Tito, giovane vecchio

Impressioni dal festival di teatro internazionale Eurokaz di Zagabria,
dedicato quest’anno al presidente della Jugoslavia socialista ed al controverso bilancio della sua era. Tito, tra mito politico e icona pop

07/08/2007, Redazione -

Tito-giovane-vecchio1

Di Chiara Bonfiglioli

Dopo Tito, Tito. Lo slogan coniato dai collaboratori del leader fondatore della Jugoslavia socialista dopo la sua morte, nel 1980, già dava un’idea dell’ampiezza della crisi di successione apertasi nella Federazione. Josip Broz detto Tito era per molti nati negli anni Settanta semplicemente Stari, l’anziano, una sorta di benevolo nonno che sorrideva dalle fotografie ufficiali.

Tito aveva organizzato la resistenza all’occupazione nazifascista, creato la Federazione, assicurato standard di vita elevati ed una posizione internazionale prestigiosa. Nell’immaginario comune la Jugoslavia era associata, all’epoca, con il sistema dell’autogestione e con il Movimento internazionale dei paesi Non Allineati, e non con i letali nazionalismi degli anni Novanta.

Dal 1999, migliaia di nostalgici hanno ricominciato a celebrare ogni 25 maggio l’anniversario della nascita di Josip Broz nel villaggio croato d’origine, Kumrovec. Non stupisce quindi che il festival di teatro internazionale Eurokaz sia dedicato ad una figura tanto imponente e significativa, e che Tito torni a far parlare di sè sotto forma di icona pop.
Tito, la Quarta Via
Il festival teatrale internazionale Eurokaz ha visto la presenza di artisti dalla Croazia e dalla Macedonia, ma anche dall’Italia, dalla Russia, dall’Egitto. Otto spettacoli, riuniti l’ultima sera in un colossale montaggio-percorso svoltosi all’interno del Teatro Nazionale Croato ed all’esterno, sotto la pioggia, nella piazza che nonostante qualche protesta ancora è denominata Trg Maršala Tita.

Il montaggio, sintesi del festival, è stato intitolato Tito – La Quarta Via, ed ha voluto rappresentare – per usare le parole della direttrice di Eurokaz Gordana Vnuk – "una riflessione sulle grandi tematiche del secolo scorso – utopia, dittature, Stalinismo, l’incompatibilità delle ideologie … un contributo su una parte trascurata della recente storia Europea".

Si passa quindi dall’impressionante Tito, certain diagrams of desire, uno spettacolare collage di scene della vita di Tito, con 40 attori e ballerini macedoni, sloveni e italiani, ad una parabola sul potere quale Weddings and Trials, fino ad arrivare ad una coreografia di danza ispirata all’India ed al numero 3 (in riferimento al Movimento dei Non Allineati) e ad uno spettacolo ironico e minimalista quale il russo Catalogue of Hero, un inventario post-moderno di eroi ed eroismi contemporanei.
Tito, titoismo, stalinismo.
Tito come figura del potere è stato al centro delle rappresentazioni teatrali, ma anche oggetto di conferenze quali quella del filosofo Slavoj Žižek, e di tavole rotonde organizzate in occasione del festival.

Tvrtko Jakovina, storico dell’università di Zagabria, fa notare come ancora oggi aneddoti che hanno a che fare con Tito possano finire sulle prime pagine dei giornali croati. Qualche anno fa un sondaggio su una rivista ha definito Tito ‘il più grande politico croato’. Se negli anni Novanta tutto ciò che era ‘jugoslavo’ era visto come ‘meno Croato’, la figura di Tito non è mai stata completamente rigettata. Nonostante certe cerchie ultra-nazionaliste amino ancora dipingerlo esclusivamente come un assassino, nota Jakovina, via via che il paese si normalizza politicamente anche la figura di Tito viene rappresentata in modo più realistico ed equilibrato.

Senza omettere i lati oscuri del sistema, in particolar modo la rigidità ed i crimini commessi durante il periodo ‘stalinista’ prima della rottura con l’URSS nel 1948, ne vengono sottolineati al tempo stesso gli aspetti positivi e originali. Nonostante la mancanza di democrazia interna, la situazione era radicalmente differente dagli altri paesi dell’Est durante la Guerra Fredda. Non solo, ma in politica estera la Jugoslavia di Tito sosteneva fermamente l’uguaglianza tra paesi più o meno importanti, "garantendo lo stesso trattamento al presidente statunitense ed al presidente del Togo, tanto per fare un esempio".

Jakovina osserva come ancora non vi siano studi approfonditi sull’impatto politico ed economico del Movimento dei Non Allineati, sui concreti vantaggi economici che tali relazioni hanno apportato alla Jugoslavia e sul peso di tali relazioni in arene quali le Nazioni Unite: "Tra cent’anni sarà interessante studiare come un paese cosi piccolo potesse avere un ruolo cosi importante sulla scena internazionale, anche se povero e incapace di competere con altri paesi industrializzati". Relativamente ad Eurokaz ed alla figura di Tito nel contesto croato – conclude Jakovina – non tutto è più ‘bianco o nero’: "Se non altro se ne può parlare, magari discutendo animatamente come durante la tavola rotonda, cosa che non avveniva qualche anno fa".
Il caso del Međunarodnom studentskom klubu prijateljstva:rappresentazione artistica e memoria

Sempre in tema di politica estera della Jugoslavia socialista, uno degli spettacoli più interessanti nel quadro di Eurokaz è Zeleno, Zeleno, scritto e messo in scena da un collettivo di performers, ed in particolare da Damir Bartol Indoš, regista della scena teatrale alternativa di Zagabria.

Costruito come un montaggio, lo spettacolo combina musica corale, materiali dell’archivio di Želiko ‘Žan’ Brezić (un militante dell’estrema sinistra negli anni Settanta), documenti ufficiali sulla costruzione di un Centro di retenzione per stranieri, e interviste sul Medunarodnom studentskom klubu prijateljstva, il Club dell’amicizia degli studenti internazionali nel quadro del Movimento Non Allineato. Zlatko Burić, co-autore e performer in Zeleno, Zeleno, mette l’accento sulla difficoltà di rappresentare a livello artistico processi storici che richiedono un lavoro sulla memoria, e storie personali quali degli studenti stranieri venuti a studiare in Jugoslavia.

"Abbiamo voluto pensare al momento in cui Zagabria – la Yugoslavia – era un luogo desiderato dal punto di vista internazionale, a causa delle politiche di Tito. In quel tempo Zagreb era una città divertente, c’erano davvero molte persone di colore e del Terzo Mondo che venivano per studiare…avevamo amici arabi, del Sudamerica. Molti di loro lavoravano e non era inusuale avere un medico od un dentista straniero. Ora invece la Croazia è un paese sorprendentemente bianco…ideologicamente, ma anche fisicamente è uno dei paesi più monolitici, dei più nazionalmente omogenei in Europa."

All’inizio degli anni Novanta, con la dissoluzione del paese, gli studenti internazionali rimasti sono stati costretti a partire, perdendo anni di studio, ed il Club dell’Amicizia è stato messo fuorilegge, incendiato e trasformato in un club nazionalista croato. Zeleno, Zeleno è stato messo in scena proprio nel luogo in cui si trovava il Club, non lontano da Trg Maršala Tita. Il parallelo tra le reti di accoglienza per studenti stranieri degli anni Settanta e Ottanta, e gli attuali centri di detenzione per stranieri in Croazia, vuole essere un tentativo di riflessione sui luoghi e la memoria.

"Ci vuole un nodo, bisogna fermare la memoria in qualche punto e fare una sorta di meditazione…i movimenti nazionalisti vogliono invece ‘ripulire’ la memoria". Riguardo alle forme che tale meditazione può assumere, Zlatko Burić ha una posizione critica nei confronti di progetti quali il Lessico di Mitologia Yugoslava lanciato da Dubravka Ugresic (vedi: http://www.leksikon-yu-mitologije.net/ ). Alla banalizzazione nostalgica che rischia di trasformarsi in estetismo, come durante Eurokaz, Zlatko Burić preferisce una sorta di tristezza, o meglio "sažaljenje", compassione ed empatia verso storie e memorie quali quelle che hanno ispirato Zeleno, Zeleno. Non ci si può accontentare della nostalgia per simboli apparentemente sovversivi, conclude Burić , altrimenti "è come cattiva musica pop, a forza di ascoltarla scompare…"

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