia, molte persone sostengono la Russia nella sua "lotta contro il fascismo". In via Rasul Gamzatov, nel centro della capitale del Daghestan, Makhachkala, sul teatro russo è appeso uno striscione con lo slogan filorusso “Za mir” o “Per la pace”; sotto ci sono pubblicità per due ensemble: "Donbas" e il nuovo nome "LeZginka" (la Lezginka è un tipo di danza popolare caucasica). Molti dei minibus della città portano anche la lettera Z, mentre pochissime auto private hanno disegnato una Z.

"Una collega mi ha chiesto se avremmo usato la lettera Z nei nostri materiali stampati", ha detto a Meduza un regista teatrale. “Naturalmente, ho detto di no e le ho chiesto perché. ‘Beh, l’hanno raccomandato e non siamo persone libere", mi ha detto.

Il regista ha aggiunto "Qualcosa deve essere fatto. Tutte queste favole su come la cultura sia separata dalla politica sono semplicemente criminali. È impossibile essere fuori dalla politica quando qualcosa del genere sta accadendo nel tuo paese. Dobbiamo cercare di non farci beccare da una di queste terribili leggi [di censura] e di non mettere a rischio nessuno, ma non possiamo tacere. Forse non possiamo discuterne direttamente, ma dobbiamo parlare di quello che sta succedendo”.

Il servizio militare, insieme allo sport, è uno dei principali mezzi di mobilità sociale nella Repubblica del Daghestan. Poiché il numero di daghestani che possono entrare nell’esercito è limitato da quote, molte persone pagano tangenti per entrarvi. Nella primavera 2021, il ministero della Difesa russo ha riferito che circa 3mila persone erano state reclutate dal Daghestan (il numero totale di reclutati in tutto il paese nel 2020 era stimato in circa 60.000). Nel marzo 2022, gli uffici di leva del Daghestan hanno iniziato a reclutare attivamente soldati a contratto per prestare servizio nella "operazione militare speciale" in Ucraina. Gli stipendi offerti vanno da 177 mila rubli (circa 2.000$) al mese per un soldato regolare a 215 mila rubli (circa 2,300$) per un ufficiale. Lo stipendio medio nella Repubblica era di poco superiore a 32mila rubli (circa  377,00$) nel 2021, mentre il tasso di disoccupazione era superiore al 15% (contro una media di poco superiore al 4% in Russia nel suo complesso alla fine del 2021).

Ci sono state segnalazioni contrastanti sul successo delle campagne di reclutamento. Secondo un articolo  dell’Agenzia RIA Daghestan del 18 marzo, l’ufficio di arruolamento del Daghestan aveva firmato più di 300 contratti militari a breve termine per il servizio militare nella settimana precedente. Nel frattempo, un impiegato dell’ufficio di leva nel distretto di Babayurt aveva dichiarato a un giornalista del quotidiano Chernovik che il periodo di reclutamento per l’"operazione militare speciale" era terminato il 10 marzo. Un articolo dell’11 marzo cita un ufficiale dell’ufficio che affermava che il reclutamento era ancora in corso, ma non per il conflitto in Ucraina.

Le famiglie daghestane hanno tenuto funerali sin dai primi giorni di guerra. In sole due pagine del necrologio di Chernovik, dell’11 marzo e del 18 marzo, si elencano un totale di 35 soldati. Secondo il media Kavkaz.Realii, almeno 60 residenti del Daghestan erano morti in guerra prima del 23 marzo. Gli elenchi non ufficiali compilati da notizie e post sui social media includono più di 100 nomi di soldati presumibilmente morti in Ucraina. Se quei numeri sono corretti, il Daghestan ha perso percentualmente più soldati in guerra di qualsiasi altra repubblica russa, superando di gran lunga la Buriazia, al secondo posto.

Alla fine di marzo, Chernovik ha anche scritto dei genitori dei soldati del Daghestan che non riescono a trovare i loro figli. Il corrispondente di Meduza ha confermato che sui social media si stanno diffondendo informazioni sugli ospedali sovraffollati di soldati daghestani. "Uno dei miei parenti ha gravi ferite da schegge e un altro è morto", ha scritto online Akhmed (nome inventato) residente a Makhachkala. "Questi sono i risultati finora di questo massacro assolutamente stupido in terra straniera".

"È andato per proteggere la sua madrepatria”

Cartellone stradale con il ritratto di Nurmagomed Gadzhimagomedov,

Cartellone stradale dedicato a Nurmagomed Gadzhimagomedov del paracadutista insignito postumo del titolo di Eroe della Russia (Foto di Vladimir Sevrinovsky)

A Kani, villaggio di montagna che un tempo si estendeva ben oltre i suoi attuali confini, sono rimaste attualmente circa 30 famiglie; le condizioni sono difficili e la maggior parte delle persone è partita per le pianure. Secondo i residenti locali, 20 uomini sono andati in Ucraina per combattere nella guerra. Il 1° aprile, l’ultimo giorno prima del Ramadan, auto piene di persone vestite di nero si fermano una dopo l’altra. Si sono riuniti per piangere il paracadutista di 25 anni Nurmagomed Gadzhimagomedov, morto il 24 febbraio, all’inizio della guerra. Prima di andare in Ucraina, ha combattuto con l’esercito russo in Siria. Secondo la versione ufficiale del governo, Gadzhimagomedov, circondato dalle truppe ucraine, ha fatto esplodere una granata, uccidendosi insieme ai suoi avversari. "Ha fatto quel passo perché ha capito con chi aveva a che fare: neonazisti, che abusano dei prigionieri e li uccidono brutalmente", ha detto Vladimir Putin dopo la sua morte. Il 3 marzo Putin ha assegnato a Gadzhimagomedov il titolo di Eroe della Russia. Da allora le immagini del ritratto militare ufficiale di Gadzhimagomedov sono apparse lungo le strade della Repubblica.

I singhiozzi delle donne possono essere ascoltati ben oltre il cimitero rurale. Le parenti di Gadzhimagomedov piangono accanto alla sua tomba, che è ricoperta di dolci, riso e halva [un tipo di dolce locale]. Gli uomini stanno un po’ più indietro, aspettando pazientemente; alcuni di loro si asciugano le lacrime dagli occhi con un fazzoletto. È solo quando le donne alla fine tacciono e si allontanano che gli uomini si avvicinano alla tomba per rendere omaggio. Dopodiché, tutti vanno a casa del defunto; le donne entrano e gli uomini stanno fuori e si siedono su panche fatte di assi di legno.

“Ha trascorso la sua infanzia in questa casa. Era un vero uomo di montagna, che Allah lo benedica in paradiso. Era un giovane allegro, educato, calmo. Amava davvero la montagna. Veniva qui in vacanza, ogni volta conquistava una nuova vetta. Non ha vissuto con sua moglie neanche un anno", ha detto Malik, lo zio di Gadzhimagomedov. “Il 20 febbraio è nata sua figlia e quattro giorni dopo è morto. Non è nemmeno riuscito a tenere in braccio sua figlia. Dopo l’esercito, pensava di tornare in Daghestan. Diceva che voleva trasferirsi in montagna e allevare bestiame. Aveva molti progetti per la sua vita, ma tutto è stato interrotto".

"Ho servito io stesso nell’esercito sovietico", ha aggiunto un altro parente, un vecchio con la barba bianca. "Ero un paracadutista a Fergana [città dell’Uzbekistan]. Quando era piccolo, gli parlavo dei miei lanci". L’uomo non è mai stato in Ucraina, ma non ha dubbi sulla rettitudine della guerra russa lì. Alla domanda sullo scopo della guerra, dice: "Stalin non ha distrutto questi nazionalisti nel 1945. Hanno alzato di nuovo la testa. Se le nostre truppe non fossero andate lì, avrebbero invaso il nostro paese. Quindi Putin ha fatto la cosa giusta".

"Era coraggioso dal giorno in cui è nato", ha detto Murad, un altro degli zii di Gadzhimagomedov. “Aveva le qualità di un uomo. I suoi hobby erano lo sport e le arti marziali. Anche quando era un adolescente, sapeva che avrebbe servito nell’esercito. Non avrebbe mai lasciato dietro di sé un commilitone, un fratello d’armi. Ecco perché è andato. Per proteggere la sua patria”. Alla domanda sul perché l’Ucraina fosse il paese in cui Gadzhimagomedov aveva bisogno di andare per proteggere la sua patria, Murad dice: "Nessun commento".

Murad non è l’unica persona a chiudere bruscamente un’intervista con queste parole. Al di fuori delle interviste, spesso si sentono persone discutere vigorosamente tra loro della guerra, e molti non si vergognano a chiamarla guerra. "Quando annunceranno che è ora di mobilitarsi, te ne andrai!" dice un abitante del villaggio a un altro. "No, non lo farò!" l’uomo risponde: "Andrò in prigione prima di andare in guerra. Per chi, per cosa? Se vengono qui, nella nostra madrepatria, sarò il primo a combattere, puoi scommetterci il culo che lo farò. Ma nessuno ha attaccato la Russia. Non sono i nazisti i nostri nemici. Hanno confiscato yacht [di oligarchi] per un valore di centinaia di migliaia di dollari – nel frattempo, non c’è una sola macchina per la risonanza magnetica in tutto il Daghestan. È colpa dei nazisti? Perché ci sono così tanti giovani nell’esercito? Perché non c’è altro lavoro. Chi ci ha lasciato senza lavoro, i nazisti o il governo?"

Molti dei giovani che sono andati in guerra, però, non l’hanno fatto per ragioni politiche o finanziarie. Secondo i loro parenti, molte persone vedono come poco virile sedersi in disparte mentre gli altri combattono. Un "ragazzo rispettabile" si unisce ai suoi amici quando vanno in guerra, altrimenti sembrerà un codardo. Un giovane non aveva nulla contro gli ucraini e non voleva nemmeno portare un’arma, ma quando un suo amico si è iscritto per unirsi all’"operazione militare speciale", lo ha fatto anche lui, solo per sostenere il suo amico, ha detto a Meduza un residente del villaggio.

Funerale di Nurmagomed Gadzhimagomedov

Funerale di Nurmagomed Gadzhimagomedov (Foto di Vladimir Sevrinovsky)

“Era il suo dovere”

Non lontano da Kana, nel villaggio più grande di Kulla, i residenti piangono ancora il 21enne Makhmud Channanov, morto il 28 febbraio e insignito postumo dell’Ordine del Coraggio. I suoi parenti ci tengono a raccontare di come sognava di diventare un giocatore di calcio e di come controllasse sempre se c’era del lavoro da fare prima di concedersi una passeggiata.

La fattoria dove è cresciuto Channanov non è grande. Due mucche e un vitello stanno in un recinto pulito. Accanto a loro ci sono dei cumuli di sterco accuratamente sistemato, che i locali usano per riscaldare le loro stufe. Il padre di Channanov ha abbandonato la famiglia molto tempo fa, quindi Channanov è stato allevato dalle parenti da parte di madre. Ora, le tre donne di montagna si radunano in casa nei loro abiti a lutto: Shamsiyat, la madre di Channanov; Lisa, sua nonna; e Khadizhat, sua zia. Nessun altro è qui. Il sole primaverile splende attraverso le spesse tende dietro la casa, e i volti delle donne sembrano oscurati dal lutto.

“Era lui quello che voleva arruolarsi nell’esercito. Sua madre e sua nonna erano d’accordo. È difficile per un uomo trovare un lavoro senza un documento d’identità militare. Siamo stati lieti di portarlo lì", afferma Khadizhat mentre tiene il suo bambino dietro la schiena, come fanno molte donne nei villaggi caucasici in modo da tenere libere le mani per lavorare.

“All’inizio si è lamentato. Ma alla fine, prima di morire, ha detto a sua madre e sua nonna che stava iniziando a piacergli. Ha iniziato a piacergli, è maturato, è diventato così bello, ed è allora che Dio Onnipotente lo ha preso. Non l’abbiamo visto così, abbiamo visto solamente fotografie", ha detto Khadizhat. “Makhmud non ci ha detto che sarebbe andato direttamente in Ucraina, nella zona calda. Ha solo detto: "Saremo là come truppe di supporto". L’ultima volta che ha chiamato sua nonna è stata la mattina del 23. Ha detto che stavano ritirando i loro telefoni e che non sarebbe stato più in grado di contattarci".

Le donne hanno appreso dei combattimenti guardando la televisione. Quando sono apparse le prime notizie di vittime, hanno iniziato a spaventarsi. La mattina del 28 febbraio, Shamsiyat ha chiamato lei stessa il comandante di suo figlio e lui le ha detto che andava tutto bene. Questo l’ha calmata un po’, ma si è comunque assicurata di tenere sempre il telefono con sé. Il giorno successivo, ha deciso di fare un pisolino dopo aver fatto il turno di notte e ha dato il suo telefono a Khadizhat, che presto ha ricevuto un messaggio: "Makhmud se n’è andato".

"Era il mio unico figlio", dice Shamsiyat, asciugandosi le lacrime. “Non mandavano in guerra figli unici. Perché è successo? Non sono giovane. Controllo ancora per vedere se mi ha mandato un messaggio su WhatsApp. Scriveva a sua nonna che le altre madri piangevano molto. A quanto pare sapevano dove venivano mandati i loro figli”.

Particolarmente sconvolgenti per le donne sono i commenti sui social media degli ucraini che affermano che Channanov ha ucciso dei bambini. "Non farebbe mai del male a nessuno", insiste Shamsiyat. “Ha servito la sua patria, ha prestato giuramento. Era il suo dovere, era un lavoro per lui".

Ora le donne si rammaricano profondamente per aver sostenuto la decisione di Channanov di arruolarsi nell’esercito. "Se lo avessimo saputo, l’avremmo portato fuori di lì", ha detto Khadizhat. "Ha cresciuto con tanta fatica suo figlio, solo perché lui compisse 21 anni e…" Si interrompe.

Mentre le donne raccontano la loro storia, la porta si apre e si chiude più volte. Una volta che hanno finito di parlare, l’intera casa è piena di uomini silenziosi. Un vecchio con la barba grigia inizia a tirare fuori i certificati che riconoscono i successi di Channanov: uno per il calcio, uno per l’atletica, uno per la partecipazione a un campo estivo, ecc. Una pila di medaglie sportive rintoccano l’una contro l’altra nel palmo della sua mano. Infine, gli uomini portano gli ultimi manufatti della sua vita: la sua uniforme militare e il suo Ordine del Coraggio, una croce d’argento in una scatola rossa. Nessuno sa cosa abbia fatto per guadagnarselo.

“Voi russi non dovete preoccuparvi di nulla, si occuperanno di tutto i caucasici”

Il 4 aprile, la famiglia di Makhmud Channanov, insieme a molti altri parenti delle vittime, è stata invitata a incontrare Sergey Melikov, il presidente del Daghestan. Ha ringraziato le madri e i padri per aver allevato guerrieri e ha annunciato che 50 milioni di rubli dal bilancio della Repubblica sarebbero stati stanziati per aiutare le famiglie dei soldati defunti.

"Le persone che nascono come veri guerrieri sono pronte all’eroismo. Questi figli del Daghestan non erano disposti ad accettare i tentativi degli altri di distruggere i nostri valori tradizionali, di distruggere la memoria storica dei grandi atti della generazione senza paura della Grande Guerra Patriottica. Oggi i nostri soldati e ufficiali, con piena fiducia nella propria rettitudine, stanno combattendo per la pace che i loro nonni e bisnonni hanno difeso e salvato" sono state le parole di Sergey Melikov durante quell’incontro.

Malikov ha poi citato il poeta caucasico Rasul Gamzatov: "Purtroppo, alla fine, solo la guerra può richiedere e glorificare persone d’onore e di coscienza".

Non molto tempo prima, un parente dei soldati aveva citato alcuni versi dello stesso poeta, anche se in un contesto molto meno ufficiale. "Che il pane sulla terra sia più economico e che la vita sia più preziosa", così ha iniziato, per poi leggere gli ultimi versi della poesia:

Amo tutte le persone.

E maledetto sia l’uomo

Che osa, che prova

a denigrare qualsiasi gruppo

Un vecchio siede tra i turisti sulla riva del Mar Caspio, parlando a se stesso della guerra. Dopo aver sentito un visitatore di passaggio da Mosca dire che si oppone alla guerra, l’uomo daghestano lo rassicura: “Voi russi non avete nulla di cui preoccuparvi. Sono i caucasici che faranno tutto. Per la Patria, per Stalin, per Putin!”

 

 

*sito indipendente russo – è possibile sostenere il portale Meduza tramite questa pagina   .

Tutti i nostri approfondimenti nel dossier "Ucraina: la guerra in Europa"

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