Fiumi dei Balcani: la Kupa e il filo spinato
Seconda puntata del nostro reportage lungo la Kupa. Lo shock del confine nel 1991, lo shock del filo spinato nel 2015. Eppure c’è chi non si rassegna
(Vai alla prima puntata del reportage dedicato alla Kupa)
Brod na Kupi è un paesino di 150 abitanti sul lato meridionale della Kupa, a ridosso del confine con la Slovenia. Il ponte che attraversa il fiume dà praticamente sulla piazza principale, dove si erge il castelletto costruito dai Francopani nel XV secolo (ed ereditato poi dagli Zrinski, da cui il nome odierno di Kaštel Zrinskih). Nel 1991, su questo piccolo ponte che porta a Petrina in Slovenia, è spuntato un valico di frontiera. Niente di impressionante, un paio di sbarre e alcuni prefabbricati per gli agenti, ma tanto basta per trasformare il vecchio ponte sulla Kupa in qualcosa di serio e sinistro.
"Per la gente di qui è stato uno choc quando è nato il confine", ricorda Nataša Letig Žagar, originaria di Kostel, una località a 4 km da Brod na Kupi, sul lato sloveno. "Tutte le famiglie sono miste. La Kupa divide solamente quando è in piena, altrimenti la vita si svolge da secoli tra una riva e l’altra", prosegue Letig Žagar, seduta in uno dei caffè di Brod na Kupi. In questa regione montuosa e poco abitata, il fiume scorre rapido e selvaggio, ingrossandosi spesso d’inverno, mentre la fauna si spinge fino ai centri abitati e può capitare persino di incrociare un lupo.
"Io vivo con la mia famiglia in un paesino con sole tre case, siamo in otto in tutto", racconta Nataša Letig Žagar divertita. Lei e il marito lavorano in un’impresa chimica a circa 40 minuti di macchina, mentre una figlia è all’università a Lubiana e torna solo per i fine settimana. "Si trova molto bene nella capitale e la casa dello studente in cui si trova se non chiudesse per il weekend, dubito tornerebbe a trovarci", prosegue la donna, che aggiunge "forse un giorno i miei figli ci chiederanno perché siamo rimasti a vivere qui, ma sinceramente chi se ne frega!" e scoppia in una risata.
A parte la mancanza di medici e negozi, vivere lungo questo tratto della Kupa è "magnifico", spiegano. D’inverno la bruma si arrampica sui colli, creando un’atmosfera sospesa e ovattata. D’estate, il fiume accoglie gli appassionati di kayak e bicicletta, e chi è alla ricerca di un clima più fresco rispetto alla costa. "Il turismo si sta sviluppando bene, ma piano. L’alta stagione dura appena due mesi e chi affitta le canoe lo fa solo come attività secondaria", prosegue Letig Žagar, che nel suo comune presiede un’associazione di promozione culturale e del territorio.
Filo spinato lungo il fiume
Se il primo choc, in questo tratto della Kupa, è avvenuto nel 1991, quando "è nato il confine" tra Croazia e Slovenia, il secondo è arrivato nel 2015, quando il governo conservatore di Miro Cerar ha deciso di installare una barriera lungo la frontiera meridionale slovena. "La destra ha cominciato a far paura alla gente, a parlare di islamisti e l’esecutivo ha finito per rispondere a quelle paure costruendo il muro. Fascismo puro per quanto mi riguarda", ricorda Nataša Letig Žagar, secondo cui l’intera operazione ha rappresentato un "danno al turismo, all’ambiente e agli animali" su oltre 50 chilometri di confine.
Inizialmente il governo sloveno ha disposto due rotoli di filo spinato direttamente sul terreno. Il risultato è stato che gli animali abituati ad attraversare il fiume rimanevano intrappolati in continuazione. Poi, è stata costruita un’alta recinzione con in cima il filo spinato. Delle porte, previste ogni tanto lungo il muro, erano lasciate aperte durante la notte per gli animali. "Una serie di assurdità senza fine, come il fatto che in alcuni tratti della Kupa non si è costruito niente, forse per mancanza di fondi", commenta Letig Žagar, che nel 2016 ha contribuito alla raccolta firme contro il muro, arrivata a 5mila sottoscrizioni.
La recinzione voluta da Cerar, che oggi il governo di Golob ha cominciato a smantellare, non ha fermato i rifugiati diretti in Europa, ma a volte lo ha fatto, purtroppo, la Kupa. "Mi ricordo di almeno tre migranti morti nella nostra area. Il fiume trascina i corpi a valle e spetta al comune che li trova seppellirli. Non so nemmeno se vengono identificati in qualche modo e se vengono avvertite le loro famiglie. La Kupa sa essere pericolosa d’inverno", avverte Letig Žagar, che sbotta "figurarsi se una persona che ha attraversato a piedi i Balcani e a nuoto la Kupa, si ferma poi davanti ad una recinzione. Tutta propaganda!".
Davorin Klobučar, detto Dado, è per certi versi il corrispettivo croato di Nataša Letig Žagar. Anche lui impegnato in un’associazione locale, si è battuto contro il muro e aspetta che la Croazia entri in Schengen per veder sparire il confine. Entrambi hanno partecipato al bel documentario «Žica» di Tiha K. Gudac sul filo spinato sloveno. A differenza di Letig Žagar, però, Klobučar parla come un fiume in piena. Originario di Brod na Kupi, ha vissuto a lungo a Fiume, dove ha iniziato la sua carriera da cestista (giocava in serie A ai tempi della Jugoslavia), ed è tornato a vivere lungo la Kupa nei primi anni Duemila.
Vera e propria fucina di idee, Davorin Klobučar è all’origine di molte iniziative che animano la vita di questi luoghi. Ad inizio agosto c’è la competizione di nuoto contro corrente. La si fa da 18 anni in un fiume che ridiventa in quell’occasione non confine ma risorsa e spazio comune tra le due sponde. C’è poi la mezza maratona, che si correva inizialmente tra un paese e l’altro, mentre da qualche anno si svolge unicamente su territorio croato ("ci facevano troppe storie per attraversare il confine", riassume Klobučar). Ma con la Croazia in Schengen, si potrà tornare all’idea originaria.
Si fanno poi tante azioni ecologiche per mantenere la Kupa pulita, o ancora corsi di canottaggio e rafting, le giornate della mela e le spedizioni scientifiche. "Abbiamo tanti progetti in cantiere", assicura Davorin Klobučar, seduto nell’ufficio dell’associazione a due passi dalla piazzetta e dal ponte con il valico di frontiera, "ad esempio vorremmo ristrutturare i vecchi ponti in legno e corde che in passato venivano usati per attraversare la Kupa a piedi. Da quando c’è il confine è vietato usarli e stanno cadendo a pezzi", lamenta il giocatore di pallacanestro in pensione.
"In futuro l’industria del legno – l’ultima rimasta a Brod na Kupi – non ci sarà più, così come sono già sparite altre realtà economiche. Dobbiamo sviluppare il turismo sportivo, naturale e culturale. Più a valle, sul lato sloveno, lo si è già fatto, qui invece avevamo un piccolo campeggio fino agli anni Settanta e poi è stato chiuso", prosegue Davorin Klobučar, che spera nei fondi europei e nel rinnovato interesse dei visitatori per i fiumi della regione e per la natura per ridare slancio ad un’area altrimenti assopita, soprattutto nei mesi invernali.
Il parco nella Bela Krajina
Qualche chilometro più a est, la Kupa si allarga e rallenta, scorrendo a fianco di una recinzione con filo spinato spesso piegata dall’acqua o quasi completamente sradicata. Il “muro” attraversa aree da gioco e parcheggi di ristoranti e campeggi, e spesso chiude completamente l’accesso al fiume a chi affitta canoe o scende a pescare. Attraversiamo in auto Stari trg ob Kolpi e proseguiamo lungo la Kupa entrando formalmente nel Parco paesaggistico della Kolpa (Krajinski park Kolpa), un parco stretto e lungo che accompagna il fiume da Stari trg fino ad Adlešiči e oltre.
Istituito nel 1998 dal comune di Črnomelj, il parco è diventato nazionale nel 2006 e oggi impiega quattro persone su un totale di circa 4.400 ettari da salvaguardare. Uno di questi impiegati è Boris Grabrijan, che incontriamo a Šokčev dvor, una casa tradizionale del XVI secolo adibita a museo nel paesino di Žuniči. "Qui c’era la prima frontiera militare tra l’Impero asburgico e l’Impero ottomano, poi il confine si è spostato più a sud, quando il capitanato è passato da Črnomelj a Karlovac [costruita dagli Asburgo nel 1581, nda.]", spiega Boris Grabrijan, mentre ci guida tra le stanze dell’abitazione e la vecchia stalla.
"La Bela Krajina è una delle regioni più miste della Slovenia. Questo paesino, Žuniči, è di origine croata. Ci sono villaggi serbi, montenegrini, cattolici greci… E il mio cognome, ad esempio, è armeno", prosegue Boris Grabrijan, scendendo nell’atrio interno della casa in legno scuro. Oggi, al Šokčev dvor c’è una piccola mostra etnologica, un negozio dove comprare prodotti artigianali dell’area, un punto informativo per i turisti e una quindicina di biciclette elettriche da noleggiare per partire alla scoperta dei dintorni.
I dipendenti del parco hanno anche due trattori con cui tagliano l’erba e aiutano gratuitamente chi coltiva un campo all’interno dell’area protetta. Si occupano anche di pulire i pozzi per la raccolta dell’acqua piovana ed eliminano le specie invasive dal fiume e dai laghetti di Prilozje non lontano da Metlika ("la gente vi abbandona le tartarughe domestiche"). "È un peccato che dal lato croato non si sia trovata una collaborazione a livello nazionale per creare un simile parco. La nostra protezione arriva fino a metà della Kupa e naturalmente questo non ha molto senso", afferma Grabrijan sconsolato.
La differenza tra le due sponde della riva, in questo tratto della Kupa, si fa in effetti più marcata. Sul lato sloveno, nell’arco di 15 km, si trovano dieci campeggi e glamping, attivi da maggio a settembre secondo le regole del parco (d’inverno invece tutti i bungalow e container devono essere rimossi). Sul lato croato, invece, non è raro vedere delle case abbandonate. "La Slovenia ha fatto molto per incentivare gli abitanti a rimanere da queste parti", commenta Boris Grabrijan, "sul lato croato, dieci anni fa non c’era nulla, mentre da tre anni a questa parte sta nascendo una piccola offerta turistica legata al fiume".
Anche qui, l’ingresso della Croazia nell’area Schengen fa ben sperare le autorità del Parco della Kolpa. Si fanno già dei progetti comuni con le realtà croate, come ad esempio Curs Colapis (dal nome latino del fiume), un progetto Interreg – finanziato anche dalla politica di coesione dell’Ue – che tra il 2009 e il 2012 ha portato alla costruzione di 40 punti di accesso all’acqua, dieci aree di balneazione e una proposta di normativa comune sull’utilizzo turistico del fiume. Con la scomparsa del confine Schengen, le possibilità di attività congiunte cresceranno esponenzialmente.
"C’è ad esempio la colonia di aironi che vive nella foresta di querce lungo il fiume. È una delle attrazioni maggiori del parco, ma si può ammirare meglio dalla riva croata", ammette Boris Grabrijan, che già immagina le escursioni congiunte dall’altro lato della frontiera.
(Vai alla terza puntata del reportage dedicato alla Kupa)