Ivan Meštrović, il Michelangelo croato
A Praga fino al 26 febbraio è possibile vedere una mostra dedicata al famoso scultore croato Ivan Meštrović. Frutto di una collaborazione culturale tra Repubblica Ceca e Croazia, gli organizzatori hanno voluto offrire uno sguardo sui legami dell’arte e della cultura dell’ex Jugoslavia con l’Europa centrale
Alla fine di novembre 2022 nella Galleria della città di Praga è stata inaugurata la mostra “Ivan Meštrović, scultore e cittadino del mondo” che comprende 166 opere di uno dei più importanti scultori internazionali del ‘900, nonché alcuni materiali che parlano dei legami tra Meštrović e i suoi contemporanei. La mostra, curata da Sandra Baborovská e Barbara Vujanović (1), è frutto di una collaborazione culturale tra Repubblica Ceca e Croazia e di alcune ricerche sulla rilevanza dell’opera di Meštrović nel contesto della scultura mitteleuropea del primo Novecento e dei suoi rapporti con vari artisti europei.
Annunciando questo importante evento culturale, gli organizzatori hanno sottolineato due obiettivi del progetto: rinnovare l’interesse per la scultura e offrire uno sguardo ai legami dell’arte e della cultura dell’ex Jugoslavia con l’Europa centrale. In questo contesto la produzione scultorea di Ivan Meštrović funge da esempio di una prassi artistica del tutto peculiare, plasmata dalle esigenze sociali, verso le quali Meštrović non era mai rimasto indifferente, ma anche dall’atmosfera delle metropoli culturali in cui si era formato come artista, senza mai dimenticare chi era e da dove veniva. La mostra fornisce uno sguardo sui centri artistici di ieri e di oggi, sulle pulsioni e ragioni estetiche passate e attuali. È stata concepita come una mappa dell’Europa in cui Meštrović si muoveva, creando ed esponendo le proprie opere (Praga, Vienna, Parigi, Cannes, Londra, Ginevra, Berna, Roma, Venezia, Zagabria, Belgrado, Spalato, Cavtat, Dubrovnik, Knin, Bucarest, Cracovia, Varsavia), senza però trascurare l’esperienza statunitense del grande scultore (New York, Buffalo, Detroit, Rochester, Chicago, Saint Louis, Boston, Cleveland).
Gli organizzatori hanno inoltre spiegato che con questa mostra non hanno cercato solo di seguire i criteri di qualità artistica delle opere esposte, ma anche di accostarsi alle questioni pratiche riguardanti le modalità di funzionamento della scena artistica. A partire degli anni Ottanta del XIX secolo, la città di Praga si sviluppò in un centro sempre più attraente per gli artisti di tutto il mondo, grazie alle frequenti commissioni pubbliche delle opere scultoree, ma anche per via di un peculiare milieu culturale al quale lo scultore francese August Rodin contribuì in modo decisivo. A cavallo tra il XIX e il XX secolo, nei paesi mitteleuropei emerse una generazione di scultori influenzata in particolar modo dall’arte di Rodin.
Delle 166 opere esposte alla mostra di Praga 43 provengono dalle collezioni croate (nello specifico dai Musei di Ivan Meštrović a Spalato e a Zagabria, nonché dalla Glittoteca dell’Accademia croata delle scienze e delle arti), diciotto da alcuni musei cechi e sette dal Museo nazionale di Belgrado.
“In questa mostra abbiamo presentato anche sei opere di Rodin, mettendole a confronto con quelle di Meštrović. Ivan Meštrović si era ispirato a Rodin, e quest’ultimo lo stimava molto”, ha spiegato Sandra Baborovská, una delle due curatrici della mostra.
“Si tratta di una presentazione molto complessa dell’opera di Meštrović che conferma la sua autorevolezza a livello internazionale. Questa mostra non è importante solo per la Repubblica Ceca, bensì per tutto il mondo”, ha sottolineato Magdalena Jurikova, direttrice della Galleria della città di Praga.
In occasione dell’inaugurazione della mostra, Martin Baxa, ministro della Cultura ceco, ha definito Meštrović un artista molto importante. “Ad esempio il busto di Masaryk eseguito da Meštrović è un capolavoro, noto a tutti i cittadini cechi. Meštrović possedeva quelle caratteristiche che accomunano tutti i popoli slavi e sono contento che i cittadini cechi abbiano l’occasione di conoscere la sua opera”, ha dichiarato Baxa.
Parlando dell’importanza della città di Praga per la produzione artistica di Meštrović, Barbara Vujanović, l’altra curatrice della mostra, ha ripercorso brevemente alcuni momenti fondamentali della vita dell’artista. “Tra il 1900 e il 1940 Meštrović si recava a Praga solo occasionalmente, senza mai rimanervi a lungo. Tuttavia, nel 1904 stava pensando di trasferirsi a Praga per proseguire gli studi, informandosi sulle condizioni nell’atelier del pittore Vlaho Bukovac, all’epoca professore presso l’Accademia di Belle Arti di Praga, e di un suo studente, Mirko Rački. Alla fine si diplomò presso l’Accademia di Vienna, dove nel 1904 aveva iniziato a studiare anche architettura. All’inizio del 1908 – quindi prima del suo soggiorno parigino, durato due anni – Meštrović si recò nuovamente a Praga, dove incontrò Bukovac. Durante il tempo trascorso insieme i due artisti eseguirono ritratti l’uno dell’altro – un dipinto e una statua che abbiamo incluso nella mostra. Meštrović era legato alla città di Praga anche dai rapporti familiari: due sorelle della sua prima moglie, Ruža Klein, sposarono due uomini di nazionalità ceca. Il marito di Regina Klein era Viktor Kopecky. La famiglia Kopecky viveva a Praga e Meštrović approfittò del suo soggiorno nella città nel 1923, durante il quale eseguì il busto di Masaryk, per trascorrere del tempo con la nipote prediletta, Maria, con la quale amava anche visitare le mostre in giro per la città. Oggi nella Galleria di Praga è esposto anche un ritratto della piccola Maria, poi diventata una cantante lirica”.
Anche su Wikipedia potete trovare molte informazioni su Meštrović (in inglese, italiano, croato e serbo), sulle sue umili origini (anche Rodin proveniva da una famiglia umile), la nascita a Vrpolje in Slavonia, l’infanzia trascorsa a Otavice (nei pressi di Sebenico, dove si trova anche il mausoleo di Meštrović), il sostegno ricevuto dal suo primo insegnante, Harold Bilinić, scalpellino di Spalato, che riconobbe il talento di Meštrović, assumendolo come apprendista, per poi, insieme al proprietario di una miniera, sostenere economicamente il giovane artista durante i suoi studi a Vienna, studi che Meštrović, nonostante tantissime difficoltà, riuscì a completare. Naturalmente, vi troverete anche molte informazioni sul lungo e proficuo percorso artistico di Meštrović e sui suoi viaggi di studio. Potrete leggere anche le opinioni di alcuni importanti storici dell’arte: tutti concordano sul fatto che Meštrović abbia trovato il suo linguaggio artistico nell’intreccio della secessione con il naturalismo di Rodin, senza mai dimenticare l’importanza della monumentalità delle forme e dei contenuti (Il ciclo del Kosovo), riuscendo però anche ad andare oltre l’epico, cercando di esprimere gli stati d’animo partendo dai motivi religiosi. Anche la sua vocazione per l’architettura è sempre rimasta viva, come dimostrano diversi monumenti in Serbia e in Croazia.
Scoprirete anche che Meštrović coltivava le idee dei grandi scultori del passato, in primis Fidia e Michelangelo (a quest’ultimo dedicò anche un libro), ai quali è stato spesso paragonato, paragoni del tutto giustificati. Meštrović non era un bohemièn, bensì un artista molto laborioso. Ebbe una vita turbolenta dal punto di vista affettivo (fu un attento osservatore del mondo femminile), ma anche sociale e politico: dall’entusiasmo giovanile per il panslavismo e lo jugoslavismo fino all’entusiasmo, sorto dopo la Seconda guerra mondiale, per l’identità nazionale croata, il cattolicesimo e l’anticomunismo. Scoprirete che Meštrović rifiutò l’invito di Hitler a recarsi a Berlino, finendo poi in una prigione ustascia dalla quale, per fortuna, riuscì a fuggire. Grazie all’aiuto del Vaticano, si rifugiò prima a Roma, e poi in Svizzera. Nel 1946 emigrò in America, rifiutando l’invito di Tito a ritornare in Jugoslavia. Durante la guerra perse la prima moglie, Ruža Klein, vittima dell’Olocausto, poi nel 1949 in Canada morì sua figlia, Marta, e nel 1961 suo figlio, Tvrtko, che era rimasto in Croazia. Queste tragedie tormentarono Meštrović fino alla fine dei suoi giorni. Morì nel 1962 a South Bend (Indiana). Nel 1952 donò tutte le sue opere alla Croazia, così nacquero i musei che oggi portano il suo nome (a Zagabria, Spalato e Otavice).
Con questo articolo commemorativo ho voluto rendere omaggio alla bellezza e alla grandezza dell’opera di Meštrović. Concludo ricordando come ha guadagnato l’epiteto di “grande artista”. Il Padiglione della Serbia a Roma (1911), in cui fu esposto “Il ciclo del Kosovo” di Meštrović, fu percepito dalla stampa italiana e mondiale come “un miracolo” e lo scultore fu definito “il nuovo Michelangelo” e “l’Omero della pietra”. In occasione della mostra, Maksim Gor’kij scrisse: “Meštrović, insieme a Tolstoj, è il più grande genio partorito dal mondo slavo”. Un critico che scriveva per Il Messaggero accompagnò una fotografia della statua equestre di Kraljević Marko, un capolavoro di Meštrović, con le seguenti parole: “Un’arte nuova, elementare e magnifica… emerge dopo un inaspettato suono della tromba… e ci rendiamo conto che non deve essere rigenerata la tecnica, bensì l’essenza dell’arte, altrimenti il declino della nostra civiltà sarà inevitabile”.
Un’ultima considerazione: solo pochi media serbi hanno riportato la notizia riguardante la mostra dedicata a Meštrović a Praga e la collaborazione del Museo nazionale di Belgrado con le istituzioni culturali ceche. Tre anni fa, i media croati non hanno dato alcuno spazio alla notizia di una mostra delle sculture di Meštrović organizzata a Belgrado.
Per concludere, propongo ai lettori pazienti alcune riflessioni di Meštrović
La mia opera tarda ovviamente deriva da quella giovanile… È un tentativo di esprimere la filogenesi dell’anima del nostro popolo, un’anima che, nella sua essenza, è universale e umana… Subito dopo le guerre balcaniche, e ancor di più dopo la Prima guerra mondiale mi resi conto che gli ideali di un singolo stato erano troppo angusti… Seguendo il filo di queste idee e sensazioni mi accostai alla Bibbia. La percezione della sofferenza universale dell’umanità divenne più forte della percezione della sofferenza di un popolo. Il bisogno di sconfiggere un male concreto, il nostro male, si ampliò trasformandosi in bisogno di sconfiggere il male universale, qualunque cosa fosse e ovunque si trovasse… Il modo migliore per combattere il male è pregare Dio; combattere per la bellezza significa esaltare Lui.
La mia arte si esprime in legno duro e in pietra, ma l’arte non sta nel legno né tanto meno nella pietra, bensì al di fuori del tempo e dello spazio. L’arte è canto e preghiera allo stesso tempo.
Credo che il sole continuerà a sorgere e a riscaldare la terra. Credo che le donne continueranno a partorire figli e i campi a produrre frutti. Credo che l’amore e le mani indurite dal lavoro continueranno sempre a costruire, senza mai distruggere. Solo i dissennati e i parassiti distruggono. Credo che le persone maligne non ostacoleranno quelle benevole. Non credo che la scienza distruggerà l’umanità, ma nemmeno la porterà alla salvezza. Non credo che il progresso sia il principale motore del mondo, né tanto meno credo che i mercati finanziari, le banche e i confini possano portare unità, ricchezza e giustizia.
La sincerità verso se stessi e verso gli altri è l’assioma di ogni arte autentica e di ogni atto creativo, un assioma che si realizza solo attraverso la più perfetta delle espressioni. Nell’espressione figurativa, è nei grandi maestri, come Michelangelo, che occorre cercare un modello e uno stimolo sia sul piano degli ideali sia per quanto riguarda la perfezione dell’espressione figurativa. Questo non significa che dobbiamo cercare di raggiungere i nostri obiettivi seguendo le orme di Michelangelo ed esprimendoci con le sue forme, significa che dobbiamo seguire quella strada che ci viene indicata dal nostro io più intimo, esprimendoci con le forme che corrispondono alla nostra visione concettuale. È un percorso che richiede sincerità. Ogni idea veramente genuina e forte troverà un suo modo di esprimersi. La peculiarità di Michelangelo ci dice che dobbiamo essere e rimanere fedeli a noi stessi. Ce lo dice la sua opera, anche lui stesso lo ribadisce con le seguenti parole: “Chi segue le orme altrui, non può mai arrivare per primo”. Quindi, imitare Michelangelo significa non comprenderlo. Michelangelo è uno solo.
Anziché essere la peggiore di tutti i tempi, l’arte del nostro secolo, come ogni altro fenomeno, soffre di più rispetto alle epoche passate, perché ambisce e si illude di essere ciò che non è. Ad esempio, nel nostro secolo, come in nessun’altra epoca passata, sono stati versati così tanti fiumi di inchiostro sull’individualità e l’originalità, eppure quasi mai c’è stata così poca individualità e originalità.
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(1) Nove anni fa Barbara Vujović ha iniziato a fare ricerche sui legami tra Meštrović e alcuni uomini politici e artisti cechi, nonché sulla figura del grande scultore nel contesto artistico di Praga. Nel 2018 i musei dedicati a Meštrović hanno pubblicato il libro "Ivan Meštrović e i cechi: esempi della reciprocità culturale e politica croato-ceca" che raccoglie i risultati delle ricerche di cui sopra, nonché alcuni testi di Dalibor Prančević, Marijan Lipovac e Jiri Kudel. Ad un certo punto Barbara Vujović ha proposto una collaborazione alla sua collega Sandra Baborovska della Galleria di Praga, che si è dimostrata molto interessata alla figura di Meštrović. Alla realizzazione del progetto, durato quattro anni, hanno partecipato i musei dedicati a Meštrović, la direttrice Sandra Grčić Budimir, Ivana Biuk, Tanja Budimir Bekan, Darko Trempetić, nonché i loro colleghi della Galleria di Praga. Il progetto è culminato con la grande mostra, accompagnata da un voluminoso catalogo, contenente i contributi dei due studiosi croati di Meštrović, Irena Kraševac e Dalobor Prančević, i testi delle due curatrici della mostra, nonché quelli di Marijan Lipovac, Ondrej Vojtechovski, Petar Wittlich, Aude Chevalier, Hana Larvova e Alena Pomajzlova.